Senonché, per ragioni tuttora misteriose, mentre tutti gli altri pagamenti risultavano regolarmente accreditati, due – e precisamente quelli di novembre e dicembre 2008 – non figuravano nel sistema informativo della Gerit, come venni a sapere quando, nel febbraio scorso, mi recai alla sede romana di via Cristoforo Colombo per saldare il sostanzioso aggio dell’esattoria e farmi rilasciare un documento che attestasse l'estinzione del debito. Lo sportellista mi negò questo attestato ma si fece comunque una fotocopia dei due bollettini promettendo che avrebbe fatto fare delle ricerche.
Queste ricerche o non sono state mai fatte o – se fatte – non hanno prodotto alcun risultato. Tant'è vero che quando a marzo mi recai una seconda volta alla Gerit la situazione non era cambiata. Anche in quell'occasione l'addetto allo sportello si fece copia dei miei bollettini e mi assicurò che avrebbe fatto fare le dovute ricerche. Ma quando ad aprile mi recai per la terza volta alla Gerit non era cambiato nulla, al terminale i miei pagamenti risultavano solo fino a ottobre 2008, dei quasi 1800 euro pagati tra novembre e dicembre non c'era alcuna traccia.
E, incredibilmente, non ce n'era traccia neanche ai primi di maggio, quando tornai nuovamente in via Cristoforo Colombo, sobbarcandomi anche in questa occasione le solite ore di coda oltre al viaggio in treno dal piccolo centro dove ho il domicilio. Neanche è servito aver speso ore per contattare l'irraggiungibile numero verde di Equitalia 800.422.687; alla fine accettai il consiglio dato da una voce registrata di lasciare un numero telefonico, sarei stata richiamata. Cosa naturalmente mai avvenuta. Fallimentare anche il tentativo di risolvere il problema via e-mail: dall'indirizzo serviziocontribuenti@equitaliaonline.it mi hanno risposto chiedendomi di mandare un fax con la mia situazione e con la fotocopia di un mio documento – necessaria per ragioni di privacy – all'attenzione dell'operatore n. 11, cosa che io feci il 28 aprile 2009. Dopodiché silenzio totale, continuato anche dopo una mia successiva mail di protesta in cui minacciavo anche un'azione legale per il risarcimento dei danni. Il fantomatico “Operatore n. 11” non la prese minimamente in considerazione.
Per far comprendere meglio il mio problema devo chiarire che l'attestato di avvenuta estinzione del debito da parte della Gerit mi serviva perché richiesto dall'Inps per poter procedere alla ricostituzione della mia pensione. Niente attestato, niente ricostituzione.
In questa storia, egregio Direttore, due cose mi hanno riempita di stupore:
- come mai un'amministrazione informatizzata – e recentemente riformata – non è in grado, a distanza di mesi, né di registrare pagamenti regolarmente effettuati sul suo conto corrente postale né di accertare il motivo della mancata registrazione;
- come mai gli impiegati allo sportello della Gerit, ai quali avevo tutte le volte esibito gli originali delle ricevute dei versamenti, non abbiano potuto prenderne atto, sia pure salvo buon fine e con tutte le riserve del caso.
Fin qui siamo nel campo della mala burocrazia. Siamo entrati invece nel grottesco quando la funzionaria dello sportello 31 di Via Cristoforo Colombo – che è quello, a quanto ho imparato, al quale si viene indirizzati dagli altri sportelli quando c'è da risolvere qualche caso particolare – avendo visto la mia irritazione e preoccupazione (avevo bisogno di quell'attestato e non avrei voluto tornare a Roma una quinta volta per ottenerlo) ha cercato di venirmi in aiuto. “Non posso prendere per buone le sue ricevute”, mi ha detto. "Però le dò un consiglio, anche se so già che lei non lo accetterà. Paghi le due rate che non risultano al terminale e io le rilascio subito la quietanza”.
Già, le ho detto. E perché dovrei pagare due volte 1800 euro – ammesso che li abbia?
“E' vero, li paga due volte, però poi, quando il nostro sistema registrerà le rate che ha già versato, gliele rimborsiamo”.
Non sapevo se ridere o piangere. La ringraziai e me ne andai, francamente disgustata. Ore e soldi spesi inutilmente, quattro giornate perse per niente. Annozero, caro Direttore, non è il titolo di un programma di Santoro, è lo stato della nostra amministrazione.
(Lettera firmata)