E’ finita l’estate e abbiamo vissuto le social vacanze di molti facebookiani. Abbiamo visto le documentazioni della sindrome del turista, quella cioè dei vacanzieri nei paesi poveri, che si manifesta con l’ impulso di fare foto insieme ai vari asiatici, africani, sudamericani, preferiti i bambini che sappiano di svantaggiato, in modo da poter strappare un “carino” tra i commenti e dare più un senso di viaggiatore che di turista. Tale sindrome cessa al ritorno in Italia, e gli incontri per le strade cittadine con i bambini citati o ambulanti o lavavetri non muovono click di modernissimi smartphone, poiché da noi sono più poveri che da loro. Da noi diventano dei poveracci, vocumprà, degli sbarcati e a nessuno viene in mente di avvicinarsi per offrirgli un panino e ancor meno per fare una foto davanti alla stazione Termini.
Abbiamo visto il trionfo del selfie di gruppo, quelli scattati con aste lunghissime.
Abbiamo assaggiato i piatti di tutti i continenti attraverso i vari post delle vacanze, senza capire cosa fossero, ma un “buono” commentato sembra aiutare la digestione. Non sono state avare di immagini, le coppie dagli occhiali specchiati, davanti a mari azzurri e trasparenti, indistinte acque maldiviane come galluresi: foto che uniformano luoghi caratteristici, ma non risparmiano i vari “che bello” all’ oggetto e “a belli”, con varianti tipo “ammazza che belli” ai soggetti.
Abbiamo vissuto un’estate di secchiate d’acqua gelata, partite come bisogno di attenzione sulla nobile causa e diventate bisogno di attenzione dei futuri malati di polmonite da esibizionismo; abbiamo assistito allo sventolamento del quantum delle offerte e alle proteste di chi non gli andava bene (sicuramente tutti donatori assidui per la SLA, feriti dalla misera partecipazione del vip di turno) e forse ci subiremo ancora per un po’ il tormentone della nomina di qualcuno per qualsiasi causa pop . Abbiamo avuto l’assedio di inviti a giocare a candy crash, causa l’ aumento di tempo da dedicare ai social network, perché tornati a lavorare gira la leggenda che qualche ora si debba dedicare a quello per cui si viene pagati. Adesso questi post sembreranno cadere come foglie in autunno, per lasciare più spazio ai post di gattini, di bambini nostrani e ai commenti “che tenero” fino alla nausea.
L’estate è finita, buon cambio stagione!
Leonardo Masucci