Da Palazzo Braschi al Museo Napoleonico l’eleganza e il magnetismo della cultura nipponica conquistano la Città Eterna. In contemporanea infatti con la mostra Ukiyoe. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone in corso al Museo di Roma, a poche centinaia di metri di distanza viene presentata Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente, importante esposizione di opere provenienti sia dai depositi del Museo Napoleonico sia da prestiti della Fondazione Primoli. Il visitatore dal 15 marzo fino all’8 settembre può ammirare circa 70 tra stampe, dipinti, manoscritti, disegni, incisioni e porcellane. Ma soprattutto 14 straordinari kakemono.
Alcune delle opere in mostra al Museo Napoleonico, dal 15 marzo all’8 settembre,
in occasione di “Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente”
Due mostre unite dall’amore per la cultura orientale, e giapponese in particolare. Dal “Mondo fluttuante” di Palazzo Braschi ai Kakemono del vicino Museo Napoleonico. Roma diviene così una sorta di super Capitale ubiqua, tanto occidentale quanto orientale. Crocevia di storie e culture, la Città Eterna è abituata a svolgere il ruolo di ponte tra mondi diversi. Quindi luogo perfetto per narrare del Sol Levante e del suo fascino lontano ed esotico. Il 14 marzo è stata presentata in anteprima la mostra “Giuseppe Primoli e il fascino dell’Oriente”, aperta al pubblico dal 15 marzo fino all’8 settembre nel meraviglioso palazzo del XVI secolo che oggi è una delle perle dei Musei in Comune di Roma.
Sono circa 70 le opere esposte tra stampe, dipinti, manoscritti, disegni, incisioni, porcellane. Sicuramente però il gioiello più brillante è costituito dalla rara raccolta di 14 kakemono appartenuti a Giuseppe Primoli: strisce rettangolari di carta o tessuto di varie lunghezze da appendere in verticale. Opere “che esprimono con delicatezza tutta l’eleganza della cultura giapponese”, dice Elena Camilli, curatrice della mostra assieme a Laura Panarese e Marco Pupillo. “Venivano mostrate solo in occasioni speciali, come la cerimonia del tè. I manufatti sono stati inseriti in teche che rimandano alle antiche nicchie in cui venivano originariamente esposti, l’equivalente dei quadri nella tradizione culturale occidentale”.
Preziosi e fragili, i kakemono, dipinti ad acquerello e inchiostro con soggetti classici della pittura giapponese del genere fiori e uccelli, non possono rimanere fuori troppo a lungo. Per questo i visitatori devono cogliere quest’occasione, anche perché “molte delle opere non venivano esposte da quarant’anni. L’ultima volta era stata nel 1983″, sottolinea Marco Pupillo. Nove dei quattordici “rotoli appesi”, una delle traduzioni di kakemono, sono conservati abitualmente nei depositi del Museo Napoleonico, e sono stati di recente oggetto di restauro. Gli altri cinque, anch’essi restaurati di recente, provengono invece dalla Fondazione Primoli. Un’ulteriore caratteristica che rende ancor più straordinari questi manufatti consiste infine nelle firme, dediche e componimenti autografi che poeti, scrittori, personaggi di spicco della scena culturale italo-francese dell’epoca, hanno lasciato ai posteri.
Non è possibile dimenticare però un altro simbolo della mostra, ovvero il ventaglio di seta dal titolo La discesa delle oche selvatiche a Katata, dipinto da Giuseppe De Nittis a Parigi intorno al 1880 per la principessa Mathilde Bonaparte la quale, a sua volta, ne fece dono al nipote.