UNA PROPOSTA PER RIDISEGNARE LA CURVA DELLE ALIQUOTE MARGINALI DELL’IMPOSTA PERSONALE SUL REDDITO

curva

La riforma Tremonti sarà rivisitata, a partire dal secondo modulo, per motivi di gettito ma anche per eliminare alcune sue incongruenze, in particolare per quanto riguarda gli strani salti di imposta che si verificano in determinati casi al crescere del reddito. In questo articolo viene presentata – e largamente approfondita sul piano tecnico – una proposta per una nuova curva delle aliquote marginali dell'Irpef, che ha il pregio di consentire facilmente, per il legislatore fiscale, di aumentare o ridurre la pressione tributaria traslando la retta delle aliquote, ovvero di aumentare o ridurre la progressività modificando l’inclinazione della retta (e di conseguenza modificando l’aliquota iniziale e/o quella finale). Le modifiche sarebbero meno dirompenti sulla situazione di singoli contribuenti e più rispettose del dettato costituzionale della progressività del sistema tributario di quelle che si sarebbero verificate, a parità di gettito, qualora fosse stato introdotto il sistema – previsto dal precedente governo ma fortunatamente non attuato – ispirato alla flat rate tax (due sole aliquote , del 23 e 33 per cento). Un sistema che oltre a calpestare il principio della progressività avrebbe creato irrazionali disincentivi al lavoro a causa della discontinuità delle aliquote. (Nota: le opinioni espresse dagli Autori non impegnano la responsabilità delle Istituzioni di appartenenza).
Articolo di Francesca Gastaldi e Giancarlo Salvemini
 
Negli ultimi anni l’analisi positiva sulle imposte personali sul reddito si è orientata a privilegiare una struttura delle aliquote più proporzionale che progressiva e a una semplificazione del sistema tributario. Riforme effettuate all’estero si sono mosse in questa direzione. Una realizzazione, piuttosto spinta, di questo modo di pensare si sarebbe potuta avere in Italia se fosse stata attuata la legge 7 aprile 2003, n. 80 (legge delega per la riforma del sistema fiscale). Tale riforma, si ricorda, si incentrava sulla previsione di due sole aliquote, 23 per cento per i redditi fino a 100.000 euro e 33 per cento per quelli sopra tale soglia. La progressività sarebbe stata definita attraverso deduzioni e una soglia di esenzione1.
 

Un primo modulo di riforma fu attuato con la legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002), un secondo modulo con la legge finanziaria per il 2005. Il 7 aprile 2005 è passato il termine per dare attuazione alla delega. Il passaggio dalla struttura attuale a quella a due aliquote prevista dalla legge delega, a parità di altre caratteristiche dell’imposta (deduzioni e detrazioni), avrebbe determinato una ulteriore perdita di gettito di circa 11.5 miliardi di euro2. I ripensamenti che vi sono stati circa i tempi e le modalità della riforma possono essere collegati alla situazione dei conti pubblici e ai costi stessi della riforma.
Con la presente nota, che riconosce la validità di tali ripensamenti, si vuole fornire al lettore (o al decisore politico) materiale per una scelta riguardante le caratteristiche (progressività e aliquote) di un nuovo sistema di imposizione personale dei redditi. In particolare, si illustra una proposta metodologica di riforma del sistema delle aliquote che presenta:

  1. analoghe caratteristiche di semplicità della citata legge delega (una volta superato l’impatto immediato dato dalla diversità del sistema), sia nella prima attuazione sia nelle eventuali successive modifiche
  2. l’eliminazione di salti nella progressività dovuti alle aliquote marginali, pur preservando il principio della progressività.

La proposta si basa sul sistema tedesco, che presenta aspetti di eleganza formale (e quindi semplicità) e applicazione efficiente della progressività (tale da eliminare i salti di progressività collegabili ai passaggi dei diversi scaglioni di reddito); questi miglioramenti potrebbero essere attuati, anche senza modificare gli effetti in termini di gettito del sistema attuale.

