Cristo che si piega per sollevare accanto a sé sulla croce il corpo di un uomo intubato: questa, proposta da una vignetta di Le Monde, la migliore immagine del sentimento che univa la gente presente al funerale laico di Piergiorgio Welby. Il funerale di grande religiosità civile e umana – ma è stato bello sapere che i valdesi insieme a numerose altre confessioni cristiane si erano offerti di celebrarlo con il loro rito – di un uomo diventato ormai in tutto il mondo un'icona della battaglia per la libertà di scelta della propria vita e della lotta contro le ipocrisie. Le ipocrisie di chi anche nel giorno del funerale ha ripetuto che bisogna lasciare che la "natura" faccia il suo corso sino alla fine, facendo passare per "natura" le apparecchiature sofisticate che prolungano artificialmente una vita che altrimenti – se davvero le si fosse lasciato fare – sarebbe da tempo giunta alla fine. Le stesse ipocrisie di chi vorrebbe prolungare all'infinito l'accanimento terapeutico e si oppone al testamento biologico e all'eutanasia, fingendo di non sapere che ogni giorno nei nostri ospedali mani pietose staccano spine che prolungano la tragica sofferenza di vite ormai condannate, facendo nell'ombra, all'italiana, quello che Piergiorgio Welby e la sua compagna hanno chiesto venisse fatto alla luce del sole.
Le ipocrisie
Le stesse ipocrisie di chi si oppone all'uso del profilattico ben sapendo che con ciò si rende responsabile della nascita, in Africa, di centinaia di migliaia di bambini affetti da questo terribile male, solo perché vuole che le vite di tutti – anche i non credenti – siano vincolate per legge alle sue credenze e ai suoi dogmi. Le stesse ipocrisie di chi si opponeva al divorzio mentre intanto la Sacra Rota con la massima disinvoltura scioglieva a volontà matrimoni perfettamente validi. Le stesse ipocrisie di chi si opponeva all'aborto legalizzato e controllato negli ospedali indifferente al fatto che intanto le mammane la notte in stanze sporche con strumenti sporchi consumavano aborti clandestini.
Lo sdegno
La gente che la vigilia di Natale ha riempito la piazza S. Giovanni Bosco per onorare Piergiorgio Welby, proprio davanti alla Chiesa che gli ha rifiutato le esequie concesse invece ai sanguinari assassini della banda della Magliana – uno dei quali ha avuto perfino l'onore della sepoltura in una basilica – era riunita per testimoniare la sua riconoscenza per Welby ma anche il suo sdegno non tanto contro gerarchie religiose crudeli e insensibili quanto soprattutto contro uno Stato assente e imbelle. Uno Stato che scrive laicamente sulla sua Costituzione che i cittadini hanno il diritto di accettare o rifiutare le cure (art. 32) e poi per debolezza e mancanza di coraggio fa tutto il possibile per disconoscerlo.
Non sappiamo se e in che modo questo sentimento di sdegno palpabile nella piazza che ha dato l'addio a Welby potrà avere sbocchi politici. In un paese come il nostro ottenere che possa essere affermato il diritto al rispetto delle proprie scelte finchè riguardano se stessi e non portano danno a nessuno è ancora estremamente difficile. In confronto alla vecchia democrazia cristiana, che tutto sommato aveva un atteggiamento abbastanza liberale su queste materie, la presa delle gerarchie vaticane sulle forze politiche è oggi paradossalmente più forte, potendo contare su uno schieramento trasversale che va dai cattofascisti di An fino ai teocon di Forza Italia e via via fino agli atei devoti alla Pera e alla Ferrara e fino ai Papaboys di Rutelli e Binetti e alla fibrillazioni neoconfessionali della Turco. Ma nonostante tutto ciò, grazie agli eventi di questi giorni questa lotta ha ora maggiori possibilità di dare risultati.
Gli eroi
E quindi c'è da rendere omaggio ai tre principali eroi di questa battaglia: Piergiorgio, un uomo di grande spessore umano, che per 27 anni ha affrontato un destino ingiusto e ha detto basta quando non ne poteva più delle sue torture, e il suo basta non lo ha vissuto come un fatto personale (che avrebbe potuto essere risolto forse facilmente "all'italiana") ma lo ha trasformato in un fatto politico. Mina Welby, una piccola donna dall'apparenza fragilissima che ha trovato la forza di combattere tanti anni per assistere e sostenere Piergiorgio e farsi sostenere da lui. Mario Riccio, il medico che ha acconsentito a fare per Welby quello che lui chiedeva disperatamente e che lo Stato, i magistrati, i preti, volevano negargli. L'unico medico in tutta Italia, come ha detto Marco Pannella, ad aver avuto questo coraggio. Per questo bisogna augurarsi che non cerchino di fargliela pagare. E bene ha fatto Riccio a spiegare di essere certo di aver agito "nell'ambito di un percorso medico, giuridico ed etico pienamente legale. Anche nella sentenza del tribunale civile di Roma, del resto, è riconosciuto il diritto alla sospensione della terapia".
Una giornata di sole
E' stata una giornata di sole quella in cui Roma ha detto addio a Piergiorgio, una giornata come quelle di una volta in cui lui poteva girare libero in quello stesso quartiere Don Bosco in cui ha avuto le sue esequie, magari con una chitarra sulle spalle, amico di tutti, scambiando con tutti una parola. Una giornata come sarebbe piaciuta a lui. Lo salutiamo con l'augurio, alla Brecht, che il suo eroismo, insieme a quello di Mina Welby, di Mario Riccio, di Luca Coscioni, contribuisca a far sì che in queste materie in questo paese non ci sia più bisogno di eroi.