di Adalgisa Marrocco
La Metro C era la novità che avrebbe dovuto accompagnare il Giubileo ma, ad ormai quindici anni di distanza dall’evento, ha finito per trasformarsi nella più grande promessa mancata delle infrastrutture capitoline.
LE PROMESSE – Si tratta della linea metropolitana che, in costruzione da otto anni, dovrebbe attraversare la città da nord-ovest alla periferia est, estendendosi oltre il GRA per circa 25,6 chilometri e contando trenta stazioni. Siccome tra il dire ed il fare c’è sempre di mezzo l’italico mare, non solo i lavori vantano uno spaventoso ritardo sulla tabella di marcia, ma da qualche settimana sul sito dedicato alla Metro C non vengono più riportate date certe sul futuro della linea, in particolare in merito all’apertura della tratta Centocelle-Lodi.
LE PROMESSE NON MANTENUTE – Dopo l’ultimo aggiornamento telematico che voleva l’ultimazione del percorso slittata (per l’ennesima volta) ad agosto 2015, nessuna nuova dal fronte sotterraneo. D’altronde, nonostante le stazioni della suddetta tratta sembrino quasi completate, non risultano ancora affidate ad ATAC per il pre-esercizio. Per chi non ne fosse a conoscenza, il pre-esercizio è una prassi che richiede svariati mesi, precedendo largamente il via libera per l’apertura all’utenza. Questo è solo uno dei tanti nei del caso Metro C.
L’IRRITAZIONE DEI CITTADINI – A denunciare la situazione giunge il comitato cittadino METROxROMA: «Questa metro C la vogliamo davvero, come pure la maggioranza dei romani. La vogliamo tutta la nostra metro C, fino a Roma nord, passando per la fondamentale tratta Colosseo-Venezia-Ottaviano che deve essere pronta per il 2024, soprattutto se la Capitale dovesse gestire le Olimpiadi a cui si appresta a candidarsi. Ma questi ritardi, compreso quello relativo alla Lodi-San Giovanni, devono avere fine. Chi ha l’onere di controllare, ovvero gli enti finanziatori, controlli davvero e applichi le penali, e se continua così il Comune si domandi se vale la pena affidare quest’opera agli attuali costruttori o, quanto meno, se andare avanti con questa formula contrattuale che lascia il coltello dalla parte del manico nelle loro mani.»
LA DISPERAZIONE DEI COMMERCIANTI – Il malcontento dei cittadini va a sommarsi a quello dei commercianti. Le zone i cui cantieri sono ancora a cielo aperto soffrono il disagio di una ridotta accessibilità alle attività commerciali. Per fare un esempio, solo nel Municipio V, svariati sono i bar che cercano acquirenti per le loro licenze. Molte altre attività fresche di ristrutturazione rimangono chiuse e pagano l’affitto, in attesa di aprire in concomitanza con la nuova linea metropolitana. Altre ancora abbassano la serranda per sempre.
Rimanendo nel Municipio V, eclatante è il caso di Via Teano: una zona storicamente contraddistinta dal fiorire delle attività commerciali che, a causa degli interminabili lavori del vasto cantiere metropolitano situato nei suoi pressi, ha visto morire decine di negozi. Nel luogo dove ora sorge il cantiere della terza linea sotterranea, era situato anche l’impianto sportivo del Savio, una delle società di calcio giovanile fra le più importanti della Capitale. Una volta trasferito l’impianto, anche il flusso di giovani e famiglie è cessato, mettendo in ginocchio molti commercianti. Infine, altro esempio tra i tanti, è Piazza Malatesta, i cui negozi hanno tirato a campare per anni con vetrine ed ingressi occultati dalle palizzate del cantiere.
In questo quadro desolante, la promessa di una futuribile valorizzazione immobiliare non può bastare, né a cittadini né a commercianti.