IL PAESE SI IMPOVERISCE, GLI SPECULATORI ARRICCHISCONO

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Comprare e rivendere azioni, ecco il vero affare. E per di più esentasse
di Franco Climber


Stagnazione, crescita zero, o addirittura recessione: se ne discute ma è certo che il Paese sta fermo. E stare fermi, mentre l’economia a livello mondiale continua a crescere, sia pure in modo molto differenziato tra Paesi e tra aree geografiche, significa andare indietro.
Mentre tutti gli indicatori volgono al rosso solo due voci in Italia si presentano con il segno positivo: gli utili dei monopolisti e i guadagni degli speculatori di borsa.

I monopoli. Eni e Enel si impinguano grazie al boom dei prezzi petroliferi, Telecom grazie al boom dell’uso dei telefonini, ormai penetrati perfino nella fascia dei bambini dai dieci ai dodici anni che passano il tempo a telefonarsi tra loro, dimostrazione evidente – secondo il nostro Presidente del Consiglio – del grande benessere di cui tutti noi godiamo. La rendita delle società telefoniche, che offrono privatamente un servizio pubblico a prezzi altissimi e con gelido disprezzo nei confronti dei consumatori è arrivata a un punto tale che perfino l’Antitrust si è sentita obbligata a intimare loro una riduzione del 20% delle tariffe fisso-mobile. Ma c’è già in arrivo un ricorso al Tar, e non si sa come finirà…
Intanto, come è stato denunciato al recente convegno per il decennale delle rivista Interlex, lo scarso progresso della banda larga, anche questo dipendente dalla politica negativa dei gestori telefonici, contribuisce a tenere il nostro Paese in posizione arretrata rispetto ai suoi competitori. La situazione attuale, pur essendo in crescita, è ancora sotto la media europea ed in particolare il 73% che di chi è connesso non è in grado di utilizzare servizi sulla propria connettività, mentre al 25% di chi utilizza connessioni a banda larga viene garantita una velocità che è minore di quella di un modem analogico.
Ma ciò che vi è di peggio, è che mentre diminuisce l’incentivo a investimenti produttivi, aumenta per converso l’incentivo all’investimento finanziario. A livello di grandi operatori/speculatori, ovviamente, ma anche di piccoli redditieri, che trovano facili opportunità di guadagno inseguendo le iniziative dei raiders.

Le plusvalenze. Nelle economie capitalistiche le scalate ostili rientrano nelle regole del gioco, contribuiscono spesso – anche se mosse da intenti speculativi – a razionalizzare l’assetto dell’economia. Parafrasando Popper, si può dire che se è vero che democrazia politica significa poter mandare a casa i gestori dello Stato, democrazia economica significa poter mandare a casa i gestori delle imprese. Con tutte le riserve implicite in slogan di questo tipo, perché se è difficile licenziare un governo inefficiente, è ancora più difficile licenziare dei padroni inefficienti, per riprendere il titolo di un fortunato libro del giornalista Massimo Mucchetti. In verità non sono mai i piccoli azionisti, sono sempre i padroni che si licenziano tra loro. La regola è acquistare il controllo di un’azienda possibilmente a spese dell’azienda stessa, o grazie ai capitali messi generosamente a nostra disposizione da una banca di cui siamo tra gli azionisti di riferimento – e scagli la prima pietra chi è privo di qualche conflitto di interesse.
Così abbiamo piccoli guadagni di acquisto e rivendita di pacchetti azionari come per esempio i 1.148 milioni di euro provenienti dal risiko sulla BNL, dei quali ben 255 sono andati a Gaetano Caltagirone, entrato un anno fa in BNL su consiglio – fa sapere Il Mondo – del massimo responsabile della nostra Autorità di regolazione bancaria. In fondo è il lavoro di un anno, sono soldi guadagnati. Certo che piacerebbe anche a noi che un giorno o l'altro il Governatore a vita dell'Istituto di emissione ci facesse una telefonata per dirci: “Caro Franchino, perchè non ti compri un bel 2-3 per cento della Banca dell'Umbria e del Lazio? Per i soldi non ti preoccupare, puoi andare dove vuoi, magari dalla stessa banca, lì c'è di sicuro una linea di credito per te”. Gli manderemmo volentieri un bacio in fronte ma purtroppo a noi non ci chiamerà mai, chissà perchè.

Tanti soldi tutti esentasse. In ogni caso, plusvalenze del tipo di quelle realizzate da Caltagirone con BNL sono tutt'altro che infrequenti in questa fase di grandi rigiri finanziari. Per limitarci a qualche esempio possiamo citare Luigi Giribaldi, l’ex patron della Traco, che nel ’98 realizza una plusvalenza di 250 miliardi di lire con la vendita del 20% della Cir, e di altri 70 con gli scambi sul capitale della Snia. Tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005 18 imprenditori vicini alla BPL di Fiorani – riferisce il rapporto della Consob – ricevono dalla Banca 552 milioni di euro con cui acquistano quasi il 10% del capitale Antonveneta mentre altri 12 amici del banchiere ricevono 291 milioni per acquistare un altro 4,75% di azioni sempre della Antonveneta, che rivendono alla stessa BPL realizzando una plusvalenza del 25%. Un guadagno di oltre 70 milioni in pochi mesi. E non saranno certo da meno i realizzi degli immobiliaristi, a cominciare da Ricucci, grazie alle scalate di cui si sono resi protagonisti. Perché se l'incursione ti va male, rivendi comunque guadagnando. E quello che è più bello, è che grazie alla riforma Tremonti si tratta di guadagni esentasse. Queste sì che sono attività da incentivare fiscalmente. Altro che impiantare uno stabilimento e far lavorare operai.
Forse non è ancora ben chiaro alle nostre forze politiche che continuando a privilegiare gli investimenti finanziari speculativi non si fa altro che spingere più in basso il nostro settore industriale. Mentre i soliti noti riempiono le loro casseforti, preferibilmente estere, di un sempre più lauto bottino.

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