UN PAESE DIVISO A META’ E LA MAGGIORANZA A DESTRA.
UN ALTRO BLUFF DI BERLUSCONI
Non è vero che Berlusconi, come usa dire anche scrivendo
ai Capi di Stato esteri, ha avuto il 50,2% di voti, e che alla Camera il
distacco dell’Unione è di soli 20.000 voti. E neppure è vero che il Paese
sarebbe diviso a metà per la prima volta, lo è si può dire da sempre.
Berlusconi ha governato, e cercato di fare e disfare l’Italia, con meno del 45%
di suffragi. Prodi adesso ha il 50,2 e il centro destra grida al colpo di Stato
se nomina suoi rappresentanti nelle istituzioni. Se fa, cioè, quello che
Berlusconi ha fatto tranquillamente con minori suffragi. Grazie all’aiuto di
transfughi (Tremonti, Grillo) e di senatori a vita
Articolo di Gino
Nobili
La patetica lettera dell’ex premier, così gustosamente
commentata da Antonio Biavati su queste pagine (LINK A: index.php?option=com_content&task=view&id=200&Itemid=1)
contiene per l’ennesima volta il tormentone del 50,2% dei voti che avrebbe
avuto il centrodestra alle ultime elezioni, per cui il Paese sarebbe spaccato,
il centrosinistra non avrebbe il diritto morale di governare e tanto meno di
eleggere i Presidenti delle Camere e della Repubblica. La tecnica è nota in
Comunicazione: si fa un affermazione apodittica, non importa se fondata, e la
si ripete all’infinito fino a che non diventa luogo comune. E’ vecchia come il
mondo, ma dall’uso massiccio che ne fa da almeno 12 anni l’ex premier proporrei
di intitolargliela ad honorem, e chiamarla da ora in poi TB, “Tecnica
Berlusconi”. La TB
per funzionare richiede naturalmente il dominio sui mezzi di comunicazione di
massa, in particolare la televisione, dominio che il Nostro si è assicurato ben
prima di entrare in politica ed è riuscito a mantenere ed anzi ad espandere sia
quando stava al governo che dall’opposizione. Speriamo non stavolta.
Proviamo a vedere il bluff partendo dai dati ufficiali delle elezioni politiche
2006.
UNO SGUARDO INDIETRO
Proviamo adesso a dare uno sguardo ai risultati delle elezioni tenute sinora
con il sistema maggioritario, e cioè a partire dal 1994.
Per costruire le tabelle
ci siamo basati esclusivamente sui dati ufficiali dei votanti, dividendo gli
elettori sui due fronti a prescindere dal meccanismo elettorale (il cosiddetto
“Mattarellum”).
Già ad un primo superficiale sguardo si può affermare che, se siamo “un Paese
spaccato a metà” non lo siamo da oggi, ma almeno dal 1996. Il 1994 aveva visto invece
un Paese spaccato in tre grazie alla miopia proprio del maggior promotore del
sistema maggioritario, quel Mario Segni che prima spinse in tale direzione poi
si presentò con una propria coalizione “di centro” che consegnò l’Italia in
mano a Berlusconi. Di fatto, il Patto Segni allora andò all’opposizione, ed il
centro-destra – ben lungi dall’avere con se il 50% dei voti validi più uno –
fece allora quello che rimprovera al centro-sinistra adesso, cioè nominare
nella propria parrocchia tutto il nominabile (il Presidente della repubblica
non potè perché già in carica). Tuttavia, nel nostro conteggio non assegniamo
il Patto a sinistra, cosa che renderebbe gli antiberlusconiani dell’epoca
largamente maggioritari, perché molti suoi esponenti poi sarebbero andati a
costituire l’area centrista del Polo. Anzi, alcuni di essi furono determinanti
per dare al primo governo Berlusconi la fiducia al Senato. Tra questi il ben
noto amichetto di Fazio e di Fiorani, Senatore Grillo – eletto con Segni e
passato a Forza Italia, come peraltro lo stesso Tremonti – e i senatori a vita.
Un po’ peggio di quanto viene adesso rimproverato all’Unione, che sia pure di
poco una maggioranza al Senato ce l’aveva anche prima di chiedere il voto di
fiducia, e non ha avuto bisogno di campagne acquisti notturne.
LA LEZIONE DELL’ELEZIONE
La lezione di quel voto fu chiara: data una legge elettorale, le coalizioni si
devono organizzare di conseguenza, se no le elezioni si perdono. Capito tutti?
Mica tanto: perso l’appoggio della Lega, il centro-destra si presenta alle
elezioni del 1996 diviso e consegna in mano al centro-sinistra un Paese non
spaccato a metà, ma largamente di animo destrorso. Guardiamo i numeri: si
fossero presentati assieme al maggioritario, o anche solo ci fosse stato un
semplice proporzionale, i partiti di centro-destra nel 1996 avrebbero avuto una
maggioranza consistente. Lo stesso discorso, ma capovolto, si può fare nel
2001: Rifondazione fuori dalla coalizione di centro-sinistra consegna un Paese
largamente orientato a sinistra in mano ad un Polo che non si fa nessuno
scrupolo di approfittare della situazione per ridisegnare l’Italia a suo
piacimento, pur rappresentandone meno del 45%.
Tornando a oggi. Se consideriamo che la base dell’elettorato di
riferimento è quella della Camera (chi vota al Senato vota alla Camera ma non
viceversa, per via delle diverse età d’ingresso all’elettorato attivo), il
governo Prodi, con il suo 50,01 per cento, gode del maggior consenso preventivo
mai avuto da un governo nell’Italia democratica. Non è poco, bisognerebbe
cercare di non sprecarlo.