Almeno su una cosa sembrano essere d’accordo. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea concordano che la zona euro sarebbe fuori dalla recessione. Ripresa che però non è omogenea, soprattutto in quei Paesi dove c’è ancora un alto tasso di indebitamento, sia pubblico che privato. La causa di un’Europa a due velocità sarebbe il mancato completamento delle riforme strutturali e la fragilità del sistema finanziario. L’Italia, neanche a dirlo, si trova in pole position su questi due punti. Uno spettro però incombe su tutto il Vecchio Continente: la deflazione.
Convinto che sia una minaccia reale alla stabilità dei prezzi, il presidente della BCE Mario Draghi vorrebbe varare delle misure straordinarie per ridare ossigeno all’economia dell’Europa. Draghi si è detto infatti pronto ad avviare un quantitative easing da mille miliardi di euro. Si tratta di un’operazione con la quale le banche centrali creano moneta per acquistare ad esempio titoli di stato in mano ai privati. Un processo che solitamente viene messo in atto quando, come adesso, i tassi di interesse sono vicini allo zero e gli istituti centrali vogliono operare sul costo del denaro.
Con il quantitative easing, che verrà presumibilmente avviato poco prima dell’inizio dell’autunno, Draghi intende scongiurare il pericolo deflazione e contrastare quindi gli effetti negativi della ricetta tedesca contro la crisi. Una soluzione che, a detta di molti economisti, non è riuscita a tener conto delle differenze dei singoli paesi dell’eurozona. Altro strumento contro la deflazione è la forward guidance: la banca centrale tiene basso il tasso di interesse per un periodo prolungato, sperando di generare nel mercato un’aspettativa di inflazione futura. Proprio di recente la BCE, ha abbassato il suo tasso di interesse da 0,50 per cento a 0,25 per cento. La Bundesbank e il governo tedesco non vedono di buon occhio le misure non convenzionali che Draghi vorrebbe intraprendere, preoccupata come sempre da eventuali spirali inflazionistiche.
Ma cosa è la deflazione? Chi non è molto avvezzo ai temi economici potrebbe avere qualche difficoltà a comprenderla. Tutti ormai sanno cosa sia l’inflazione, ovvero la crescita dei prezzi al consumo, e in poche parole la deflazione è il suo contrario, cioè la diminuzione nel tempo del prezzo dei beni. Il valore reale del denaro quindi aumenta. Pur essendo uno scenario a cui qualsiasi consumatore vorrebbe assistere, può costituire un grosso problema per quei paesi con un debito altissimo, come l’Italia.
Uno stato di deflazione prolungato, infatti, porterebbe al calo, oltre che dei prezzi al consumo, anche al prezzo dei servizi e con il tempo anche degli stipendi. Di contro però gli interessi sui debiti rimarrebbero probabilmente a un valore stabile, rendendo man mano sempre più difficile pagare gli interessi sul mutuo o sul proprio debito pubblico. Altro effetto potrebbe essere la tendenza, da parte di privati ma anche aziende, di rinviare gli acquisti e gli investimenti produttivi in vista di un’ulteriore discesa dei prezzi. Un’eventualità che porterebbe a vanificare i timidi segnali di ripresa economica.
La Banca Centrale Europea si è detta pronta a intervenire con tutti gli strumenti necessari per evitare la spirale deflazionistica, ma sta tuttavia esitando prima di adoperarli. La paura, purtroppo giustificata considerato il recente passato, è che gli interventi per aiutare i Paesi in difficoltà finiscano per disincentivare le riforme necessarie.