ECCO GLI INTERVENTI POSSIBILI PER COMBATTERE DAVVERO L’EVASIONE FISCALE

(07/12/2011) Nelle anticipazioni circolate fino alla vigilia della presentazione del pacchetto di misure di emergenza decise dal Governo, la lotta contro l’evasione fiscale aveva rivestito un ruolo strategico. Da varie sponde – e anche da Nens – erano state indirizzate al governo indicazioni puntuali e circostanziate sulla batteria di strumenti utilizzabili per ottenere significativi risultati in termini di incremento della compliance e di conseguente recupero di gettito: è infatti su questo terreno assai più che sul recupero “ex post”, da accertamento, che il contrasto all’evasione di massa – diffusa in Italia in maniera capillare e di gran lunga maggiore di quanto non sia nel resto d’Europa – deve essere condotto allo scopo di ridurre davvero il fenomeno. La presentazione delle misure che il Governo intende varare, però, ha deluso le aspettative della vigilia perché quasi nessuno degli interventi che avrebbero potuto ribaltare l’inerzia – quando non la vera e propria tolleranza – del governo della destra, è stato preso in considerazione. Può essere utile, allora, tornare su questo tema per puntualizzare quello che potrebbe essere fatto per dare concretezza ad una strategia organica di contrasto reale all’evasione fiscale. All’elenco dettagliato che Nens segnala, tuttavia, vogliamo premettere l’esame più argomentato di due versanti sui quali l’intero impianto dell’azione di contrasto deve essere fondato: la reintroduzione degli elenchi clienti e fornitori (CLIFO) e l’adozione di un criterio efficace di tracciabilità, che non può limitarsi alle restrizioni dell’uso del contante, ma deve far perno sulla comunicazione periodica e obbligatoria delle consistenze e dei rapporti finanziari da parte delle banche. 
1. FATTURAZIONE ELETTRONICA E REINTRODUZIONE DEGLI ELENCHI CLIENTI E FORNITORI
La norma che introduceva l’obbligo di trasmissione telematica dei cc.dd. elenchi “clienti e fornitori” (art. 37, commi 8 e 9, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223) prevedeva, nella parte introduttiva, la temporaneità dell’adempimento “in attesa dell’introduzione della normativa sulla fatturazione informatica”. Il legislatore, infatti, aveva intravisto la possibilità che il passaggio dalle fatture cartacee a quelle elettroniche, nonché la contestuale trasmissione di queste ultime all’Amministrazione finanziaria, di fatto, avrebbe potuto consentire di ottenere le medesime informazioni ottenute con “CLIFO” (anzi più puntuali se si pensa che “CLIFO” prevedeva dati aggregati). Tuttavia, ad oggi la diffusione della fatturazione elettronica in Italia (così come in Europa) è ancora a livelli poco significativi1:
– la norma che prevede l’obbligatorietà della fatturazione elettronica da parte delle aziende nei confronti della PA (art. 1, commi da 209 a 214, legge 24 dicembre 2007, n. 244) non è stata ancora concretamente attuata, poiché non è stato ancora emanato il decreto che stabilisce le modalità tecnico/operative di trasmissione e in generale di funzionamento dell’intero processo (che prevede un sistema di interscambio gestito da Sogei);
– quando prenderà realmente avvio il processo di trasmissione delle fatture elettroniche verso la PA, l’Amministrazione finanziaria sarà in grado di processare solo una parte, seppur significativa, delle fatture delle imprese ( quindi, rispetto a CLIFO, non si potrebbe procedere a incroci massivi dei dati);
– la normativa comunitaria e, conseguentemente, quella italiana2 sono ancora in fase di evoluzione poiché i sistemi per garantire integrità, autenticità dell’origine e leggibilità delle fatture – come previsto dalla direttiva comunitaria – sono diversi (firma digitale, EDI, processi di controllo di gestione intra-aziendali) e si sta cercando di trovare un delicato equilibrio tra le esigenze delle imprese, quello che offe il mercato e l’obiettivo della Commissione Europea di garantire interoperabilità transfrontaliera tra le aziende dei diversi paesi3;
– c’è ancora confusione nel mondo imprenditoriale e nella PA sul concetto stesso di fatturazione elettronica. Molti immaginano che si tratti della semplice trasposizione in un file pdf (o, peggio, file immagine) del documento fattura, ma
1 Alcune autorevoli stime parlano di appena poche decine di migliaia di grandi imprese che attuano – solo in parte – processi di dematerializzazione e, tra queste, poche decine che effettuano fatturazione elettronica secondo le previsioni dell’attuale normativa italiana; inoltre sono in corso di predisposizione i regolamenti attuativi del nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale.