Il sistema attuale
Il sistema in vigore dal 2005 ha determinato un appiattimento della curva delle aliquote marginali rispetto alla situazione ante 2003. Per aumentare la progressività dell’imposta è stata introdotta, a prescindere dalle caratteristiche personali del contribuente una deduzione di 3.000 euro che determina un livello di esenzione per lo stesso ammontare; la deduzione è poi decrescente in funzione lineare del reddito fino ad annullarsi per i redditi superiori a 29.000 euro. Le aliquote medie e marginali effettive e quindi la progressività effettiva dell’imposta si modificano poi per effetto delle deduzioni di lavoro e personali familiari e delle deduzioni e detrazioni per diversi oneri sostenuti dai contribuenti. L’interazione delle deduzioni decrescenti con la struttura nominale delle aliquote marginali determina alcune aliquote marginali effettive più elevate di quelle nominali e in alcuni casi superiori rispetto a quelle di redditi maggiori3; si veda, per un lavoratore dipendente senza carichi familiari la fig. 1.

 
Fig. 1
CONFRONTO TRA LE ALIQUOTE MARGINALI VIGENTI IN ITALIA E IN GERMANIA
Lavatore dipendente senza carichi familiari

figura 1


Fonte: Elaborazioni proprie
 
La riduzione del numero di scaglioni viene generalmente presentata come una semplificazione; in particolare, l’adozione di uno scaglione iniziale molto ampio può rendere più semplice l’applicazione delle ritenute alla fonte. Su questo aspetto, la riforma dell’Ire pur riducendo gli scaglioni ha previsto un meccanismo per la deduzione di base piuttosto complesso il cui calcolo rimane a carico del contribuente; inoltre, l’aliquota minima del 23 per cento non è collegata ad alcuna ritenuta alla fonte. Si può poi osservare che con un numero ridotto di aliquote produce degli innalzamenti istantanei delle aliquote marginali (nell’Ire a regime sarebbe esistito un salto di aliquota di 10 punti tra il primo e il secondo scaglione). In quei punti è massimo il disincentivo al lavoro.
Nella letteratura economica si tende a sostenere che le distorsioni sulle scelte individuali derivanti dalle imposte siano connesse più alle aliquote marginali che a quelle medie. Tuttavia, l’utilizzazione di più aliquote marginali permette una maggiore flessibilità del sistema che può essere più facilmente modificato per ottenere l’allocazione desiderata del prelievo tra i diversi contribuenti.
Nella imposta flat rate, un certo grado di progressività (richiesto anche dall’art. 53 della Costituzione) viene ottenuto grazie alle esenzioni e alle deduzioni: tuttavia alcuni potrebbero desiderare che non solo le aliquote medie, ma anche quelle marginali debbano essere più elevate per i redditi più alti. In generale, poi se si vuole mantenere un certo grado di progressività può essere necessario utilizzare un livello di esenzione troppo elevato che può non essere sostenibile dal lato del gettito.

Il modello tedesco di determinazione delle aliquote marginali
Una scelta diversa è stata fatta nell’ambito del sistema tedesco, dove con la riforma non si è rinunciato a una sostanziale riduzione della aliquota marginale massima (in pratica, dal 48,5 per cento del 2002 al 44,3 per cento per il 2005 per i redditi superiori a 52.000 euro), ma si è mantenuto un certo grado di progressività per i redditi compresi tra l’aliquota minima e quella massima. Il sistema di progressività tedesco, unico nel panorama dei paesi europei, si basa sulla applicazione di una formula che determina una aliquota marginale nominale (ed effettiva) che cresce in funzione lineare del reddito4. Oltre la soglia di esenzione dal reddito, pari a circa 7.500 euro per tutti i contribuenti, le aliquote variano sulla base di tre scaglioni. Nel sistema tedesco per i redditi di lavoro è prevista una deduzione costante e per tutti i livelli di reddito, per cui l’aliquota marginale nominale coincide con l’aliquota effettiva (per un confronto si veda la fig. 1).
In generale, fissata la esenzione iniziale dell’imposta, spesso denominata no-tax area (NTA)5, e l’aliquota minima teorica (tm) per i redditi imponibili (X) compresi tra la no-tax area (NTA) e il reddito (XM) stabilito per l’aliquota marginale massima (tM), si determina una funzione quadratica del debito di imposta (T); in pratica il contribuente può calcolare il suo debito d’imposta sulla base della seguente formula:

T1(X) = (aY+tm)Y = aY2+tmY
dove Y = (X – NTA) e tm e a sono parametri costanti che definiscono rispettivamente l’aliquota minima effettiva e la pendenza (2a) della curva che rappresenta l’aliquota marginale al crescere del reddito6. L’aliquota è costante per i redditi superiori a XM.

