(8.12.09) Per gentile concessione del sito elettroni pubblichiamo la cronaca politica (in romanesco, visto il grande revival dei dialetti sotto la spinta delle componenti della Lega più vicine al post-strutturalismo alla Baudrillard) dei prossimi dieci anni. Anni straordinari, che giustamente saranno ricordati come i "roaring tens" di questo secolo e che ci hanno offerto eventi mirabolanti. Lasciandoci, alla fine, come Don Falcuccio. Siamo lieti di poterne dare un'anticipazione. P.S.: diversi lettori ci hanno chiesto notizie dell'autore di questi scritti. Diciamo che sono evasioni dalla seria attività di informatico svolta professionalmente da Michele Diodati, uno dei massimi esperti italiani di accessibilità dei siti Internet. Tra le sue opere, il libro monumentale “Accessibilità: guida completa”, ediz. Apogeo, Milano 2007, pag. 650. Insieme a lui scrivemmo per l'editore Buffetti, nel 1997, “Internet per le pubbliche amministrazioni”.
Cenni storichi di Michele Diodati su li fatti principali capitati nell'anni 2010-2020. Overo come che semo 'rivati a l'attuale spartizzione politica der teritorio itajano
Riassunto della prima, della seconda e della terza puntata.
Proprio all'inizio del 2010, la scoperta di tre container carichi di escort di tutti i sessi, droga, armi pesanti e dvd pedofili destinati ai personaggi più in vista della società provocò uno scandalo di proporzioni enormi. Caduto il governo e incarcerato lo stesso Silvio Berlusconi, l'intera classe politica, di destra e di sinistra, fu spazzata via. Nel giro di pochi mesi il Paese era allo sbando, senza governo, senza Presidente, senza Parlamento, senza più partiti politici. Non si sapeva né come né dove trovare una nuova classe dirigente. Ma finalmente, nel 2012, il malcontento cominciò a far sorgere nelle persone la voglia di unirsi per trovare nuove forme di associazione e di governo del territorio. Cominciò Roma, dove la Chiesa prese in mano le redini della città, e Benedetto XVI nominò governatore un certo sconosciutissmo Don Ciccio, che con molta energia e ottimismo cominciò a rimettere le cose a posto. Anche le tasse furono ridotte. In cambio i romani furono costretti ad accettare un governo confessionale e fondamentalista di tipo islamico. Non c'era più nessuna libertà di pensiero o di culto, gli atei rischiavano il rogo. In compenso, tutti i vizi che erano proibiti pubblicamente si praticavano privatamente. Non migliore era la situazione del Mezzogiorno, governato dalle mafie, i cui capi riscuotevano direttamente l'Irpef. La Lombardia e regioni limitrofe, che si erano salvate grazie alla loro industriosità, erano diventate una Repubblica fondata sul razzismo. Le altre regioni si erano costituite anch'esse alla meglio in Comunità autonome; tra tutte, quelle di Toscana, Umbria, Emilia, Marche erano forse quelle meglio organizzate, dove c'erano meno sperequazioni e più coesione sociale.
'A quistione dâ lingua
Trascorzero così arcuni anni e s'arivò ar 2015, che ormai l'Italia unita nun esisteva più da cinque anni e cominciaveno a vedessi li primi segnali de divessificazione tra 'e varie comunità locali.
Pe' dì n'esempio, ce fu 'a questione dâ lingua. Pe' campanilismo, ogne teritorio e reggione autonoma cambiò a poco a poco 'a lingua itajana, modificannola secondo er dialetto locale. Ne li scambi co' ll'artre zone d'Italia se mantenne – armeno a l'inizzio – l'uso de l'itajano comune, ma nê scritture destinate ar popolo locale se cominciò a sostituì 'e forme «classiche» co' quelle locali.
A Roma, tanto pe' dì, se cominciò a scrive li verbi troncanno 'a desinenza: "scrìve", appunto, 'nvece che "scrivere". Certe lettere doppie, che a Roma nun s'usaveno, scompavvero: se cominciò a scrìve "guera" 'nvece che "guerra". Se scriveva "teribbile" e no "terribile" et cetera. Artre doppie ch'a Roma s'usaveno, fûrno 'nzerite a l'inizzio dê parole, pe' cui se scrisse "ggiorno" 'nvece che "giorno", mentre che a Napoli 'a stessa parola se scriveva "juorno".