2 Entro il 2013 deve essere recepita in Italia la Dir2010/45/UE che ha introdotto significative modifiche alla direttiva IVA con specifico riferimento ai metodi di fatturazione semplificata e elettronica.
3 Sono molteplici i gruppi di lavoro attivi in Europa e nel mondo sul tema, tra cui – di recente – il Multistakeholders forum on e-invoicing istituito con decisione 8467 del 2010 della Commissione.
se ciò fosse l’Amministrazione finanziaria difficilmente riuscirebbe a processare le informazioni contenute nei file.

Per poter sostituire l’elenco CLIFO, la fatturazione elettronica dovrà consistere in un processo obbligatorio di trasmissione, tra tutte le aziende e da queste verso l’Agenzia delle entrate, di un flusso strutturato di dati secondo requisiti tecnici che dovranno garantire:
– sicurezza tra le parti, attraverso le caratteristiche sopracitate di integrità, autenticità dell’origine e leggibilità previsti dalla normativa comunitaria;
– interoperabilità a livello europeo (ovvero mondiale).
Tutto questo necessita di tempi medio-lunghi (la Commissione Europea prevede almeno 3-8 anni) e di importanti investimenti da parte del mercato e della PA.
Per questo motivo nel 2006 fu introdotto l’obbligo di trasmissione telematica dei cc.dd. elenchi “clienti e fornitori” da parte dei soggetti passivi IVA (art. 37, commi 8 e 9, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223; provvedimento Agenzia Entrate del 25 maggio 2007) che fu poi abrogato dal Governo Berlusconi nel 2008: esso consisteva nell’invio di una comunicazione annuale (entro aprile dell’anno successivo a quello di riferimento) contente, per ciascun soggetto cliente o fornitore, i dati aggregati (importo complessivo delle operazioni effettuate nell’anno, distinto tra operazioni imponibili, non imponibili ed esenti e relative imposte) riferiti alle sole operazioni – di qualsiasi ammontare – certificate con emissione di fattura.
Le comunicazioni acquisite per i periodi d’imposta 2006 e 2007, oltre ad aver notevolmente inciso sulla tax compliance come è dimostrato dall’andamento del gettito nei periodi interessati, hanno consentito all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza di potenziare significativamente le attività di verifica e accertamento condotte su singole imprese, permettendo di riscontrare puntualmente l’omissione della registrazione delle operazioni attive ovvero la contabilizzazione di costi fittizi, e di individuare – attraverso l’incrocio massivo delle informazioni acquisite – un elevato numero di soggetti che risultavano clienti o fornitori e che non hanno presentato la dichiarazione IVA.
A seguito dell’introduzione dell’obbligo, le aziende e le associazioni di categoria avevano realizzato gli investimenti per adeguare i sistemi gestionali in modo tale da elaborare quasi del tutto automaticamente i tracciati da trasmettere all’Agenzia delle entrate.
Dopo tre anni dall’abrogazione degli elenchi, l’art. 21 del dl. 78/10 ha introdotto l’obbligo di comunicare, entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese o ricevute, per importi pari o superiori a 3.000 euro (c.d. “spesometro”). La soglia è elevata a 3.600 euro, comprensiva dell’IVA, per le operazioni non soggette a fatturazione. La comunicazione all’anagrafe tributaria è esclusa quando il pagamento avviene con strumenti di pagamento tracciati (nel presupposto, del tutto infondato, che tali pagamenti possano essere agevolmente conosciuti dal fisco).
Il nuovo obbligo– che sta entrando a pieno regime soltanto in questi mesi – sta comportando nuovi costi gestionali da parte delle aziende e dell’Amministrazione e presenta evidenti limiti e criticità:
– l’impresa/professionista non comunica più un dato aggregato dei soli importi fatturati (attivo/passivo), facilmente estraibile dalla sua contabilità, ma deve filtrare la stessa al fine di estrarre in modo puntuale le singole operazioni di vendita/acquisto superiori ai 3.000 o 3.600 euro certificate non solo da fatture ma anche da altra documentazione obbligatoria (scontrini/ricevute);
– le imprese/professionisti contestano la difficoltà ad acquisire il CF dei clienti persone fisiche a cui rilasciano scontrino/ricevute o il rischio di acquisirne uno non veritiero (perché riferito ad altro soggetto rispetto all’effettivo acquirente);
– le elaborazioni per l’Amministrazione saranno molto più complesse e i vantaggi comunque parziali, in considerazione del limite d’importo che non consentirà di effettuare in modo massivo e completo i processi di analisi e controllo che è stato possibile effettuare per gli anni per i quali sono pervenuti gli elenchi clienti e fornitori.
