La spiegazione di questa apparente indifferenza è semplice. I due anni passati da quella che allora appariva la primavera del centrosinistra hanno fatto perdere a noi, come a gran parte degli italiani, la fiducia in questo ceto politico preso in blocco e nella sua capacità – dall'estrema destra all'estrema sinistra – di far superare all'Italia le difficoltà attuali e quelle ancora più gravi che si profilano all'orizzonte.
Lo stesso Berlusconi sembra un sopravvissuto a se stesso. All'epoca delle passate elezioni era già una caricatura, adesso è diventato una caricatura della caricatura e sembra sempre più una sua controfigura, un teatrante da avanspettacolo messo al suo posto e incaricato di ripetere dieci volte al giorno le sue vecchie stantie battute sui comunisti, i giovani, le donne – le donne soprattutto, insieme alle sue aziende la sua eterna ossessione.
Ieri sera lo abbiamo sentito annunciare convinto che affronterà l'evasione affidando ai comuni l'accertamento della corrispondenza tra il tenore di vita e le dichiarazioni dei contribuenti e ci è venuto da piangere. Infatti è dall'epoca di Vanoni, quasi mezzo secolo fa, che si programma di coinvolgere i comuni nell'accertamento. Non ci è mai riuscito nessuno anche perché i comuni non sono attrezzati per farlo. Immaginiamo quale gigantesco apparato di polizia dovrebbero mettere in piedi comuni come Roma e Milano per accertare il tenore di vita dei milioni di loro cittadini e per capire se si concilia con le loro dichiarazioni. Roba che neanche la Stasi. E' incredibile che questo gigante dell'economia, questo statista di statura mondiale non sappia che quello che lui si propone è irrealizzabile a livello comunale e già realizzato a livello nazionale. E' incredibile che l'uomo che dovrà governare l'economia italiana non sappia che il controllo del tenore di vita ormai si fa con le banche dati digitali – l'occhio del fisco dopo l'abolizione del segreto bancario sa ormai tutto di come viviamo e cosa facciamo, ci vede perfino quando spediamo un bonifico alla nostra ex moglie – e non si può fare certo mandando i vigili a spiare nei garage per capire che macchina abbiamo o a frugare nei cassonetti per scoprire se ieri sera abbiamo mangiato caviale.
Così come è incredibile che il nostro futuro premier non sappia, quando parla di pensionati al minimo che hanno lavorato tanti anni e adesso devono essere difesi dall'aumento dei prezzi, che i pensionati al minimo sono al minimo proprio perché non hanno lavorato tanti anni. E ci vuole una faccia come quella esibita sul manifesto elettorale di Milly D'Abbraccio per dire che metterà Stanca all'innovazione perché possa realizzare l'amministrazione digitale, dimenticando che a fine 2005 il suo governo aveva comprato, naturalmente con soldi nostri, intere paginate di giornali per annunciare agli italiani che grazie al nuovo Codice tutta l'amministrazione italiana era diventata digitale. E adesso ci dice che lui e Stanca lavoreranno per raggiungere nel 2010 questo risultato che ci avevano detto di aver raggiunto nel 2005. Cose da denuncia per abuso della credulità popolare.
Ma stendiamo, caro Veltroni, un velo su questo personaggio che incarna nel modo più alto la più bassa mentalità italiana (e questo spiega, purtroppo, il suo successo) e parliamo, se permette, un po' di lei. Chi le scrive non è mai stato tra i suoi estimatori, anche se le deve riconoscere una notevole capacità di movimento. Quando lei diventò segretario del Pd scrivemmo che se questa nomina doveva avere un senso, poteva averlo solo se avesse rappresentato una rottura con il sistema scombinato di alleanze che aveva sì portato Prodi a Palazzo Chigi ma poi lo aveva inchiodato a una paralizzante politica di non governo.
E lei infatti ha compiuto una mossa intelligente scaricando gli ex alleati della sinistra radicale e poi cercando di riverniciare, in modo peraltro un po' troppo colorato e arlecchinesco alla sua maniera, la vecchia facciata del centro sinistra. Nel suo interminabile giro delle provincie ha cercato di convincere gli italiani che lei è il leader giusto per fare le riforme sociali, favorire gli investimenti delle imprese, stabilizzare i precari, aumentare i salari degli operai, gli stipendi degli impiegati e le pensioni dei pensionati, detassare gli artigiani, portare le donne al governo, ridurre la criminalità, lottare contro l'evasione mitigando gli studi di settore, aumentare la spesa pubblica riducendo nel contempo il deficit, favorire il nord est senza dimenticare il mezzogiorno.
Può anche darsi che in molti le abbiano creduto, e nessuno più di noi sarebbe felice se lunedì si scoprisse che lei ha riportato più voti del Padrone delle televisioni.
Ma ciò non toglie che a nostro avviso lei sia unfit, come dicono gli inglesi. Inadatto a governare l'Italia in un momento come questo.
