A fronte di una media nazionale attorno al 13% ci sono infatti regioni, come il Molise e la Campania, in cui l'importo delle somme compensate sfiora il 30% delle imposte, altre – come la Calabria – in cui quasi metà delle imposte che le imprese dovrebbero pagare è abbattuta dalle compensazioni. Addirittura ci sono casi – ha ammesso il Direttore dell'Agenzia – in cui vengono fatti valere crediti non indicati nelle precedenti dichiarazioni o relativi ad annualità per le quali non era stata neppure presentata la dichiarazione. Lo stesso Direttore, che finalmente ha indicato come una priorità “stroncare il fenomeno della compensazione di crediti inesistenti”, dimentica però di farci sapere per quali motivi il suo ministro si sia affrettato ad abrogare la norma, introdotta dal precedente governo, che imponeva alle imprese di comunicare al fisco con un anticipo di dieci giorni la loro intenzione di compensarsi crediti per un importo superiore ai 10.000 euro: una precauzione che da un lato avrebbe consentito agli uffici di valutare le richieste ed eventualmente stoppare quelle ingiustificate, dall'altro avrebbe funzionato come deterrente per i furbetti. Solo grazie a questa cervellotica abolizione dei controlli si giustifica, ad esempio, che persino nella più “virtuosa” Lombardia le compensazioni siano salite nel 2008 del 25,5% rispetto al 2004, mentre nel Lazio si sono addirittura impennate passando da 1,7 a 2,6 miliardi, con una crescita del 46%.
E' la stessa mentalità – come la nostra rivista ha a suo tempo denunciato – che ha portato a smantellare in blocco tutti gli altri controlli strumentali introdotti negli anni scorsi, dall'elenco fornitori-clienti, indispensabile per i controlli incrociati, alla comunicazione telematica dei corrispettivi fino ai vincoli sulla tracciabilità dei compensi. Adempimenti certo fastidiosi per gli operatori ma purtroppo indispensabili per i controlli di massa richiesti dalla patologica estensione del sommerso nel nostro paese; e la cui abolizione ha avuto il significato di un chiaro messaggio di tolleranza, un segnale che l'aria era cambiata. Del resto è difficile si possano prendere sul serio i proclami di lotta alle evasioni da parte di un governo al cui vertice siede un personaggio che non si è fatto scrupolo di dichiarare ufficialmente che quando le tasse superano un certo limite (che ognuno può, ovviamente, stabilire secondo il suo metro) rappresentano una ingiusta espropriazione, nei cui confronti difendersi con tutti i mezzi è moralmente lecito, se non addirittura doveroso. E nei quattro miliardi che come si è scoperto nei giorni scorsi mancano all'appello nelle entrate del fisco degli ultimi mesi, una buona parte sicuramente è dovuta ai tanti contribuenti – professionisti, autonomi, imprese – che hanno raccolto i suggerimenti del nostro illuminato Presidente e si sono serviti delle nuove opportunità che la sua normativa ha messo gentilmente a loro disposizione.
Istruzioni che non arrivano, lavori bloccati
Si inserisce in questo contesto l'incredibile telenovela delle agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici, messa in onda in questi ultimi mesi – regia del ministro Tremonti, personaggi e interpreti i contribuenti interessati al risparmio energetico nelle abitazioni, le ditte e gli operatori del settore – alla quale manca ancora l'atteso ultimo atto.
Vediamo di ricapitolare le puntate di questa storia tutta italiana.
Atto primo: nel quieto tran tran dei lavori per la riqualificazione energetica degli edifici, in forte crescita nell'ultimo anno anche perché agevolati tramite una robusta detrazione fiscale del 55% (con generale soddisfazione dei proprietari, delle imprese del settore oltre che dell'ambiente) si abbatte all'improvviso, a dicembre 2008, la scure del genio Tremonti. La svolta è pesante: fissato anno per anno un tetto di stanziamenti insuperabile; non sarà più possibile fruire automaticamente della detrazione ma si dovrà richiederla telematicamente con una nuova procedura basata sul silenzio rifiuto; il bonus va obbligatoriamente diviso in cinque rate anziché, come prima, in un numero a scelta fa tre e dieci; tutte queste restrizioni, con incredibile arroganza vengono fatte valere anche retroattivamente, per i contribuenti che hanno effettuato i lavori nel 2008 sicuri di poter fruire del bonus senza alcun ostacolo. Il severo provvedimento viene accolto senza distinzione di parti politiche da un coro di maleparole più forte di quello che si innalza dalle curve quando l'arbitro concede alla squadra ospite un rigore che non c'è.
