Al Teatro della Cometa, con Profumo di Donna, dal 13 al 25 marzo, va in scena la poliedricità della vita e dei caratteri, abilmente incarnati da un sempre entusiasmante Massimo Venturiello, regista e protagonista della piéce, accompagnato sul palco da una valida compagnia attori, cangianti a tal punto da non riconoscerli nel succedersi dei loro ruoli: Irma Ciaramella, Camillo Grassi, Andrea Monno, Claudia Portale, Sara Scotto di Luzio e Franco Silvestri (rigorosamente in ordine alfabetico).
Profumo di Donna di Venturiello dà nuova vita al romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino, già tradotto in scena da Dino Risi con il memorabile, omonimo, film interpretato da Vittorio Gassman, negli anni più recenti rinnovato e reso famoso al pubblico internazionale dal remake americano di Martin Brest: Scent of a Woman con Al Pacino.
Le scenografie di Alessandro Chiti e i brani cantati da Tosca, insieme alle capacità della compagnia d’attori, conferiscono allo spettacolo, un’atmosfera curata nei dettagli che catalizza l’attenzione del pubblico sui dialoghi vivaci, serrati, e pregni di senso.
Venturiello è Fausto, un non più giovanissimo Capitano in pensione, offeso agli occhi durante un bombardamento in guerra. Fausto ha perso la vista ma non il suo fascino e nemmeno la sua camaleontica grinta.
Spigoloso ma autoironico, irascibile ma generoso, pervaso di cinismo, disilluso dagli altri e amareggiato dalla vita, Fausto, che ricorda non solo nel nome il Faust di Goethe, rimane un seduttore e un edonista. Egli cerca di annegare il suo mal di vivere facendosi accompagnare in un viaggio, dal nord al sud dell’Italia, da un giovane soldato in permesso premio, da lui ribattezzato “Ciccio” per lasciarlo volutamente in un anonimato indistinto che nega la possibilità di differenziarsi dagli altri e il valore del singolo.
Per il Capitano tutte le persone sono uguali, aride e grette, vermi striscianti incapaci di elevarsi dalla propria condizione e di guardare oltre. Tale personaggio è la personificazione della solitudine moderna, della disillusione esistenziale che immancabilmente conduce al cinismo e alla perdita di umanità. L’unica possibilità di sollievo, nella mescolanza tra ironia e sarcasmo, tragedia e comicità, è nel profumo delle donne, non una sola a cui concedersi fino alla fine, ma tante, per mordere la vita, senza dover svelare la propria intimità che Fausto tiene accuratamente segregata premurandosi di svalutarla con costanza.
Nonostante la cecità, Fausto, a tratti, sembra vedere quasi meglio degli altri, come se, smaliziandosi e perdendo l’orizzonte visivo abituale, avesse affinato altri sensi, istintivi, animaleschi ma, a volte, più potenti.
“Ciccio”, invece, ha gli occhi perfettamente funzionanti ma il suo cuore buono e ingenuo stenta a vedere ciò che per il Capitano, all’opposto, è evidente. Incarna, con la sua dedizione al lavoro, il suo rigore morale, la sua fiducia intatta nel prossimo e nella vita, unita all’incondizionata fedeltà alle cause che sposa, tutto ciò a cui il Capitano, ormai, non crede più.
Nel connubio tra questi due modi speculari di “vedere”, si compie un viaggio tra Torino, Genova, Roma, fino a Napoli, che, prima di tutto, è un viaggio tra ragione ed istinto, tra rassegnazione e speranze, tra valori e sentimenti, un viaggio esistenziale insomma.
Il Capitano insegnerà a Ciccio a riconoscere il Profumo di donna, quel richiamo alla vita, inalienabile, istintivo, fisico e vorace e, contemporaneamente Ciccio, cercherà di aiutare il Capitano a riscoprire la possibilità di farsi voler bene e la necessità di gettare le maschere e di scoprire le fragilità per farsi amare davvero.
L’amore e l’amicizia, cardini dell’esistenza, sono alla base del testo e i tesori di cui, entrambi i protagonisti, riempiranno la valigia nel loro viaggio.
Se Fausto, al giovane Ciccio, consiglierà di amare solo chi l’ama, nel rispetto fondamentale di se stesso, a sua volta, nel tempo, il Capitano imparerà che l’amicizia, delineata come la possibilità di avere a fianco qualcuno che ci conosce davvero e ci vuole bene lo stesso, forse può esistere davvero… E magari anche l’amore, quello vero, che, per sbocciare ha bisogno di saper valutare attentamente la natura di chi abbiamo di fronte ma anche di fidarsi e di affidarsi…
A Napoli, dove si conclude il viaggio e si comprenderà davvero il senso di questo peregrinare esistenziale, il Capitano Venturiello, con voce decisa e vivace capacità interpretativa, condurrà il pubblico alla riscoperta della capacità di “vedere”, se stessi, gli altri e il senso della vita, in modo più disincantato ma anche più consapevole.