(5.2.2010) Difesa SpA, Protezione civile SpA, e poi – perché no, visto che se ne parla da tempo – Carceri SpA, e poi Sanità SpA (modello lombardo), Giustizia SpA. Questo sistema di potere si sta impadronendo dello stato italiano un pezzo alla volta. E addio trasparenza, addio controlli della Corte dei Conti, largo a una nuova classe di famelici burocrati del parastato, una nuova razza padrona che prospera e si arricchisce sui ruderi del vecchio Stato liberale. Hanno imparato che dello Stato, come del porco, non si butta niente. C'è solo da augurargli buon appetito
Articolo di Luigi Cugliandro da Controinformoperdiletto, leggermente rivisto per Contrappunti
Il titolo di questo scritto lo avrei voluto in dialetto riggitano, carn'i porcu, che tanto si capiva lo stesso, ma mi pare che in italiano assuma un tono se possibile ancora più volgare. Ma la traduzione letterale non rende il significato dell'espressione, che come molte dialettali si può rendere in lingua solo con una lunga perifrasi.
La macellazione del maiale, rito che conserva in molte zone rurali una sacralità ancestrale, è un processo a scarto zero: si dice che "non si butta niente" ed è vero, dal nobile prosciutto alle plebee cotiche, fino alle curcuci, gli scarti risolidificati della bollitura delle cotiche che non so nemmeno come si chiamano in italiano e non sono mai riuscito a mangiare – ma mio nonno ci si deliziava, e persino alle setole, passando per il sanguinaccio, che è un dolce, e la 'nduja, che nasce per valorizzare gli scarti degli scarti ammazzandoli di peperoncino. Pare peraltro che il divieto di cibarsi del maiale per ebrei e mussulmani nasca proprio dalla somiglianza di sapore della sua carne alla carne umana, è quindi un tabù derivato da un altro tabù di una religione più antica: non so se sia vero, non mangio carne umana anche se per certe ragazze farei un'eccezione, e non c'è scandalo – le mamme dicono ai bambini "ti mangerei", ma il fatto che i maiali siano utilizzati per i trapianti interspecie mi pare un indizio a favore.
Fare di una cosa "carne di porco" significa dunque sfruttarla fino a non lasciarne il più piccolo residuo, non solo: implicando anche un certo sadismo nella macellazione e un certo gozzoviglio lussurioso in quella e nel consumo. Insomma, è quello che stanno facendo dello Stato italiano.
Gli Stati liberali nascono per iniziativa della borghesia, che toglie a re e aristocratici la proprietà della Cosa Pubblica sostituendo al suo libero uso, che ne costituiva il contrappeso negli Stati assoluti, il concetto di bene demaniale. In altri termini, prima tutto era del re e dei suoi vassalli, che concedevano gentilmente in uso al popolo quello che loro serviva per vivere, poi tutto diventa recintabile e attribuibile a proprietà privata, salvo un elenco più o meno rigido di beni che restavano allo Stato e quindi a disposizione della collettività.
Secondo questo modello, con le tasse di chi poteva pagarle, e quindi pian piano anche dei nostri bisnonni e nonni e padri, si è faticosamente creato nel corpo dello Stato un sistema nervoso di uffici postali telegrafi e linee telefoniche, un sistema circolatorio di strade e ferrovie e stazioni, un sistema linfatico di acquedotti e cavi elettrici, eccetera eccetera. Tutte queste cose sono costate e costano un patrimonio, da costruire e mantenere. Un patrimonio di soldi nostri, che provengono dai nostri padri e dovrebbero andare ai nostri figli.
La corruzione è insita nell'animo umano come ogni altro tipo di “peccato”. Le leggi servono proprio a proteggere la collettività dalle debolezze dei suoi componenti: solo buone leggi riescono allo scopo, e solo se ben applicate. Quando in Italia si superò la misura che si può considerare endemica di corruzione? Difficile da dire esattamente, ma fu tra gli anni 70 e 80, quando da un lato si esagerò nell'utilizzo della pubblica amministrazione come valvola di sfogo della disoccupazione e quindi di accaparramento di consenso politico, dall'altro si cominciò a mangiare più maiali di quanto le scrofe riuscivano a partorirne. La classe politica responsabile di ciò godeva di un vasto consenso, ma fu travolta non tanto dai giudici, come superficialmente può sembrare, quanto dall'imminente bancarotta cui ci aveva condotto, che fece si che barcollasse e così prestasse il fianco alla magistratura. La classe politica seguente fu costretta a "mettere le mani nelle tasche della gente" per evitare il default, ma poi si spinse, o fu spinta, ben oltre. Ho usato l'espressione virgolettata a bella posta, perchè la sua negazione è uno degli slogan con cui i nuovi ladri hanno preso il potere. Perchè mettere le mani nelle tasche degli elettori di oggi se abbiamo lì, bell'e pronto, il tesoro accumulato dai loro avi? Basta creare una formula ideologica, e avremo pure il beneplacito di tutti; eccola: lo Stato spreca, i fannulloni sono dei parassiti, se invece si privatizza tutti ne avremo da guadagnare. Dire "lo Stato spreca, bisogna depurare la P.A. da fannulloni e parassiti e renderla efficiente, ma mai svenderla e sostituire ai monopoli pubblici monopoli privati di ben più difficile controllo", che sarebbe stata l'unica cosa sensata, è diventato improvvisamente fuori moda, innanzitutto a sinistra.