– l’obiettivo di acquisire dati rilevanti per determinare le spese dei contribuenti persone fisiche, già si sta traducendo in comportamenti volti ad aggirare la disposizione normativa (ad es., frazionamento dei pagamenti – spesso in
contanti – e omissione di certificazione dei corrispettivi, spostamento dell’operazione su mercati esteri, ecc.).
Al contrario dello spesometro, gli elenchi clienti e fornitori si inserivano in un contesto di disposizioni organiche tra loro (trasmissione telematica dei corrispettivi, tracciabilità dei compensi professionali, trasmissione telematica degli incassi dei distributori automatici) al fine di consentire all’Amministrazione finanziaria una conoscenza preventiva – rispetto alla dichiarazione dei redditi – delle singole realtà produttive.
La predisposizione dell’elenco clienti e fornitori non rappresenta un significativo aggravio per l’impresa, poiché la stessa avviene sulla base di programmi informatici già esistenti che estraggono i dati dalla stessa contabilità aziendale. Essa comporta minori oneri amministrativi di quelli richiesti per l’invio delle sole comunicazioni delle operazioni di importo superiore a 3.000 euro.
L’elenco clienti e fornitori consente l’incrocio sistematico dei dati presenti nell’elenco fornitori dell’acquirente con quelli dell’elenco clienti del venditore, intercettando agevolmente, in modo automatico, l’eventuale evasione (mancata registrazione dell’acquisto o della vendita). L’inclusione nell’elenco clienti di tutti i codici fiscali dei consumatori finali nei confronti dei quali sono state emesse fatture, prevista dalla normativa che aveva introdotto gli elenchi, consentirebbe all’Amministrazione una più ampia ed efficace valutazione della capacità contributiva basata sul tenore di vita del contribuente per valutarne la rilevanza ai fini del cd. “redditometro”.
Il ripristino dell’elenco clienti e fornitori eviterebbe – ed è solo un esempio, peraltro molto più frequente di quanto si possa pensare, come hanno dimostrato molte recenti indagini svolte dall’Amministrazione – che un operatore possa rilasciare una regolare fattura al cliente senza poi registrarla nella propria contabilità o registrandola per un importo inferiore, confidando nella scarsa probabilità di incappare in un controllo incrociato.
In sintesi, l’elenco clienti e fornitori non è solo un efficace strumento ai fini del controllo, ma costituisce un potente disincentivo a non omettere la dichiarazione dei ricavi o i compensi, sapendo di essere segnalati al fisco dai propri clienti o fornitori.
Un’ultima considerazione sull’efficacia e sulla necessità degli elenchi è data da un “elenco fornitori” che esiste da molti anni e che nessuno penserebbe oggi di mettere in discussione: la dichiarazione del sostituto d’imposta con la quale vengono comunicati annualmente al fisco i redditi di decine di milioni di lavoratori e pensionati con livelli di tax compliance di gran lunga superiori a quelli delle attività indipendenti.
2. OBBLIGO DI COMUNICAZIONE ANNUALE DELLE CONSISTENZE DEI RAPPORTI FINANZIARIE DA PARTE DELLE BANCHE E DEGLI ALTRI OPERATORI FINANZIARI
Una seconda misura necessaria per una efficace azione di contrasto dell’evasione fiscale è l’introduzione di un obbligo di comunicazione annuale delle consistenze dei rapporti finanziari da parte delle banche e degli altri operatori.
A questo riguardo va tenuto presente che, sulla base della normativa vigente, l’anagrafe dei rapporti (Sezione riservata dell’Anagrafe Tributaria) contiene soltanto il numero e la tipologia dei rapporti finanziari e delle operazioni effettuate extraconto. Si tratta, in sostanza, di un archivio anagrafico accessibile solo in modo puntuale quando viene avviata una indagine finanziaria sul singolo soggetto (equivalente ad un elenco telefonico ad accesso controllato).
