(11.9.09) “Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte da pazzia, morir di fame, isteriche, nude strascinarsi per strade negre all'alba di una pera di furia bramare l'antico spaccio paradisiaco che connette alla dinamo stellare nel meccanismo della notte ..che mangiavan fuoco in hotel ridipinti o bevevano trementina in Paradise Alley, morte, o si purgatoriavano il torace notte dopo notte con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti, alcol e cazzo e balle-sballi senza fine …che vagavan su e giù a mezzanotte per depositi ferroviari chiedendosi dove andare, e andavano”. Forse non è il caso di scomodare né Allen Ginsberg né Lawrence Ferlinghetti per questa generazione di movidari che si immolano sempre più spesso all'alba di notti senza senso travolti da auto di sballati più di loro o tra le lamiere di un'auto lanciata a corsa folle in un delirio di potenza e autodistruzione. Guidare a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire non è un'emozione nuova, come ci hanno insegnato due dei più grandi poeti del secolo scorso. Ma quando accade così spesso qualcuno riesce ancora a commuoversi.
di Gian Carlo Marchesini
Conosco ragazzi di vent’anni belli, svegli e intelligenti, atletici e sportivi, amanti del cinema e della musica, fieri, orgogliosi, appassionati e battaglieri. Ribollono di desideri ed energie: vorrebbero rovesciare il mondo per raddrizzarlo, impossessarsene e definitivamente conquistarlo. In effetti, a questa età, Alessandro, duemila e passa anni fa, aveva già conquistato mezzo mondo e si avviava a diventare, per la storia, Alessandro il Grande.
Ma cosa realmente può fare oggi un ragazzo di vent’anni, sveglio e intelligente, atletico e sportivo, amante dell’arte, del cinema e della musica, fiero e orgoglioso, appassionato e battagliero? Un ragazzo di vent’anni ha in corpo grinta e talento, ambizione e stoffa sufficienti a conquistare, come Alessandro, la sua parte di mondo. Ma io conosco ragazzi di vent’anni, svegli e intelligenti, ecc. ecc., che, bene che vada, ottengono di servire ai tavoli birra e pizza, o fanno i commessi alla Rinascente di Piazza Fiume, o affittano videocassette in qualche negozio sulla Nomentana. E, insieme, la notte, si scervellano sui programmi di informatica per inventare qualcosa di nuovo, qualche videogioco o fumetto, qualche sito o blog innovativo, qualche video musicale, o poetico, o ludico e sportivo che colpisca, piaccia, sia scaricato, circoli e abbia successo.
Ma cosa realmente può fare oggi un ragazzo di vent’anni, sveglio e intelligente, atletico e sportivo, amante dell’arte, del cinema e della musica, fiero e orgoglioso, appassionato e battagliero? Un ragazzo di vent’anni ha in corpo grinta e talento, ambizione e stoffa sufficienti a conquistare, come Alessandro, la sua parte di mondo. Ma io conosco ragazzi di vent’anni, svegli e intelligenti, ecc. ecc., che, bene che vada, ottengono di servire ai tavoli birra e pizza, o fanno i commessi alla Rinascente di Piazza Fiume, o affittano videocassette in qualche negozio sulla Nomentana. E, insieme, la notte, si scervellano sui programmi di informatica per inventare qualcosa di nuovo, qualche videogioco o fumetto, qualche sito o blog innovativo, qualche video musicale, o poetico, o ludico e sportivo che colpisca, piaccia, sia scaricato, circoli e abbia successo.
Conosco ragazzi di vent’anni che si arrovellano nel cercare di capire come dare senso a sé stessi e un contributo creativo al mondo, e si destreggiano tra esami da dare in extremis come bottiglie con dentro un messaggio da affidare alle correnti del mare, e lavoretti per tirare su qualche soldo, e tentativi di realizzare video, e scrivere racconti, e creare fumetti, e comporre cd musicali e book fotografici da seminare come Pollicino nelle tenebre del bosco, nelle strade del labirinto della vita per non perdersi troppo presto e del tutto.
Conosco ragazzi di vent’anni che non vogliono sprecarsi o vendersi, non vogliono mortificarsi o perdersi, ardono anzi dalla voglia di sentirsi utili, sperimentare e regalare al mondo una loro presenza viva, sentirsi apprezzati nelle attività di una squadra. E per questo sono pronti a impegnarsi a fondo, a darsi senza riserve, in sintonia con le idee e le persone giuste, alla realizzazione di un progetto degno.
E poi quei giovani di vent’anni finiscono la loro corsa all’alba di una domenica, per un bicchiere, una birra, una canna o una pasticca di troppo, a carambolare a velocità folle contro il muro di uno dei lungotevere bagnati per la condensa dell’umidità notturna. Non hanno completato gli studi, non hanno avuto briciola di riconoscimento alcuna, nessun barlume di gloria per la loro brama di affermazione professionale e artistica. Se hanno amato, hanno amato poco e poco si sono fatti conoscere e amare. Non sono diventati protagonisti di alcunché né artisti affermati in qualche campo: bene che vada, solo qualche volta, forse, ombre sul muro sfumate e, su un set anonimo, anonime comparse.
Rende molto di più spacciarsi o spacciare, fingere e dissimulare, prostituirsi e far prostituire, vendere coloranti e additivi, alcol e droga, moto e macchine che funzionano come bombe a orologeria magnificamente programmate per pirotecnicamente esplodere.
Conosco ragazzi belli, svegli e intelligenti, atletici e sportivi, amanti dell’arte, del cinema e della musica, fieri e orgogliosi, appassionati e battaglieri. Alle cinque del mattino di una domenica sul lungotevere d’Assia, ardono per qualche minuto come torce. E a fantasticare del giovane Alessandro Magno e di voglia di creare e trasformare e conquistare, che a vent’anni potentemente ispira, è rimasto qualche inguaribile romantico rincoglionito come me.