Sto processo de modificazzione dâ lingua continuò pe' vvari anni, sicché oggi – quasi mezzo secolo doppo – siamo ar punto che li pischelli che 'mpareno a scrìve l'itajano de Roma nun capischeno 'na mazza de l'itajano che scriveno, pe' dì, a Venezia o a Genova. E viceverza.
E nun è solo 'na questione de parole. Pure 'o stile dâ scrittura s'è annato modificanno. L'itajano de Roma è 'na lingua rilassata, diretta. 'E cose che uno cià da dì, 'e scrive paro paro, senza fà giri de parole: pane ar pane e vino ar vino, come se dice. E pure co' quarche mala parola, a bombisogno, si serve pe' rinforzà li concetti.
Si 'nvece se devono da dì cose scientifiche, l'itajano dialettale nun basta più e, qui a Roma, s'adopera er latino: tot capita tot sententiae, sic transit gloria mundi, ordo et conexio rerum idem est ac ordo et conexio idearum, et cetera et cetera.
Se semo capiti…eh?
Er ritorno de' Berlusconi
Mentre che tutta l'Italia diventava 'n'ambaradan de paesi, città, campagne federate o 'ndipendenti, quarcuno tramava ne l'ombra pe' riprendesse er potere che aveva dovuto da lascià quarche anno primma. Stamo a parlà de Sirvio Berlusconi, libberato da li suoi scagnozzi dâ priggione segreta de Castel Sant'Agnolo verzo 'a fine der 2013.
Ritornato a Milano, er Berlusca – assetato de potere più che mai doppo tre anni de astinenza – riprese rapidamente er comando der suo 'mpero. Fattose arrivà dâ Svizzera e dar Lussemburgo quarche decina de mijardi che teneva sepellita drento a li forzieri dê banche, cominciò a usà sta montagna de sordi pe' ffà quô che aveva sempre fatto: comprà 'e perzone, ciascuna 'n base ar zu prezzo e ar zu valore.
Doppo 'na bbona flebbo a base de mijardi, l'òmini de Berlusconi ereno pronti a l'opera. 'E televisioni sparaveno spot pubbricitari h24, spieganno a li telespettatori de tutto er Paese che l'anni bui staveno pe' finì, che Sirvio Berlusconi era tornato più fico che mai, che presto avrebbe riunificato l'Italia, portanno lavoro, ricchezza e felicità a tutti (tranne, oviamente, che a l'odiati comunisti). Li ggiornalisti fûrno lubbrificati a pioggia, così che bbona parte dî ggiornali se mise a martellà li lettori co' 'a stessa propaganda dê televisioni. Er «Berlusconi libberatore» campeggiava su centinaia de manifesti 6×3, che tapezzaveno tutte 'e città da Trieste fino a Mazara der Vallo.
A l'inizzio der 2015, er Berlusca lanciò 'a fase finale der zu proggetto pe' riconquistà er potere. Se trattava de fasse vedè de perzona dâ ggente, traverzando 'a penisola e l'isole da norde a sudde, facendo comizzi 'n tutte 'e città e li teritori che ciaveveno 'na propia autonomia politica.
Se trattava 'nanzi tutto de ottenè li permessi pe' ffa' sti comizi. Permessi che sembraveno mooolto difficili da ottenè, dar momento che serviveno dichiaratamente pe' distrùgge l'autonomie locali. E quâ politico po' esse' cossì fesso da volè 'a propia fine? Eppure, quanno ce stanno li sordi de mezzo… Come sempre accade drento a sto Paese, fu solo 'na questione de prezzo. A la fine, li comizzi fûrno autorizzati tutti e Berlusconi cominciò quella che s'era 'mmaginato come l'ennesima sua cavarcata trionfale. Sempre Cavaliere era…
Er comizzio de Napoli
Successe però quarcosa de compretamente 'mprevedibbile: li comizzi nun ebbero l'esito che Berlusconi e li suoi s'aspettaveno. E no pe' mancanza de partecipazzione popolare, anzi. A Napoli, er Berlusca parlò dinnanzi a 'na Piazza Plebbiscito ricorma de armeno treccentomila perzone, presenti pure li massimi diriggenti der sistema criminale che governava 'a città. L'attenzione era tutta pe' lui.
