In tale contesto, rivestono evidentemente, un’importanza strategica le nuove modalità di acquisizione da parte dell’anagrafe tributaria di dati provenienti dalle banche e dagli intermediari finanziari – utilizzabili sia ai fini dell’accertamento che della riscossione coattiva – che, combinandosi con le nuove procedure di controllo bancario e finanziario on-line, consentono agli organismi di controllo di accertare e recuperare i crediti erariali nel momento della loro manifestazione finanziaria.
Senza voler disconoscere la portata e l’impatto, sulla normativa previgente, delle disposizioni antievasione ed antielusione del 2006 (la cui introduzione è stata supportata da una costante opera di “persuasione” da parte dei rappresentanti del Governo), occorrerebbe comunque interrogarsi sulle cause reali di un’evasione sovradimensionata, capillare e storicamente “inestirpabile” come quella italiana.
Di fronte a un fenomeno così diffuso, infatti, si registra l’insufficienza dei soli meccanismi repressivi e/o istruttorii, rendendosi necessarie, probabilmente, sia la diffusione di una nuova cultura della legalità, sia l’incentivazione dei comportamenti “virtuosi”.
Se il problema da risolvere è quello legato al “nero”, ovvero all’“economia sommersa”, ci si chiede se la risoluzione di tale problema vada d’accordo con il mantenimento di aliquote d’imposta elevate per i redditi delle persone fisiche, che sono in grado di colpire – evidentemente – solamente i redditi imponibili “emersi”, con il rischio di ulteriori sperequazioni.
Occorre evidenziare, a tale proposito, che soprattutto il “lavoratore autonomo” (imprenditore individuale, socio di società personale, artista o professionista), che trae reddito dall’impiego prevalente della propria opera nell’attività, può essere colpito, sull’incremento del reddito, da aliquote IRPEF del 43% ed IRAP del 4,25%, oltre che dalle addizionali regionali e comunali (mentre i contributi previdenziali sono deducibili dal reddito imponibile).
La sommatoria dei prelievi potrebbe ridurre il maggior reddito conseguito fino al 50% ed oltre, costituendo un forte disincentivo o a lavorare (e quindi produrre) di più, o a “dichiarare” di più: nel primo caso, evidentemente, con effetti svantaggiosi per l’economia, e nel secondo con effetti svantaggiosi per le casse erariali.
L’azione del Governo Prodi in campo fiscale si differenzia nettamente, rispetto a quella che ha caratterizzato la Legislatura da poco trascorsa, con riferimento ai mezzi scelti per il contrasto ai fenomeni di evasione ed elusione tributaria.
In particolare, può rilevarsi un netto “salto logico” tra l’approccio dei “concordati preventivi” e quello fondato sul contrasto all’evasione mediante il potenziamento delle metodologie istruttorie (1).
I maggiori valori “emersi” erano premiati con un’attenuazione dell’aliquota d’imposta, e con benefici ai fini dell’IVA, dell’IRAP, e dei contributi previdenziali.
Chiaramente, la logica sottesa era di incrementare i valori dichiarati dai contribuenti, mantenendoli su valori più elevati anche per gli anni futuri; tali meccanismi non hanno però avuto il successo che i loro inventori auspicavano, anche perché – presumibilmente – i vantaggi assicurati non sono apparsi comparativamente superiori a quelli garantiti dalla pura e semplice evasione, accompagnata al tradizionale “affidamento” sulla non effettuazione di controlli fiscali (del resto, a fronte di una platea di decine di milioni di “partite IVA”, come è possibile immaginare un controllo fiscale puntuale e ciclico su ognuno?).
Una possibile soluzione al problema dell’evasione dei contribuenti “piccoli” (lavoratori autonomi e imprese di limitate dimensioni), che qui viene proposta come un “contributo” per il legislatore, potrebbe risiedere nell’introduzione di un’aliquota IRPEF attenuata, magari accompagnata dall’esenzione IRAP, eventualmente limitata a un determinato arco temporale, con carattere sostanzialmente agevolativo. L’agevolazione sarebbe finalizzata:
- nei confronti degli “evasori”, all’emersione del “nero”;
- nei confronti delle imprese e dei professionisti nella fase di “start-up”, all’incentivo alla crescita economica.
