di Beppe Di Maggio
Con Il ragazzo invisibile Gabriele Salvatores ha brillantemente concluso la sua tetralogia sul rapporto tra gli adolescenti ed il mondo che li circonda, iniziata del 2003 con Io non ho paura e poi proseguita con Come Dio comanda(‘08) e L’Educazione siberiana(‘13 ), a mio parere tra le sue opere migliori di quel cinema pedagogico di cui ragazzi ed adulti avrebbero bisogno. Il quid raggiunto dal regista in quest’ultimo film è di essere riuscito ad attingere dai blockbuster movies americani incentrati sulla figura dell’ adolescente eroe, ad esempio gli ultimi Spider man, senza cadere nella citazione fine a sé o peggio nell’imitazione. Michele, il tredicenne protagonista, è una specie di fratellino di Peter Parker: anch’ esso è vittima dei bulli, timido innamorato della compagna di classe Stella, ma incapace di entrare in relazione con il mondo degli adulti rappresentato dalla madre poliziotta e single o dallo psicologo, interpretati da Valeria Golino e Fabrizio Bentivoglio.
Michele scopre di avere il prodigioso potere di essere invisibile, prima suo malgrado poi grazie all’aiuto del vero padre in maniera consapevole riuscendo a vincere il suo isolamento diventando un eroe, proprio nel momento in cui sembrerebbe che questa nuova condizione lo condannasse a acuire la sua solitudine. Chiaramente Salvatores ha scelto il tema dell’invisibilità come metafora dell’ adolescenza, il periodo della vita in cui un po’ tutti avremmo voluto da una parte essere invisibili ma allo stesso tempo temendone le conseguenze, perché anticamera dell’anonimato nella vita adulta. Temi attuali ben sviluppati in questo film, il finale aperto fa immaginare un possibile sequel; discrete prove dei giovanissimi Ludovico Girardello e Noa Zatta, molto azzeccati nei ruoli di Michele e Stella.