Così Berlusconi cominciò n'aringa dê sua:
Carissimi napoletani! Noi siamo il popolo che ama, gli altri – che non nomino, perché portano sfiga – sono il popolo che odia! Proprio stamattina mi hanno portato gli ultimi sondaggi. Una cosa imbarazzante: sono al 95% di gradimento. Io vi prometto col Sole in tasca che, se voterete la riunificazione d'Italia (e non ho nessun dubbio che lo farete), il mio governo, in meno di un anno, vi porterà una ricchezza e un benessere che non avete mai sperimentato. Creeremo undici milioni di nuovi posti di lavoro. Ripristineremo la moneta unica. Daremo una pensione anche ai figli dei pensionati, di almeno 2000 euro al mese. Creeremo cinquanta nuovi poli industriali. La magistratura non darà più fastidio a nessuno. Manderemo in pensione i giudici in servizio e aboliremo la carriera stessa di giudice: questa professione sarà infatti del tutto inutile in una nazione in cui vi saranno solo felicità e concordia. Per stimolare l'economia legalizzeremo l'evasione fiscale e il falso in bilancio fino al 100% del fatturato. Le tasse le pagheranno soltanto i comunisti e i parenti dei comunisti, fino al terzo grado. Abbiamo in mente grandiose opere pubbliche da realizzare entro i prossimi 180 anni, e stabiliremo che sarà lecito far lievitare i prezzi degli appalti fino al 5000% dell'offerta iniziale, garantendo in questo modo introiti immensi a tutto l'indotto, camorra e politici corrotti in primis. Finanzieremo queste opere col debito pubblico, ma non temete! Ci sarà sempre qualcun altro che pagherà in futuro al vostro posto. Noi siamo gli apostoli e gli alfieri della Libertà! Napoletani, fatemi sentire la vostra voce! Alzi la mano e gridi «Sì» chi è d'accordo con me! Alzi la mano chi vuole far parte della nuova e splendida Italia Libera che abbiamo in mente!!
Sembraveno l'argomenti ggiusti pe' accénne l'entusiasmo dâ ggente. 'N fonno, si c'era quarcosa che accomunava l'abbitanti de sto Paese da l'Arpi a l'Appennini, quella era er disprezzo dâ legge, 'o schifo pe' ogne regola, er piacere de fregà 'a robba che nun t'appartiene, 'a libbidine de' truffà' er tu prossimo, l'appagamento che nasce da l'aricchisse a danno de l'artri e der bene pubbrico.
Quanno che Berlusconi finì de parlà, ce fu 'n lungo momento de silenzio. 'N fremito percorse 'a piazza ricorma de mijara de perzone. Ma ecco l'imprevisto: nun se trattava de applausi. E' mano da ggente – è vero – se moveveno ritmicamente, ma solo p'accompagnà 'e maledizzjoni che cominciaveno a fioccà a l'indirizzo de l'oratore. 'E cronache de l'epoca riporteno arcune dê rimostranze der popolo (me devo dà scusà pê male parole, ma se tratta de istoria, e l'istoria se deve da raccontà cossì come successe):
Omm' 'e mmerd'! Sfaccimm'! Chiavic'! Càntero! Latrina! So 'cchiù 'e vint'ann' che ce 'mbruogl'. Ce simm' scucciat' 'e sentì' bucìe. Tu pienz' sulamente 'e cazz' tuoje. Stevem' scharz' a fetijent'! Nun ce serve 'o lavoro. Tenimme già tutt'cos'. Tenimm' 'a camorra, 'o contrabbando, 'e puttane, 'e travestit', 'a drog'. Vattenn' affancul' aro' sì venut'!
