Aminta, favola pastorale del grande poeta, drammaturgo e scrittore italiano rivisitata in chiave “sensoriale e performativa” attraverso un’installazione multimediale.
Suoni e luci che colpiscono violentemente lo spettatore, come scagliate in direzione di chi guarda. È ciò che accade nel foyer del teatro India, dove dal 12 al 29 gennaio è in scena Aminta, S’ei piace ei lice, una rilettura dell’opera composta nel 1573 da Torquato Tasso e pubblicata nel 1580.
Da un’idea di Luca Brinchi e Daniele Spanò viene presentato un progetto audace in cui la poesia aulica e immortale incontra differenti linguaggi e tecnologie per veicolare messaggi da interpretare in chiave moderna.
Così il pastore Aminta e la ninfa Silvia divengono ragazzi dei nostri tempi e le loro interazioni lasciano trasparire tematiche sempre attuali come la violenza sulle donne o il desiderio inappagato che può deflagrare in forme incontrollate. Fino alla voglia di indipendenza e libertà al di fuori persino della gratitudine per essere stati salvati da una violenza.
Lettura inconsueta per la figura del satiro che tenta, appunto, di abusare di Silvia. La scelta per la rappresentazione rivisitata rispetto all’originale del Tasso ricade, anche in questo passaggio ricorrendo all’utilizzo di suoni e giochi di luce alquanto penetranti, su di un simbolo estetico manifesto ed evidente nella società moderna.
Lo spettacolo si nutre dell’aspro contrasto tra tradizione e tecnologia. Tra l’antica bellezza della poesia che appartiene al passato, pur rappresentando ancor oggi una cornice oggettivamente riconosciuta all’interno della quale la modernità si va ad inserire, e i nuovi linguaggi del presente multimediale che le vengono accostati senza mai fagocitarla, ma facendole da contesto.
I nuovi linguaggi donati dal presente possono tuttavia essere colti con maggiore facilità dall’uomo d’oggi per ottenere chiavi interpretative utili a leggere l’attualità. Fino al 29 gennaio si può sfruttare questa possibilità con Aminta, S’ei piace ei lice, al teatro India.