Quali sono i segreti per attirare la buona sorte? Ce lo racconta Enzo De Caro in “Non è vero ma ci credo“, al teatro Parioli fino al 10 aprile 2022, trasportandoci in una Napoli degli anni ’80 dove le sorti di una grande azienda sono altalenanti, tra uno scongiuro e l’altro.
Se c’è un popolo esperto delle regole da seguire rigorosamente per assicurarsi la protezione dalla sfortuna, è quello napoletano. La cultura partenopea – che ha tra i suoi capisaldi il non dire (quasi) mai “non lo so” e trovare sempre una spiegazione ai misteri della vita – custodisce una tradizione ricchissima di “soluzioni” all’insicurezza, ai guai e alla povertà. Che sia la fede in Dio, nella Dea bendata o persino in Maradona, l’importante è credere.
In questa pregevolissima rielaborazione di una delle prime opere di Peppino De Filippo, il regista Leo Muscato affida a un ispirato Enzo De Caro il compito di interpretare il direttore Gervasio Savastano. Ossessionato dai riti scaramantici e dall’improbabile interpretazione di segni che preannunciano eventi nefasti, conduce la sua azienda rispettando un vero e proprio manuale antisfortuna. I poveri dipendenti non possono far altro che assecondare le assurde credenze del capo, finanche quando decide di licenziare un impiegato ritenendo che lo stesso sia portatore di sciagure.
Le convinzioni di Gervasio giungono a influenzare anche la vita privata, causando conflitti con la figlia e la moglie: la fortuna, però, ha in serbo per questa famiglia un vero e proprio colpo gobbo, che travolgerà le loro vite. La performance della rodatissima compagnia di Luigi de Filippo è da manuale: i personaggi, tutti molto caratterizzati, sembrano strizzare l’occhio alla commedia dell’arte, ma con un fare un po’ più moderno, e fanno da superba cornice al protagonista. L’arduo compito di confrontarsi con l’eredità artistica dei De Filippo, per di più in una trasposizione temporale, riesce brillantemente, sia sul piano della pulita ed efficace regia che nella nuova interpretazione del protagonista.
La pièce si sviluppa infatti in un unico godibilissimo atto di 90 minuti dalla narrazione scorrevole e senza intoppi, che lascia il desiderio di seguire i personaggi anche oltre la fine della commedia. I tempi in scena sono perfetti, alternando ritmi incalzanti a momenti più riflessivi. Scenografici e d’effetto i cambi dei quadri, che avvengono con l’utilizzo di un fondale luminoso che mette in risalto le silhouette degli attori. Anche l’ottima scelta musicale anni ‘80 contribuisce ad un piacevole viaggio nel tempo.
La gioia di essere tornati a teatro, insomma, qui si arricchisce con il piacere della visione di un lavoro così ben riuscito. Del resto, il regista mette a frutto l’esperienza fatta in gioventù proprio nella compagnia di Luigi De Filippo: lo spettacolo realizzato con De Caro e l’abile compagnia risulta un degno omaggio alla memoria dell’ex direttore artistico. A rendere ancora più speciali i saluti dopo la prima romana al Parioli ci hanno pensato le parole di ringraziamento di Laura Tibaldi, sua compagna di vita, ed un emozionante tributo video.
Una curiosità: questa serata cadeva esattamente nel quarto anniversario della scomparsa di Luigi. Un caso? Chissà… ma ricordate quello che diceva Eduardo: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”.