Melchionna torna in scena con uno spettacolo che lascia senza respiro!
Procedura: modo di procedere, cioè di operare o di comportarsi in determinate circostanze o per ottenere un certo risultato (Vocabolario Treccani). Tutti agiamo probabimente in determinati momenti secondo procedure stabilite, come se ci fosse sempre un ruolo da difendere, un comportamento giusto, condiviso dagli altri… Gli altri poi, che siamo anche noi. Noi che cadiamo nello stesso diabolico meccanismo per cui nella vita bisogna fare in un certo modo, agire in una precisa maniera, amare secondo le regole.
Luciano Melchionna, un autore dalle comprovate capacità registiche e compositive, stravolge questi canoni e porta in scena uno spettacolo che lascia senza fiato. Una storia che potrebbe invero essere una delle tante, diviene con la prospettiva offerta un unicum da seguire, respirare, vivere, sentire. L’amore per le cose assenti in scena solo fino al 29 aprile all’OFF OFF Theatre è davvero un gioello senza eguali, come raramente ormai si vede a teatro. L’energia, lo scambio, l’intensità dei dialoghi, l’angelo narratore che introduce e accompagna, la colonna sonora perfetta e l’enorme cuore da rianimare al centro della scena come un’opera dello scultore Anish Kapoor: ogni singolo elemento è la chiave, il senso dell’altro.
Si parla d’amore qui e se ne parla con tutte le sfaccettature che gli sono proprie, si raccontano gli inizi e si arriva allo sfacelo della fine, quella in cui lui finalmente raggiunge la consapevolezza di un amore che non è più, che lo ingabbia e lo costringe in una forma che non gli appartiene. Lui decide di lasciarla e lo fa nel modo forse più cruento, umiliandola come donna, mettendola nella condizione di arrivare ad odiarlo: l’unica possibile per avere la forza di chiudere, una volta, per sempre, e sentirsi così libero e meno in colpa. Lei dall’altro lato urla, strepita, ruggisce come una leonessa, fino a dargli però ragione. Non si amano più in fondo, non si amano come si dovrebbe amare, come a noi tutti hanno insegnato che si debba fare.
”Lui – Piano piano, subdolamente, hai proiettato davanti ai miei occhi un ologramma cucito su misura dalla brava sartina dell’Amore, un ologramma di me da farmi indossare… e io l’ho indossato, per amor tuo! … Tutti sappiamo che finisce”. “Lei ‐ Ma che vuoi? Mi lasci disperare in pace? Fa parte del pacchetto, no? Ci siamo conosciuti, corteggiati, amati, fidanzati e ora uno dei due si dispera: io! Tocca a me!”.
In tutto c’è una procedura condivisa dunque, ogni singolo passaggio della nostra esistenza affettiva, in questo caso, deve necessariamente seguire delle regole preimpostate contro cui nessuno sembra possa fare niente. Così tutto è un percorso prestabilito da cui non si può sfuggire, l’amore è fatto in questo modo, secondo questi passaggi: l’inizio, il centro, la fine, una strada fatta per tappe imprenscindibili da cui è vietato, almeno così sembra, discostarsi. Eppure ciascuno di noi è prima di tutto, prima di essere un portatore (in)sano di regole, un individuo fatto di sentimenti diversi, contrastanti alle volte, liberi fino a che non vengono incasellati in quel grande foglio Excel che qualcuno ha costruito per noi.
Ecco L’amore per le cose assenti è soprattutto questo, un’opera d’arte capace di farci mettere in discussione, di farci fare delle domande, forse proprio quelle che tante volte per comodità preferiamo non farci, e tornare per un attimo vicini al nostro cuore molto più che alla nostra mente, nudi di fronte a ciò che siamo.
Eccezionali gli interpreti Giandomenico Cupaiuolo, Valeria Panepinto e la violinista H.E.R. tutti meravigliosamente guidati da un regista nato evidentemente per raccontare storie, ma ancor di più per creare suggestioni. Emozionante.