(9.2.09) Non è vero, come molti dicono, che stasera è morta Eluana Englaro. Eluana era morta diciassette anni fa, quella notte del 18 gennaio '92 in cui un terribile incidente spense per sempre la sua capacità di pensare, di parlare, di sentire, di piangere, di sorridere, trasformandola in un vegetale. Non è vero che qualcuno l'ha uccisa oggi, fu una macchina maledetta che la uccise alle porte di Lecco mentre ritornava da una festa. Stasera mani pietose l'hanno solo aiutata a sfuggire finalmente alla sua interminabile agonia. Lei – lo aveva detto tante volte ai genitori e alle amiche – non avrebbe voluto che il suo corpo, incapace di difendersi, venisse torturato per anni con il pretesto di “aiutarla”, non avrebbe permesso che la tenessero con la forza in uno stato che non aveva più niente a che vedere con la vita come lei la concepiva e l'avrebbe voluta.
Invece persone arroganti si sono impadronite del suo corpo e non l'avrebbero più voluto lasciare. Medici, sacerdoti e politici si sono appropriati di quella materia inerte che portava il suo nome e su di essa avrebbero voluto continuare ad esercitare per altri diciassette anni la loro falsa pietà.
Invece persone arroganti si sono impadronite del suo corpo e non l'avrebbero più voluto lasciare. Medici, sacerdoti e politici si sono appropriati di quella materia inerte che portava il suo nome e su di essa avrebbero voluto continuare ad esercitare per altri diciassette anni la loro falsa pietà.
Eluana stasera non è morta, è stata liberata. E finalmente liberato è stato suo padre. Da tanti anni conosciamo Beppe Englaro, abbiamo sempre rispettato il suo coraggio di agire alla luce del sole rifiutando le vie traverse che tanti gli consigliavano. Ogni notte nei nostri ospedali – solo gli ipocriti fingono di non saperlo – mani pietose mettono fine, staccando la spina, a vite ormai condannate. Anche nelle sale di rianimazione, come ha mostrato uno studio dell'Istituto Mario Negri, il 62% dei decessi sono provocati da un intervento attivo del medico definito «desistenza terapeutica», cioè uno stop alle cure che potrebbero essere considerate un accanimento terapeutico e che non ha nulla a che vedere con l'eutanasia.
Beppe Englaro non ha scelto soluzioni “facili” e neppure ha voluto portare la figlia ad essere aiutata a morire in Svizzera, ha rivendicato testardamente in tutti questi anni il diritto-dovere di dare esecuzione alla volontà di Eluana di non essere sottoposta ad accanimento. Ancora più testardamente gli si è opposta la Chiesa cattolica, che presidia con le unghie e con i denti il monopolio sui fondamentali passaggi degli esseri umani – la nascita e la morte – perché su di essi fonda il suo potere terreno, e non ammette che vi siano degli umani che intendono decidere liberamente del loro modo di vivere e morire.
Ma quello che getta una grande ombra di tristezza su queste giornate non è la ben nota posizione della Chiesa, non è la sua pretesa, anch'essa purtroppo ben nota, che i propri valori siano trasformati in valori erga omnes grazie alle leggi dello Stato, quanto il fatto che la tragica vicenda di Eluana sia stata usata dai vertici del governo per aprire un nuovo fronte politico: per polemizzare con una figura di ben diverso spessore morale come il Presidente della Repubblica e tentare di metterlo in difficoltà, per vomitare il loro livore contro una Costituzione che non gli consente di spadroneggiare come vorrebbero e ripromettersi di cambiarla, per accreditarsi presso le autorità vaticane come “guerrieri religiosi” che mettono in campo perfino i carabinieri pur di non dare esecuzione a una sentenza della Cassazione. Così presentandosi davanti alla stessa Chiesa e all'opinione pubblica come i puri e duri difensori della vita. Un ruolo singolare da rivendicare da parte di uno che notoriamente ha fatto abortire la moglie al settimo mese. Ma lasciamo stare queste miserie. Resta il fatto politico, resta la ormai dichiarata volontà di mettersi sotto i piedi grazie alla forza dei voti – con la stessa arroganza di Brenno che butta la spada sulla bilancia – il delicato bilanciamento di pesi e contrappesi consacrato dalla nostra Costituzione “staliniana”. Arroganza che fa luce sui rischi, ora veramente reali, di una deriva autoritaria del nostro sistema democratico. Già domani ci auguriamo arrivi una prima risposta.
(10.2.09) (Nota: l'osservazione conclusiva alludeva alla manifestazione indetta dal PD a Piazza Santi Apostoli per martedì 10 febbraio, poi annullata per rispettare il lutto per la fine di Eluana)