'A rabbia der popolo nun se placava co' 'e maledizzioni. Così, a le 'nvettive, cominciò a far seguito 'n fitto lancio de ortaggi e de frutta: pomidori, cespi de 'nzalata, mele, manderini, aranci fracichi volaveno a razzo verzo er parco, mentre che 'e guardie der corpo faceveno scudo a Berlusconi, paralizzato sotto 'o schermo gigante, che – ner frattempo – continuava a trasmètte immaggini e musiche trionfali. Finiti l'ortaggi, 'a ggente 'nferocita nun sapeva più che doveva da lancià sur palco: chi buttava l'imbrello, chi 'e scarpe, chi li pezzi d'asfarto che arcuni aveveno cominciato a staccà da tera. A sto punto li gorilla solevarono er Berlusca de peso e 'o trasportôrno ar sicuro, mentre che ancora sacramentava contro a sti napoletani 'ngrati, «stronzi e certamente comunisti».
Ma pecché 'a ggente aveva reaggito de quâ maniera? Li studiosi de pissicologia pènzeno che ce fu 'na sola reazzione ma du diverzi moventi: er primo era quello de li cammorristi, che nun voleveno cède er potere a n'artro prepotente; er secondo era quello dâ ggente sfruttata dar sistema, che voleva ggiustizia, ma no pecché era ggente ggiusta: solo pecché stava de sotto… e aveva capito che co' Berlusconi de sotto sarebbe rimasta.
Er comizzio de Roma
Er Berlusca era 'n vincente e nun se rassegnava facirmente. Penzò che 'e contestazioni de Napoli ereno state 'n'incidente de percorzo e che er grande comizzio de Roma – organizzato propio 'n Piazza San Pietro grazzie a li bboni uffici der suo maestro de ceremonie, l'eterno Gianni Letta – sarebbe finito co' 'n grandissimo e meritato trionfo.
Er ggiorno der comizzio, er Cavaliere aringò n'a folla immenza co' straordinaria convinzione, sfoderanno er mejo der zu repertorio: er Sole 'n tasca, er popolo che ama contro ar popolo che odia, er 95% de gradimento, 'a pessecuzione giudiziaria, 'e toghe rosse, 15.000 peqquisizzioni subbìte, 15 mijoni de documenti sequestrati a l'azziende sua, li comunisti cojoni, 11 mijoni de novi posti de lavoro, più penzioni più televisioni e più pubbricità pe' tutti, er federalismo fiscale, nun se mettono 'e mano nê tasche dî cittadini, ammorte 'a par condicio, l'eletto der popolo, l'unto der Signore … evvìa cossì pe' du ore bbone, mentre che 'a ggente ascortava 'n zilenzio e pareva quasi che trattenesse er fiato pe' nun fà perde' a concentrazzione a l'oratore.
Ma poi, finito finarmente er discorzo, s'arzò a l'improviso dar popolo n'urlo disumano, iescito dâ gola de n'omo de na cinquantina d'anni, co' 'e mano 'a 'mbuto davanti aâ bocca p'amprificà' er sono: «A fregnacciarooooo!!»
Silenzio assoluto.
L'istesso ch'aveva appena urlato se guarda n'pochetto 'ntorno, se aggiusta mejo 'e mano a 'mbuto e lancia 'n artro urlo, ancora più disumano der primmo: «A grannissimo cazzarooooo!!»
Er Berlusca, che stavorta s'aspettava solo applausi scroscianti, stava ancora fermo sur parco cor soriso da dumila denti stampato 'nfaccia, paralizzato da sti du epiteti urlati a scuarciagola, che lui, nonostante che fosse milanès, aveva subbito afferato.
Ma nun ce fu tempo de penzà 'na risposta. Come 'na bottija de sciampagna stappata, dar popolo convenuto esplose 'na contestazione violentissima, condita dî più iripetibbili epiteti, dî quali citiamo pe' ddecenza solo arcuni, cossì come ce sono stati tramandati daê cronache der tempo:
A Berlusco', ciai 'a faccia com’er culo! Tu ce voj cojonà, ma noi te famo 'n bucio de culo ccosì! Vviè cqua, a fijo de ‘na mignotta! Possi campà quanto ‘na scureggia! A li mortacci tuaaaaa! Possin’ammazzatte, grandissimo paraculo! A li mortéééé! Ma che davero davero? Ma de che?!