Con l’articolo 2, comma 36-undevicies, del d.l. n. 138 del 2011 è stata introdotta la possibilità, per l’Agenzia delle entrate, di “procedere alla elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo” utilizzando esclusivamente le informazioni presenti nel c.d. “archivio dei rapporti”.
Pertanto, con l’attuale normativa, pur dopo le modifiche dello scorso agosto, i poteri dell’Amministrazione sono molto limitati e si riducono alla mera estrazione di posizioni a rischio (posto che la numerosità e la tipologia dei rapporti possano essere sintomatiche di comportamenti evasivi), sulle quali poi devono essere avviati specifici controlli, ignorando in via preventiva la consistenza dei rapporti e delle movimentazioni.
Attualmente non vi è, dunque, alcuna possibilità di accedere in modo massivo alle informazioni di dettaglio né ad informazioni di sintesi sulla consistenza dei rapporti (saldi iniziali e finali, giacenze medie, ecc.).
La disponibilità di tali informazioni di sintesi ai fini della programmazione dei controlli e dell’accertamento sarebbe determinante per accrescere l’efficacia dell’azione di contrasto dell’evasione fiscale.
Per gli operatori finanziari la fornitura di dette informazioni di sintesi non comporterebbe alcuna difficoltà, trattandosi di dati già presenti nei propri sistemi informativi.
Queste due aree di intervento sono di particolare importanza e il fatto che nel pacchetto di misure del Governo non ne compaia traccia compromette in modo radicale l’efficacia dell’azione di contrasto all’evasione che pure viene considerata necessaria. Ma il quadro di interventi possibili è ben più ampio e può sinteticamente, essere così indicato:
ALCUNE POSSIBILI MISURE ANTIEVASIONE
1. Ripristino elenchi clienti e fornitori (inclusi consumatori finali quando viene emessa la fattura) e contestuale abolizione dell’obbligo di comunicazione operazioni IVA superiori a 3.000 euro anche in considerazione dell’abbassamento della soglia generale per il pagamento mediante denaro contante (antiriciclaggio) (art. 37, comma 8, d.l. 223/07).
2. Obbligo di pagamento sempre tracciato per compensi professionali e artistici di ogni tipo, pagamento di canoni di qualsiasi genere (locazione beni mobili e immobili, noleggio, ecc.) e spese fiscalmente deducibili o detraibili (sia nell’ambito delle attività d’impresa e professionali che ai fini dell’Irpef) (art. 35, comma 12 e ss., d.l. n. 223/2006).
3. Abbassamento della soglia massima per il pagamento mediante contante (assicurando contemporaneamente un drastico abbattimento dei costi amministrativi richiesti da banche ecc.) (art. 49, commi 1, 5, 8, 12 e 13, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231).
4. Ripristino valore normale immobili quale presunzione grave precisa e concordante per le cessioni di immobili ai fini imposte sul reddito e iva (35, commi 2,3, d.l. n. 223/2006).
5. Ripristino sistema tracciamento incassi distributori automatici e teletrasmissione degli stessi (art. 1, commi da 363 a 363. L.244/07).
6. Reintroduzione trasmissione telematica corrispettivi risultanti da misuratori fiscali e ricevute (art. 37, comma 33, d.l. 223/2006).
7. Obbligo comunicazione consistenze finanziaria iniziale e finale.
8. Introduzione di un momento di confronto bonario ad iniziativa dell’amministrazione prima della presentazione della dichiarazione annuale Irpef/Iva, allo scopo di valutare l’intenzione dichiarativa del contribuente con gli elementi conosciuti tramite il sistema informativo (dati strutturali ed economici dell’attività desunti da informazioni per studi di settore e da rapporti con clienti e fornitori, manifestazioni di agiatezza rilevanti per sintetico, dati finanziari e patrimoniali).
9. Aumento della sanzione ridotta applicabili in caso di adesione all’accertamento e al verbale o acquiescenza (ripristinando la precedente misura di ¼ del minimo o, preferibilmente, portandola ad 1/3) ( artt. 2, comma 5, 3, comma 3, 15, comma 1, del d.lgs. 218/97);
10. Consolidamento azione di accertamento per soli contribuenti Irpef (incluse snc e sas), introducendo una presunzione relativa per il biennio successivo a quello oggetto del controllo in misura pari all’80% degli imponibili accertati.
11. Ripristino responsabilità amministratori di società di capitali (art. 7, d.l. n.269/2003).
 (da NENS)

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