E così, centrodestra o centrosinistra che fosse, si è cominciato a spolpare vivo il porco. Prima i telefoni, poi le ferrovie, poi le poste, poi l'elettricità, poi i trasporti locali, e giù giù fino all'acqua ieri e la protezione civile e il demanio militare oggi. Difesa SpA, la chiamano. Ma non è che un'etichetta alla moda per un prodotto già visto: le poste si sono fatte banca (con la partnership di Mediolanum, manco a dirlo…) sfruttando una presenza capillare costruita con soldi pubblici per un servizio essenziale che stanno progressivamente abbandonando, le ferrovie privatizzate si sono sdoppiate più volte fino a lasciare un servizio passeggeri decente solo sulle tratte redditizie e sulle altre o uno indecente o nessuno, il demanio ferroviario conferito ad una immobiliare che in quanto privata ne fa quello che gli pare e nessuno di noi ne sa più nulla, e il modello piace tanto che oggi si vuole fare lo stesso con quello militare. Mentre il popolo bue si trastulla con il teatrino politico di Papi e le sue belle statuine più o meno semoventi, la sua ricchezza comune è svanita. Ne hanno fatto carne di porco.
Quando crollò il fascismo e perdemmo la guerra, il Paese è potuto risorgere perchè era un corpo in coma con scheletro sistema nervoso circolatorio e linfatico colpiti ma vitali. Oggi dovesse accadere qualcosa non resterebbe che la guerra civile tutti contro tutti, e il ritorno a una situazione pre-1860 sarebbe ancora uno scenario accettabile. In ogni caso, a qualunque livello sia, una crisi sistemica come quella sfiorata nel 1991 può essere risolta solo da chi si incarichi di espropriare e gestire pubblicamente strade ferrovie poste acqua caserme eccetera, a qualunque ordine di grandezza geografica questo sia possibile. E occhio a giudicare irrealistico questo scenario: ogni crisi seppellisce soggetti politici e ne fa fiorire altri fino al momento irrilevanti, su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo ma che avevano il merito di essere portatori di idee adatte male al mondo che muore ma invece bene a quello che nasce. Nel 1991 i missini erano solo gli ininfluenti nipotini di Salò, i leghisti cafoni ignoranti che sbraitavano a Samarcanda; dopo tangentopoli li avete visti, si possono persino permettere il lusso di dimenticarsi di essere lì grazie ai giudici e di cambiare idea più volte rispetto alla mafiosità del loro capo coalizione e collante unico. Oggi, mentre gli strateghi del partito più sbagliato della storia si affannano a scodinzolare al centro, il caso Vendola ci dice che forse sono più di quanto crediamo quelli che pensano che è sbagliato privatizzare l'acquedotto pugliese – li abbiamo spinti pian piano a non votare più, ma ancora respirano e pensano. E allora ben venga gente come la Bonino nel Lazio, o Tonino Perna in Calabria e De Magistris in Campania, candidature che però purtroppo cederanno il passo a quelle ufficiali del PD, rispettivamente Loiero e De Luca, due intrallazzisti.
Fare di una cosa "carne di porco" significa dunque sfruttarla fino a non lasciarne il più piccolo residuo, non solo: implicando anche un certo sadismo nella macellazione e un certo gozzoviglio lussurioso in quella e nel consumo. Insomma, è quello che stanno facendo dello Stato italiano.
Gli Stati liberali nascono per iniziativa della borghesia, che toglie a re e aristocratici la proprietà della Cosa Pubblica sostituendo al suo libero uso, che ne costituiva il contrappeso negli Stati assoluti, il concetto di bene demaniale. In altri termini, prima tutto era del re e dei suoi vassalli, che concedevano gentilmente in uso al popolo quello che loro serviva per vivere, poi tutto diventa recintabile e attribuibile a proprietà privata, salvo un elenco più o meno rigido di beni che restavano allo Stato e quindi a disposizione della collettività.
Secondo questo modello, con le tasse di chi poteva pagarle, e quindi pian piano anche dei nostri bisnonni e nonni e padri, si è faticosamente creato nel corpo dello Stato un sistema nervoso di uffici postali telegrafi e linee telefoniche, un sistema circolatorio di strade e ferrovie e stazioni, un sistema linfatico di acquedotti e cavi elettrici, eccetera eccetera. Tutte queste cose sono costate e costano un patrimonio, da costruire e mantenere. Un patrimonio di soldi nostri, che provengono dai nostri padri e dovrebbero andare ai nostri figli.
