LA TENTAZIONE DI AURELIANO

Si sono celebrati quest'anno i quarant'anni dall'uscita di “Cent'anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez, premio Nobel per la letteratura, libro cult di almeno un paio di generazioni. In ricordo di questo evento riportiamo un breve passo del romanzo, quello in cui Marquez racconta la visita fatta dai dirigenti del Partito rivoluzionario, in guerra da vent’anni contro i conservatori, al loro compagno – il colonnello Aureliano Buendia, uno dei protagonisti del libro – per informarlo che il partito ha deciso una svolta e convincerlo ad applicarla nei territori sotto il suo controllo. Sono richieste che contraddicono, nella sostanza, tutte le motivazioni della lotta che il colonnello e i suoi compagni hanno combattuto per anni. La risposta di Buendia è sorprendente.

Gli chiedevano, per prima cosa, di rinunciare alla revisione dei diritti sulla proprietà delle terre per recuperare l’appoggio dei latifondisti. Chiedevano, poi, di rinunciare alla lotta anticlericale per ottenere l’appoggio del popolo cattolico. Chiedevano, per ultimo, di rinunciare alle aspirazioni all’uguaglianza di diritti tra figli naturali e legittimi per preservare l’integrità delle famiglie.
“Vuol dire”, sorrise il colonnello Aureliano Buendia, “che stiamo lottando solo per il potere”.
“Sono riforme tattiche”, ribatté uno dei delegati. “Per ora, la cosa essenziale è allargare la base popolare della nostra lotta. Poi vedremo.”
Uno dei consiglieri del colonnello si affrettò a intervenire.
“E’ un controsenso,” disse. “Se queste riforme sono buone, vuol dire che è buono il regime conservatore. Se adottandole riusciremo ad allargare la base popolare della nostra lotta, come dite voi, vuol dire che il regime contro cui ci opponiamo ha un’ampia base popolare. Vuol dire, in sintesi, che per quasi vent’anni abbiamo combattuto contro i sentimenti della nazione.”
Stava per continuare, ma il colonnello lo interruppe con un cenno. “Non perdiamo tempo”, disse. “La cosa importante è che da questo momento lottiamo solo per il potere.” Senza smettere di sorridere prese i documenti che gli consegnarono i delegati e si preparò a firmare.
 

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