I Parenti serpenti a marzo al Teatro Eliseo
Parenti serpenti, mai titolo è stato più appropriato. Mario Monicelli ci ha raccontato così la storia di una famiglia italiana come tante, legata da un profondo affetto e dal piacere incondizionato di stare insieme… Fino a prova contraria. L’eccellente interpretazione cinematografica che fu di Paolo Panelli, Pia Velsi e tutto l’orginario cast del film arriva al Teatro Eliseo fino al prossimo 18 marzo con l’ottima regia di Luciano Melchionna, eccellente nel costruire delle atmosfere uniche.
L’ironia e l’amara comicità di una riunione di famiglia in cui i figli vivono il terrore di doversi occupare degli ormai anziani genitori, prende forma anche sulla tavole di un palcoscenico. Il maestro Monicelli, capace come pochi di mostrare i sapori della nostra Italia, dei nostri costumi, viene ben rappresentato da questa versione teatrale grazie alla superba interpretazione che di nonno Saverio e nonna Trieste danno Lello Arena e Giorgia Trasselli: dolcissimo l’uno, pungente l’altra, splendidi. Così come gli altri personaggi rappresentati da Fabrizio Vona, Marika De Chiara, Andrea de Goyzueta, Carlo Ferraro, Serena Pisa, Raffaele Ausiello.
Ci ritroviamo immersi nella calda atmosfera del Natale: una casetta comprata dai due gentirori con tanti sacrifici, l’arrivo pian piano di tutti i figli, chi con il coniuge e chi da solo, e soprattutto di tutti i loro malesseri. Depressione, stress, segreti nascosti, amore incontrollato per una donna fedifraga fanno da sfondo alla tavolata della festa. Tutto un baci e abbracci cui risponde un acre rovescio della medaglia. Parenti serpenti a teatro è davvero una bella sorpresa, il clima fintamente disteso descritto da Monicelli torna a farsi assoporare anche in questa versione con tutta la sua potenza. E il confronto del resto, anche se non andrebbe mai fatto, è effettivamente soddisfacente.
L’ipocrisia dei rapporti umani e ancor di più dei rapporti familiari esplode in tutto il suo clamore, irrompe e travolge anche le migliori simulazioni. Nessuno è più l’amorevole figlio, ma tutti diventanto improvvisamente, messi di fronte al rischio di una faticosa responsabilità, serpenti striscianti senza scrupoli. Il divertimento lascia il posto alla triste consapevolezza di quanto possiamo arrivare a fare, di come nessuno possa rinunciare a qualcosa per amore di qualcuno, di un genitore, e arrivi addirittura a pensare l’impensabile.
Davvero bella poi la scena praticabile di Roberto Crea: una casa che man mano si fa vedere da diversi punti di vista, ruotando su stessa, in un’ascendente clima d’attesa, quasi un climax scenografico che prepara allo sfacelo del più triste ritratto di famiglia.
Si ride e si pensa anche, in quest’opera dal sapore dolce-amaro. Bello.