Nello schema esposto, si ipotizza un’agevolazione rivolta a lavoratori autonomi ed imprese individuali (o società personali) che nell’anno X+1 conseguono un reddito imponibile superiore di almeno il 20% rispetto all’anno X.
X € 25.000,00 ordinarie
X+1 € 30.000,00 € 5.000,00 10% € 500,00
X+2 € 36.000,00 € 6.000,00 10% € 600,00
X+3 € 43.200,00 € 7.200,00 10% € 720,00
X+4 € 40.000,00 ordinarie (3)
L’extra-reddito dovrebbe legarsi non al reddito in un determinato anno di riferimento, come era per gli strumenti elaborati nella scorsa legislatura (concordati preventivi), bensì all’incremento continuo del reddito di almeno il 20% (o il 10-15%, dipende dagli obiettivi che ci si prefisserà).
Rispetto ai “concordati preventivi”, l’istituto sommariamente descritto muoverebbe da una logica del tutto differente: non “fissando”, infatti, un reddito dichiarato nell’anno di riferimento, rispetto al quale esentare o beneficiare un “extra-reddito” con una logica da “ticket” fiscale (tutto sommato prossima a quella dei condoni del 2002-2003), esso intende premiare l’incremento continuo del reddito imponibile dichiarato.
In tal modo, come sopra accennato, si presterebbe:
- ad avvantaggiare l’incremento del lavoro dell’imprenditore o del lavoratore autonomo, con il correlato accrescimento del reddito, magari associato alla fase di “avviamento” di un’attività;
- ad avvantaggiare la vera e propria emersione di redditi che precedentemente non venivano dichiarati, perché sarebbero stati sottoposti ad elevate aliquote fiscali.
In tal modo, nulla verrebbe perduto per l’Erario, che comunque accetterebbe la riduzione dell’aliquota del prelievo sull’extra-reddito solamente a fronte di un incremento continuo (e non fisso) dello stesso.
Il “declino” della tendenza incrementale del reddito dichiarato costituirebbe per l’Amministrazione un “sintomo”, le cui cause potrebbero essere appurate attraverso un controllo fiscale sul contribuente.
Occorre considerare che i redditi riemersi o non evasi negli anni caratterizzati dall’“incremento continuo” difficilmente potrebbero essere rioccultati, perché, per l’appunto, adeguandosi a valori dichiarati più elevati, i contribuenti si porrebbero da soli in un ambito fiscalmente “virtuoso”, con il successivo assestamento sulle aliquote ordinarie.
Il “ritorno al passato” sarebbe per essi difficile, dato che comunque essi sarebbero nel “mirino” delle possibili attività di controllo, essendosi segnalati come potenziali generatori di extra-reddito.
X € 25.000,00 € 25.000,00
X+1 € 30.000,00 € 25.000,00 € 5.000,00
X+2 € 36.000,00 € 30.000,00 € 6.000,00
X+3 € 43.200,00 € 36.000,00 € 7.200,00
X+4 € 40.000,00 € 40.000,00
X € 25.000,00 € 25.000,00 € 6.149,73 € 6.149,73
X+1 € 30.000,00 € 25.000,00 € 5.000,00 € 6.149,73 € 500,00 € 6.649,73
X+2 € 36.000,00 € 30.000,00 € 6.000,00 € 7.719,35 € 600,00 € 8.319,35
X+3 € 43.200,00 € 36.000,00 € 7.200,00 € 9.999,35 € 720,00 € 10.719,35
X+4 € 40.000,00 € 40.000,00 € 11.519,35 € 11.519,35
N.B.: le aliquote IRPEF utilizzate per la simulazione sono quelle attualmente vigenti, di cui all’art. 13, co. 1, TUIR, come riformulate dall’art. 1, co. 349, lett. c), n. 2), L. 30.12.2004, n. 311, con effetto dall’1.1.2005.