Er tumulto annò avanti pe' du' ore bbone, pure doppo che l'immancabili guardie der corpo – stavorta veramente necessarie – s'ereno portate via de peso Berlusconi, paonazzo 'n viso che pareva 'a viggilia de 'n coccolone.
L'«Esercito delle Libertà»
Er Cavaliere tentò quarche artro comizzio 'n giro pe' ll'Italia, ma je disse male pessino a Milano, 'ndove li «Và a dà via i ciapp!» e li «Va a dà via el cü!» diluviârno drento piazza Duomo fitti come l'acqua de 'no sgrullone estivo.
'A fine er Berlusca comprese d'aver perzo er favore popolare. Nun era stato manco l'affare de li contàinere a ffà disamorà 'a ggente (anzi, molti se n'ereno ggià dimenticati), quanno piuttosto er disincanto maturato 'n zèguito a le urtime esperienze.
Doppo 'a dissoluzzione dô Stato unitario, l'itajani aveveno toccato er fonno: s'ereno trovati faccia a faccia co' li guai che nascheno quanno che tutto, a comincià dâ politica e dâ 'mministrazzione, sta' 'n mano a ciartroni, corotti, fregnoni, maneggioni, bidonatori, cravattari, cazzari, fregaroli, mandruconi, 'mbrojoni e mezze carzette. Mò nun serviveno più promesse, ma fatti. E siccome che Berlusconi li fatti li faceva, ma ereno sempe li sua, 'a ggente nun era più disponibbile a fasse 'ntortà.
Ma er Cavaliere nun era tipo da rassegnasse. Decise cossì che er potere, che je 'nteressava armeno quanto li sordi, se 'o sarebbe preso co' 'a forza.
Detto fatto, fece arrivà dâ Svizzera e dar Lussemburgo n'artra barca de mijardi e ll'usò pe' costruisse n'esercito privato, quasi fosse 'n Cesare Borgia de li tempi moderni, solo 'n pochetto più anziano (er Berlusca viaggiava ormai verso li ottanta, anche se era sempe er mejo fico der bigonzo).
L'esercito, prontamente 'ntitolato Esercito delle Libertà, fu dotato de li «mejo» armamenti russi, forniti direttamente da quer gran sòla de Putin: 'na caterva de bombardieri Ilyushin DB-3, scampati aâ Seconna Guera Mondiale. Ma quer ggenio der russo je vennette l'aerei co' l'aggiunta de 'n regalo de quî che nun se ponno rifiutà: n'intero vagone feroviario pieno de mignottoni ex-sovietici (istruiti a ffà casino cô scopo preciso de nun fà capì subbito che li bombardieri ereno l'istessi dâ Seconna Guera Mondiale).
'A strateggia bellica fu affidata a li ggenerali Scajola e Schifani, che diedero compiti precisi aê tre divisioni disponibbili. 'A divisione Ghedini-Pecorella aveva er compito de sfinì li nemici a botte de cavilli legali su 'e regole d'ingaggio. 'A divisione Capezzone li doveva ammazzà co' ll'arma neurologica: 'na serie 'nfinita de cazzate, sparate a ciclo continuo da artoparlanti potentissimi, puntati verzo er campo nemico.
Ma 'a vera arma de distruzzione de massa era 'a divisione Bondi, fatta de sordati votati ar sacrificio dâ vita, nerboruti transe brasiliani sempre strafattissimi de coca capitanati da 'na certa Natalie. Più tosti e fedeli de l'istessi spartani, marciaveno 'mplacabbili contr'ar nemico, e a ogne passo de marcia urlaveno 'n verzo poetico de Bondi, che era er loro peana. 'N córpo de stivale e 'n verzo: sbràmm, «Vita assaporata», sbràmm, «Vita preceduta», sbràmm, «Vita inseguita», sbràmm, «Vita amata», sbràmm, «Vita vitale», e così via fino a che finiva 'a poesia e ricominciaveno da capo. Se sbriciolaveno li ponti ar loro passaggio.