In primo luogo lei ha sempre troppe idee in mente, troppi interessi da conciliare, troppe priorità da soddisfare. Lei oscilla sempre da un pensiero all'altro, da una priorità all'altra, giovani mezzogiorno scuola ricerca nord est operai industriali laici cattolici.
In secondo luogo lei è troppo creativo, e continua a credere, insieme a tutto il suo staff, che la creatività sia il dono che il Signore le ha dato per fare il bene dell'Italia. Abbiamo letto un articolo del suo alter ego e fidato consigliere Goffredo Bettini (a proposito, 150 chili, per favore si controlli) in cui presentava con grandi elogi l'ex – e futuro – sindaco di Roma Rutelli, questa autentica sciagura nazionale, come un “creativo”, e annunciava soddisfatto che nella sua squadra c'era anche un altro creativo e futuro assessore, di cui non ricordiamo il nome.
Siamo convinti che questa sua idea che un politico debba essere creativo sia in grado di produrre i peggiori disastri, e si vede da come lei ha amministrato Roma. Un politico deve essere un buon amministratore, non deve essere un creativo. I creativi si comprano, in giro ce ne sono tanti, non si mandano al governo. Se necessario un politico deve saper volare basso, magari all'altezza delle cacche dei cani o dei cassonetti dell'immondizia, non deve volare sempre tra le nuvole come ama fare lei. Deve anticipare il futuro ma senza essere visionario, come lei è spesso. Ci è capitato mesi fa di sentirla annunciare in un'intervista alla radio la sua ricetta nei confronti dell'immigrazione: lei avrebbe costruito in Romania case per i Rom e avrebbe creato là posti di lavoro per loro (in quanto tempo, come, con che risorse, non lo ha detto) e così avrebbe risolto il problema dell'immigrazione di quelle popolazioni. Affermazioni da neurodeliri, scusi la franchezza, che lei ha fatto con grande sicumera, di cui poi si è dimenticato e di cui, naturalmente, nessuno ha pensato di chiederle conto. E quante volte nelle conferenze stampa a Roma si è riempito la bocca con le parole “tolleranza zero” nei confronti di volta in volta dell'invasione degli abusivi o delle bancarelle o dei tavolini dei bar davanti ai monumenti romani. Invasione che è sempre là, e semmai aumenta di giorno in giorno invece di indietreggiare. Mentre la cementificazione della campagna romana e degli stessi spazi sinora liberi dei quartieri romani ad opera dei costruttori suoi amici è andata avanti alla grande con la sua benevola approvazione.
In una situazione tanto grave nelle infrastrutture, nella scuola, nell'università, nella ricerca, nella giustizia, Lei, caro Veltroni, è l'ultima persona adatta per prendere eventualmente le redini di un governo che avrebbe il compito di mettere in atto interventi drastici, mirati in una direzione precisa, anche impopolari. Un ecumenico come lei, che dà ragione a tutti per non scontentare nessuno, può andar bene in un periodo di vacche grasse ma non quando le scelte dovrebbero essere nette, al limite perfino dolorose. Di fronte a situazioni come quelle del degrado ambientale cronicizzato della Campania il paese avrebbe bisogno di un chirurgo, non di un estetista. E difficilmente, da quel politico fino alle radici dei capelli che è, lei avrebbe il coraggio di tagliare il ramo dell'albero su cui è seduto sfoltendo in modo duro le file troppo abbondanti della casta, riducendo le sue prebende e tagliando i suoi privilegi. Per non parlare dell'abolizione delle provincie, vezzoso slogan dei politici in vena di piacevolezze.
In verità, se avessimo potuto scegliere un candidato le avremmo preferito Bersani, certo più di lei adatto. Purtroppo in quelle primarie di pura facciata – autentico stile veltroniano – questa soddisfazione non ci è stata data. Ma può darsi che se le elezioni non le daranno quel successo che lei si attende i giochi riprendano anche nel partito democratico.
Poco da dire infine – almeno per quanto ci riguarda – sull'altra possibile alternativa di voto, quella della sinistra arcobaleno. Faticheremo a votare Veltroni ma ancor più faticheremmo a votare una nullità sul piano umano e politico come Pecoraro Scanio o un parolaio vanesio come Bertinotti.
Chi come noi è convinto che un minimo di coerenza del proprio stile di vita con le proprie idee sia una condizione inderogabile per il rispetto di sé e degli altri non può certo avere considerazione per sedicenti comunisti – per di più, sedicenti "operaisti" – che si fanno portare a Parigi con l'aereo di stato per partecipare al matrimonio della figlia di un banchiere. O che dovendo sottoporsi a un intervento si fanno ricoverare in una lussuosa clinica privata anziché in un comune ospedale. Proprio come la nomenklatura della vecchia URSS, che banchettava a champagne e caviale mentre i loro sudditi cenavano con un'aringa affumicata. Loro non ci sono più ma Bertinotti c'è ancora. Siamo proprio un paese del terzo mondo.