Detto questo – e non si tratta di un ossequio di maniera – speriamo che Lei, nostro primo cittadino, vorrà permettere a noi, ultimi dei cittadini, di rivolgerle alcune sommesse osservazioni.
Personalmente non abbiamo capito, dobbiamo dirlo, il silenzio che Lei ha osservato di fronte ai pesanti attacchi rivolti di recente ai nostri magistrati dalle gerarchie vaticane, cioè dai rappresentanti di uno Stato estero, che sono arrivati a chiamare “assassini” i giudici della Cassazione cercando di intimorirli e ricattarli moralmente per dissuaderli dall'emettere una sentenza che andasse contro i loro desideri. Silenzio, il Suo, che è continuato, assordante – dopo che la sentenza sgradita al Vaticano era stata emessa – di fronte all'atto con il quale il ministro del Welfare ha proibito ad una clinica di applicarla minacciando altrimenti di escluderla dalla convenzione con il Servizio sanitario. Un atto di vero e proprio bullismo politico, un vulnus – di stampo squadristico – di quel corretto rapporto tra i poteri dello Stato del quale Lei, anche come presidente del Consiglio superiore della magistratura, è, e dovrebbe essere, il supremo garante.
Ma non si contano le prevaricazioni alla sovranità del nostro Stato compiute quasi ogni giorno dai rappresentanti dello Stato vaticano ed avallate da una classe politica che per convinzione o, più spesso, per deteriori interessi di parte si inchina disciplinatamente ai loro diktat, come è accaduto anche poche settimane fa in occasione del progetto – in un contesto di tagli generalizzati alla scuola – di riduzione dei fondi alle scuole private, un'ipotesi di fronte alla quale i prelati avevano addirittura minacciato una specie di marcia su Roma delle loro truppe scolastiche.
Possibile che il legame che si sta saldando pericolosamente tra lo Stato confessionale assolutista, che purtroppo per millenarie vicende storiche ci ritroviamo in casa, e la forza politica che aspira a sua volta ad un potere quasi assoluto, come fanno chiaramente capire gli accenni al presidenzialismo fatti ormai scopertamente dal suo capo – personaggio abbastanza disinvolto, come si sa, da fare suo il motto “Parigi val bene una messa” se questo può consentirgli l'investitura di nuovo “Uomo della Provvidenza” e agevolare il suo disegno politico – possibile, dicevamo, che questa saldatura preoccupi solo quattro laicisti, come ormai sprezzantemente veniamo chiamati?
Certo, siamo solo agli inizi di quello che può diventare un nuovo squadrismo, ma non cominciò così – con qualche purga, qualche atto di bullismo politico – anche nel 1919?
Caro Presidente, non Le chiediamo di dichiarare guerra a nessuno, chiediamo solo – a Lei che non riceve la sua investitura dal potere religioso ma dalla nostra Costituzione – di trovare il modo di far capire – magari, se possibile, nel suo prossimo messaggio di fine anno – che non siamo (ancora, almeno per questa legislatura) un protettorato vaticano; che l'articolo 7 della nostra Costituzione non è ancora stato abrogato; in una parola, che siamo tuttora almeno teoricamente uno Stato sovrano, e che non è lecito ai rappresentanti di uno Stato estero prevaricare i nostri giudici e neppure ai governanti italiani di mettersi sotto i piedi i loro atti.
Così come ci piacerebbe – cambiando argomento – che Lei dicesse qualcosa nei confronti di un altro bullo della politica, il presidente francese Sarkozy, che dopo averci rifiutato con offensive motivazioni l'estradizione di un'ex terrorista amica della di lui moglie adesso si sta adoperando, in modo neppure tanto sotterraneo, per indurre il Brasile a negarci l'estradizione di un altro efferato assassino ex terrorista, amato dalle signore bene dell'intellighentia francese.
Pare, illustre Presidente, che tutti impunemente possano prendere a schiaffi la nostra sovranità. Che forse – affrontiamo la realtà – non esiste più se non nelle illusioni di chi crede che la vecchia Costituzione sia ancora in vigore. Ma se l'alternativa deve essere tra protettorato vaticano e colonia francese vorremmo che ci fosse permesso di scegliere: sarebbe possibile votare per la Spagna, un po' più laica e quindi statalista – anzi, statolatra? Oppure per l'Austria, che ci amministrerebbe sicuramente meglio di come siamo stati finora? O magari l'Italia potrebbe essere annessa alla Presidenza di turno dell'Unione europea?
Visto che non siamo più sovrani vorremmo poter decidere almeno, con un apposito referendum, da chi dobbiamo essere comandati. Tanto come italiani ci siamo avvezzi da secoli, fa parte del nostro Dna.
E per concludere ci auguriamo ci sia consentita una considerazione riguardante i costi del Quirinale. Il quotidiano Italia Oggi ha dato con grande risalto nei giorni scorsi (e non ci pare sia stato smentito, se lo è stato e ci fosse sfuggito ce ne scusiamo sin da ora) la notizia che “la Casta”, ossia il Senato, la Camera e la Presidenza della Repubblica costeranno nel 2009 ben 25,7 milioni in più. Il prossimo anno la Camera, da sola, peserà sulle casse dello Stato per quasi un miliardo. Mentre il Suo assegno sarà portato – sempre che le notizie siano vere – da 226.561 a 235.171 euro.
Intendiamoci, niente di scandaloso, forse anche meno della metà di quanto un abile magistrato del Tar, capo di gabinetto di un qualunque importante ministero, riesce tra annessi e connessi a portarsi a casa ogni anno. Ma ci sarebbe piaciuto immensamente poter leggere che in questo momento di crisi Lei aveva diminuito le sue indennità. Con questo gesto avrebbe dimostrato sensibilità per le ristrettezze drammatiche in cui versano molti italiani e dato un esempio che altri sarebbero stati costretti ad imitare. Avrebbe preso ancor più le distanze dalla vera casta, della quale Lei, per Sua e nostra fortuna, sicuramente non fa parte. La classe politica più numerosa, più pagata e forse più corrotta del mondo occidentale. Quella che imbroglia perfino quando vota le leggi in Parlamento – ci riferiamo ai cosiddetti pianisti – e pure se ne vanta, splendido esempio per i nostri giovani. Quella che gli italiani – e di questo c'è da essere molto tristi – hanno ormai imparato a disprezzare.
Con i più deferenti omaggi e i migliori auguri per un felice 2009.
Suo, Giancarlo Fornari
Roma, 28 dicembre 2008