di Marco Bombagi
Delusioni e frustrazioni varie, innaffiate da ettolitri di sciroppo contro l’ulcera e ampie dosi di autoironia romano partenopea, sono di casa in un anonimo palazzone di Via Casilina. Lo spettacolo “Fausto e gli Sciacalli”, al teatro Ghione di Roma dal 3 al 15 maggio con i testi di Gianni Clementi, porta in scena un’ordinaria storia di lotta contro la realtà grigia e opprimente della quotidianità, prima ancora che contro le difficoltà economiche.
Fausto è un venditore di articoli per la casa a prezzi modici e Gennaro un vigile urbano depresso. Entrambi legati al ricordo dolce e amaro di un passato da star di provincia, nei lontani anni ’80, con l’evergreen “Annalisa”, la canzone che li rese famosi.
Dopo l’ultimo glorioso concerto della giovane band in quel di Capri, tuttavia, il terzo membro del gruppo, l’anglosassone e truffaldino Elmo ben interpretato da Nicola Pistoia, fugge col malloppo maturato grazie al deposito a tradimento dei diritti d’autore di “Annalisa”, rubati ai colleghi.
Trascorrono così 35 anni di risentimenti covati in silenzio alla periferia della Capitale, dopo i quali il latitante Elmo, un hippie impenitente e stagionato, ripiomba nella vita segnata dalla mediocrità dei propri ex amici, sconvolgendola sorprendentemente in meglio con l’idea di rinverdire i fasti degli “Sciacalli”, il loro estinto gruppo pop.
Ne nasce una vorticosa girandola di scene dall’irresistibile comicità, in cui il sogno torna a rendere la vita degna d’essere vissuta a persone la cui esistenza è assolutamente priva di soddisfazioni. Non ne hanno Fausto e Gennaro, i bravissimi Paolo Triestino e Ciro Scalera, così come le rispettive consorti: la spenta e trascurata Ottavia e la vulcanica Angela, le ottime Elisabetta De Vito e Loredana Piedimonte.
Di certo non sono mai stati numerosi i motivi d’orgoglio forniti a Fausto dal figlio Elvis, il giovane Ariele Vincenti: rapper bamboccione 34 enne dalle sopracciglia ad ali di gabbiano e ribelle cantore del disagio urbano. Un nemico giurato del sistema, in particolare quando questi lo priva del suo Nesquik con i Ringo al risveglio nel primo pomeriggio. Su tutto aleggia la presenza invisibile dell’anziano padre di Fausto, rimbambito teledipendente preda perfetta di venditori senza scrupoli, che contribuisce non poco al peggioramento costante dell’ulcera del figlio.
Una storia amaramente divertente per ridere di gusto e pensare a quanto siano importanti i sogni nella nostra vita, anche se questi costituiscono solo palliativi momentanei rispetto ad una realtà che non piace.