Bello di papà, spassosa commedia di Vincenzo Salemme, torna a far ridere il pubblico all’Ambra Jovinelli, dal 3 al 13 novembre.
Uno scatenato Biagio Izzo, supportato dal cast dell’ottima compagnia Teatro Cilea Napoli Srl, dà il meglio di sé nella parte di Antonio, dentista affermato ma pieno di paure.
Antonio la sua posizione se l’è sudata, figlio di una famiglia meridionale dalle umili origini, e non vuole cedere nemmeno un millimetro dei benefici che si è duramente guadagnato. E’ per questo che teme i rapporti e ricorda costantemente a tutti che, ciò che è suo, è suo e basta.
E’ sua la bella casa dall’enorme vetrata che affaccia su un giardino lussureggiante di piante, sono suoi i mobili, costosi e di design, è sua la bella donna ucraina e più giovane che gli sta accanto da anni senza che Antonio si decida a renderla sua moglie.
Il matrimonio potrebbe esporlo, infatti, all’alto rischio di venire lasciato ed essere costretto a pagare gli alimenti, perdendo in parte i suoi averi, e potrebbe convincere Marina che quel cinquantenne brizzolato sia finalmente pronto ad avere un figlio e a rinunciare a parte del suo preziosissimo tempo.
Antonio pensa con orrore a quest’eventualità di un piccolo cucciolo di uomo che, alto meno di un metro, possa in poco tempo invadergli la sua casa di giochi e costringere il suo cuore alla resa.
Del resto, il protagonista è figlio di una generazione in crisi di certezze. Si è affermato negli anni in cui il mondo occidentale vede crollare le sicurezze del capitalismo ed è orgoglioso di farcela e di continuare a mantenere il suo status. D’altro canto, questi sono anche gli anni in cui il gap generazionale si fa meno netto e alla crisi economica si accompagna, in molti casi, la crisi identitaria.
Se le generazioni di un tempo a 50 anni potevano considerarsi già vecchie, in questi anni 2000, i quarantenni e i cinquantenni sono ancora giovani e, come tali, in parte irrisolti. Se è irrisolto Antonio, ancor di più lo è Emilio, il suo amico del cuore che, non avendo mai pacificato, nel proprio animo, i ricordi di un’infanzia segnata dalla morte precoce dei genitori, si ritrova nella terra di mezzo di un uomo ormai adulto eppur bisognoso di tornare ad essere figlio.
La crisi di mezza età è unita alla crisi dei nostri tempi, dove professionisti affermati, proprietari di yacht bellissimi, chiedono solo di tornare ad indossare i calzoncini e il grembiulino per potersi abbandonare all’autorità oppure per ribellarsi ad essa, per principio e senza spirito critico, come gli adolescenti.
La generazione dei cinquantenni, terra degli esodati, di coloro che sono troppo vecchi per potersi reinventare nel mondo del lavoro e mandare curriculum se intendono cambiarlo, ma comunque troppo giovani per non avere più sogni nel cassetto da realizzare, viene passata al setaccio sotto la lente d’ingrandimento delle risate.
Mentre cresce la storia vanno in scena dinamiche personali e familiari, animate dallo sferzante contrasto tra ciò che immaginiamo dovrebbero essere gli adulti e ciò che sono veramente. “Bello di papà” è la storia di una “famiglia” strampalata ma, in fondo, non meno famiglia delle nostre. Forse, storie così, nelle nostre case, potremmo raccontarle un po’ tutti… è la storia di bambini mai cresciuti, di adulti arroccati sulle proprie posizioni, di egoismi mai risolti… Il pubblico ride di cuore, numerosi sono gli applausi, e ci sentiamo un po’ tutti “belli di papà”.