Atto secondo. A settore industriale totalmente fermo, le Camere prendono atto dell'insostenibilità delle nuove scelte e si decidono a mitigarle. Per i proprietari che hanno effettuato i lavori nel 2008 rimane tutto come prima. Per quelli che intendono svolgerli nel 2009 e 2010 sono aboliti i tetti massimi agli stanziamenti e le procedure del silenzio rifiuto, rimane solo l'obbligatoria suddivisione del bonus in cinque rate. I contribuenti che intendono avviare i lavori per la riqualificazione energetica dovranno però presentare un'apposita comunicazione all'Agenzia delle entrate. In che forma, ed entro quanti giorni dal loro avvio? Questo, dice la legge, ve lo spiegherà tra poco il Direttore dell'Agenzia delle entrate, che entro il 28 febbraio emanerà un apposito provvedimento. Entro questo stesso termine un altro decreto, questa volta del ministro dell'economia e delle finanze, semplificherà la normativa sugli aspetti tecnici delle procedure riducendo gli adempimenti a vostro carico. Contenti? “Insomma”, commentano gli interessati. “Tutto sommato poteva andare peggio”. E si dispongono ad aspettare con fiducia il terzo atto della telenovela.
Atto terzo. Arriva il 28 febbraio ma di istruzioni, né da parte dell'Agenzia delle entrate né da parte del Ministero, non c'è alcuna traccia. Mah, si dicono gli interessati, ci sarà qualche piccolo intoppo. Poi si arriva al cinque marzo, al dieci, al quindici. Niente. I contribuenti che hanno iniziato i lavori o devono iniziarli cominciano ad innervosirsi. Cosa sarà successo non si sa. E' allora che il direttore dell'Uncsaal (l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende italiane del settore) prende carta e penna e scrive una letterina al Direttore dell'Agenzia e al Ministero, denunciando la grave incertezza perdurante da mesi e chiedendo notizie sui provvedimenti misteriosamente desaparecidos, “senza i quali… il mercato italiano dei serramenti, già gravemente colpito da 2 mesi di incertezza derivante dalla mancanza normativa sul 55% e dalla recessione internazionale e da una pressoché totale mancanza di propensione alla spesa da parte delle famiglie italiane, rischia un sostanziale blocco con conseguenti sofferenze delle imprese e riduzione dei livelli occupazionali”.
Alla protesta degli industriali ha fatto seguito un'imbarazzata risposta del Direttore dell'Agenzia il quale ha preannunciato l'imminente rilascio delle istruzioni e ha cercato di spargere tranquillità assicurando, in perfetto burocratese, che sarebbe stata emanata una “disciplina specifica per la fase transitoria”.. “nel rispetto dello Statuto del contribuente”. In pratica, ciò dovrebbe significare che anche chi ha iniziato i lavori nel 2009 senza poter adempiere all'obbligo di inviare la relativa comunicazione potrà egualmente fruire del bonus, ma perché non dirlo? A sua volta l'Enea ha fatto presente che i contribuenti che hanno terminato i lavori nel 2009 troveranno sul sito, a partire dal 30 aprile, le istruzioni necessarie per le comunicazioni da inviare entro 90 giorni all'Enea stesso. Così va un po' meglio, ma che dimostrazione di sciatteria delle istituzioni.
Quanto alle semplificazioni che avrebbe dovuto fare il Ministero e alle istruzioni specifiche che avrebbe dovuto dare l'Agenzia, ad oggi 28 aprile non sono ancora comparse sulla scena, la telenovela va avanti.