Rischiavano sanzioni salate i tremila extracomunitari che avendo ricevuto la lettera con cui il presidente del consiglio gli comunicava la concessione del bonus bebè lo avevano riscosso in tutta buona fede. Sbagliando però, perché il beneficio, per legge, doveva essere limitato ai cittadini italiani. Adesso il governo ha deciso una minisanatoria: chi ha avuto ha avuto, punto. Decisione opportuna, certamente. Ma a pagare i 3 milioni di euro circa che costerà il provvedimento dovrebbero essere Berlusconi e Tremonti, e non i contribuenti italiani
Come applicazione della illuminata politica della famiglia del governo Berlusconi, la finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n.266) aveva previsto, ai commi 331 e 332, la concessione di un assegno di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato nell'anno 2005 nonchè per ogni figlio nato o adottato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita. In base al comma 333, era compito del Ministro dell'economia e delle finanze comunicare “per iscritto, entro il 15 gennaio 2006, la sede dell'ufficio postale di zona presso il quale gli assegni potevano essere riscossi”. L'occasione, però, era troppo ghiotta perchè un uomo di comunicazione come l'allora premier Silvio Berlusconi se la facesse sfuggire. Soprattutto nell'imminenza delle elezioni politiche dell'aprile 2006.
E qui una volta tanto non si può che dar ragione all'esponente leghista. Il governo ha fatto bene ad adottare la sanatoria ma ha fatto male ad addossarla ai contribuenti italiani. A pagare non devono essere loro ma chi in totale mala fede ha sbagliato a inviarla agli extracomunitari, sapendo benissimo che non avrebbe dovuto farlo. Immaginiamo il diktat di Berlusconi a Tremonti (“Ho già scritto il testo della lettera, devi sbrigarti a far partire l'operazione”) e le discussioni tra i manager Sogei e il ministro dell'economia (“Non c'è tempo per fare un controllo serio, bisognerebbe contattare tutti i comuni” “Non importa, andiamo avanti con quello che abbiamo, il Presidente vuole far partire le lettere entro quindici giorni” “Bene, sarà fatto, signor ministro”).
E se è così, e non può essere che così, è il caso che il procuratore generale della Corte dei Conti tiri le somme. La lettera che il Presidente del consiglio Berlusconi ha indirizzato a ridosso delle elezioni 2006 ai 600.000 neonati del 2005 non è comunicazione pubblica ma propaganda elettorale. L'ex premier deve essere condannato a pagare personalmente i costi di questa corrispondenza. E, insieme a Tremonti e agli eventuali altri responsabili, deve essere condannato a rifondere lo Stato dei danni procurati inviando la lettera – che costituiva una specie di titolo di credito, in quanto era sufficiente presentarla alla posta per riscuotere il bonus – a soggetti che non avrebbero dovuto riceverla.