Vincoli
Non è possibile effettuare in questa sede una stima tecnica sugli effetti che deriverebbero, in termini di gettito, dall’introduzione dell’istituto; sarebbe tuttavia opportuno circoscriverne l’ambito applicativo, riferendolo ai seguenti soggetti:
- imprenditori individuali che nel periodo d’imposta precedente al primo periodo agevolato hanno dichiarato un reddito d’impresa inferiore a una cifra data (ad esempio, € 25.000,00) (poco importano, evidentemente, i redditi “non caratteristici”, quali quelli derivanti da pensioni, locazioni immobiliari, i redditi diversi, etc.);
- artisti e professionisti che nel periodo d’imposta precedente al primo periodo agevolato hanno dichiarato un reddito d’impresa inferiore alla stessa soglia.
Una volta “agganciato” alla soglia massima di € 25.000 l’imponibile netto dell’anno X, non dovrebbe essere più prevista alcuna soglia, ma l’unica condizione dell’incremento del reddito secondo la percentuale prevista (nell’ipotesi sopra rappresentata, il 20%).
Lo strumento in esame rappresenta una forma di imposizione “ordinaria” per gli extra-redditi da “emersione”, e presuppone un incremento continuo dei redditi imponibili netti attestato sul minimo del 20% rispetto all’anno precedente.
La soglia massima di partenza è fissata (nell’ipotesi) ad € 25.000,00: ciò vale ad escludere quegli operatori – lavoratori autonomi ed imprese – che già dichiarano somme “plausibili”, e sono comunque soggetti agli studi di settore e agli ordinari controlli.
L’obiettivo è di incentivare sia la nascita e il primo sviluppo delle attività economiche, ove caratterizzato da un’elevata dinamica reddituale, sia la piena emersione dei redditi evasi da una serie di soggetti economicamente “minori” che operano a contatto con la clientela dei “consumatori finali”.
Il beneficio compete, limitatamente all’extra-reddito (rispetto all’anno precedente), finché l’incremento segue la curva del 20% annuale, e scompare con riferimento agli anni nei quali tale incremento non si registra, determinando la tassazione in base alle aliquote ordinarie dell’intero ammontare dichiarato.
Per rendere lo strumento più “appetibile”, nella prospettiva di un’emersione che potrebbe anche non essere continua secondo una percentuale prefissata, si potrebbe pensare a un’agevolazione variabile sull’incremento di reddito, con l’applicazione, ad esempio, di un’aliquota agevolata del 20% se l’extra-reddito supera il 10% rispetto al reddito netto dichiarato del periodo d’imposta precedente, del 15% se l’extra-reddito si situa tra il 10 e il 20%, del 10%, se l’extra-reddito supera il 20%, etc.
In tal modo, si potrebbe garantire anche al soggetto che fuoriesce dall’istituto uno “scivolo” in grado di attenuare l’impatto con la tassazione ordinaria, sempre nell’ottica dell’adeguamento progressivo ma definitivo, nella forma del “piano di emersione”.
note:
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Dev’essere invece decisamente rifiutata la logica dei “condoni”, che è servita, nella sostanza, più a soddisfare esigenze di “cassa” che a combattere le infedeltà fiscali, prestandosi anzi, almeno in linea di principio, alla loro perpetuazione.
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In particolare, la programmazione fiscale doveva essere introdotta “a regime” (quale istituto “normale”, alternativo rispetto alla tassazione ordinaria) in attuazione dell’art. 1, commi 499 e ss., della Finanziaria 2006; tale istituto è stato però abrogato dall’art. 37, co. 51, del D.L. 4.7.2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4.8.2006, n. 248.
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Le aliquote tornano ordinarie nell’anno X+4 perché il reddito non si incrementa più di almeno il 20% rispetto all’anno precedente.
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Il riferimento all’imponibile netto, e non a quello lordo, vale ad evitare possibili utilizzi indebiti dello strumento, operando sulle deduzioni dal reddito, e a far emergere “base imponibile” reale, e non ipotetica.