La corruzione è insita nell'animo umano come ogni altro tipo di “peccato”. Le leggi servono proprio a proteggere la collettività dalle debolezze dei suoi componenti: solo buone leggi riescono allo scopo, e solo se ben applicate. Quando in Italia si superò la misura che si può considerare endemica di corruzione? Difficile da dire esattamente, ma fu tra gli anni 70 e 80, quando da un lato si esagerò nell'utilizzo della pubblica amministrazione come valvola di sfogo della disoccupazione e quindi di accaparramento di consenso politico, dall'altro si cominciò a mangiare più maiali di quanto le scrofe riuscivano a partorirne. La classe politica responsabile di ciò godeva di un vasto consenso, ma fu travolta non tanto dai giudici, come superficialmente può sembrare, quanto dall'imminente bancarotta cui ci aveva condotto, che fece si che barcollasse e così prestasse il fianco alla magistratura. La classe politica seguente fu costretta a "mettere le mani nelle tasche della gente" per evitare il default, ma poi si spinse, o fu spinta, ben oltre. Ho usato l'espressione virgolettata a bella posta, perchè la sua negazione è uno degli slogan con cui i nuovi ladri hanno preso il potere. Perchè mettere le mani nelle tasche degli elettori di oggi se abbiamo lì, bell'e pronto, il tesoro accumulato dai loro avi? Basta creare una formula ideologica, e avremo pure il beneplacito di tutti; eccola: lo Stato spreca, i fannulloni sono dei parassiti, se invece si privatizza tutti ne avremo da guadagnare. Dire "lo Stato spreca, bisogna depurare la P.A. da fannulloni e parassiti e renderla efficiente, ma mai svenderla e sostituire ai monopoli pubblici monopoli privati di ben più difficile controllo", che sarebbe stata l'unica cosa sensata, è diventato improvvisamente fuori moda, innanzitutto a sinistra.
E così, centrodestra o centrosinistra che fosse, si è cominciato a spolpare vivo il porco. Prima i telefoni, poi le ferrovie, poi le poste, poi l'elettricità, poi i trasporti locali, e giù giù fino all'acqua ieri e la protezione civile e il demanio militare oggi. Difesa SpA, la chiamano. Ma non è che un'etichetta alla moda per un prodotto già visto: le poste si sono fatte banca (con la partnership di Mediolanum, manco a dirlo…) sfruttando una presenza capillare costruita con soldi pubblici per un servizio essenziale che stanno progressivamente abbandonando, le ferrovie privatizzate si sono sdoppiate più volte fino a lasciare un servizio passeggeri decente solo sulle tratte redditizie e sulle altre o uno indecente o nessuno, il demanio ferroviario conferito ad una immobiliare che in quanto privata ne fa quello che gli pare e nessuno di noi ne sa più nulla, e il modello piace tanto che oggi si vuole fare lo stesso con quello militare. Mentre il popolo bue si trastulla con il teatrino politico di Papi e le sue belle statuine più o meno semoventi, la sua ricchezza comune è svanita. Ne hanno fatto carne di porco.
Quando crollò il fascismo e perdemmo la guerra, il Paese è potuto risorgere perchè era un corpo in coma con scheletro sistema nervoso circolatorio e linfatico colpiti ma vitali. Oggi dovesse accadere qualcosa non resterebbe che la guerra civile tutti contro tutti, e il ritorno a una situazione pre-1860 sarebbe ancora uno scenario accettabile. In ogni caso, a qualunque livello sia, una crisi sistemica come quella sfiorata nel 1991 può essere risolta solo da chi si incarichi di espropriare e gestire pubblicamente strade ferrovie poste acqua caserme eccetera, a qualunque ordine di grandezza geografica questo sia possibile. E occhio a giudicare irrealistico questo scenario: ogni crisi seppellisce soggetti politici e ne fa fiorire altri fino al momento irrilevanti, su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo ma che avevano il merito di essere portatori di idee adatte male al mondo che muore ma invece bene a quello che nasce. Nel 1991 i missini erano solo gli ininfluenti nipotini di Salò, i leghisti cafoni ignoranti che sbraitavano a Samarcanda; dopo tangentopoli li avete visti, si possono persino permettere il lusso di dimenticarsi di essere lì grazie ai giudici e di cambiare idea più volte rispetto alla mafiosità del loro capo coalizione e collante unico. Oggi, mentre gli strateghi del partito più sbagliato della storia si affannano a scodinzolare al centro, il caso Vendola ci dice che forse sono più di quanto crediamo quelli che pensano che è sbagliato privatizzare l'acquedotto pugliese – li abbiamo spinti pian piano a non votare più, ma ancora respirano e pensano. E allora ben venga gente come la Bonino nel Lazio, o Tonino Perna in Calabria e De Magistris in Campania, candidature che però purtroppo cederanno il passo a quelle ufficiali del PD, rispettivamente Loiero e De Luca, due intrallazzisti.
La crisi è davanti a noi, non dietro le nostre spalle come dice qualcuno cui l'anagrafe suggerisce sconsideratezza (tanto a lui che gli frega, quanto altro può campare?), e solo chi ha le idee giuste sarà pronto a raccogliere il testimone della Storia.