Un esempio di riforma
La proposta di riforma qui presentata come esempio utilizza il modello tedesco per la definizione delle aliquote marginali nominali (in pratica si è interpolata con una retta l’attuale distribuzione delle aliquote marginali, tenendo conto della distribuzione per classi di reddito del gettito). Nel passaggio da un sistema a scaglioni alla progressività continua, a parità di gettito, è inevitabile un certo grado di redistribuzione del prelievo tra diversi contribuenti. A titolo di esempio, per mantenere invariate le altre caratteristiche dell’attuale sistema, l’aliquota minima è stata fissata al 20 per cento e quella massima, per i redditi superiori a 75.000 euro, al 45 per cento. In questo modo sono stati limitati sia gli effetti redistributivi sia la perdita di gettito (pari a circa 1 miliardo di euro)7. Con riferimento ad un lavoratore dipendente (senza carichi familiari), il sistema vigente e l’esempio di progressività continua (EPC) proposto sono rappresentati nelle figg. 2A e 2B.

 
CONFRONTO TRA LE ALIQUOTE MARGINALI E MEDIE: SISTEMA VIGENTE E EPC
Lavatore dipendente senza carichi familiari
Fig. 2a
figura 2a
 
Fig. 2b
figura 2b
Le aliquote marginali medie hanno un andamento crescente al crescere del reddito anche se l’adozione dell’attuale meccanismo delle deduzioni continua a produrre sulle classi di reddito più basse (fino a 33.500 euro) aliquote marginali effettive più elevate di quelle su classi di reddito maggiori. Il sistema della progressività continua se applicato sul sistema di deduzioni e detrazioni (personali, ulteriori da lavoro e per oneri) attualmente vigente in Italia non eliminerebbe le specifiche distorsioni sulle aliquote marginali effettive esistenti.
 
TAV. 1
CARATTERISTICHE DEL SISTEMA VIGENTE E DELL’EPC
tavola 1

Fonte: elaborazioni Awaretax
 
Gli indicatori relativi alla progressività dell’imposta proposta sono riportati nella seconda colonna della tav. 1 e messi a confronto con quelli del sistema vigente. Nel nostro esempio di progressività continua, l’aliquota marginale media effettiva è lievemente superiore a quella vigente e quella media è inferiore di due decimi di punto, in coerenza con la variazione di gettito prodotta dalla simulazione. La tav. 2 illustra l’andamento delle aliquote e della variazione di gettito tra le diverse classi di reddito complessivo. Circa l’85 per cento dei contribuenti (fino a 25.000 euro e tra 40.000 e 80.000 euro) gode di una riduzione di aliquota media; le classi tra 25 e 40 mila euro subiscono un lieve incremento pro capite del debito di imposta, mentre un aumento più consistente e riservato ai contribuenti nelle classi di reddito più elevate. Le aliquote marginali medie hanno un andamento crescente più regolare, anche se l’adozione dell’attuale meccanismo delle deduzioni continua a produrre sulle classi di reddito più basse (tra i 20.000 e i 35.000 euro) aliquote marginali più elevate di quelle relative a classi di reddito superiori.
 
TAV. 2
ALIQUOTE MARGINALI E MEDIE
tavola 2

Fonte: elaborazioni Awaretax
 
Da un punto di vista redistributivo, il passaggio dal sistema vigente alla progressività continua esemplificata produce un miglioramento dell’indice di redistribuzione (in rapporto al Gini pre-imposta) che passa dal 6,6 per cento al 6,8 per cento (la riduzione è anche più ampia se misurata rispetto al reddito familiare, commisurato alla composizione della famiglia stessa), grazie all’effetto progressività che più che compensa la riduzione dell’effetto aliquota media.
In seguito a una esplicita scelta politica, con il sistema proposto si potrebbe facilmente, dal punto di vista tecnico, aumentare o ridurre la pressione tributaria traslando la retta delle aliquote, ovvero aumentare o ridurre la progressività modificando l’inclinazione della retta e di conseguenza modificando l’aliquota iniziale e/o quella finale. Le modifiche sarebbero meno dirompenti sulla situazione di singoli contribuenti e più rispettose del dettato costituzionale della progressività del sistema tributario di quelle che si potrebbero verificare, a parità di gettito, con un sistema ispirato alla flat rate tax, senza creare indesiderati disincentivi al lavoro attraverso la discontinuità delle aliquote.
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NOTE
  1. Il modello di riferimento dell’Ire è la flat rate tax che prevede un numero limitato di aliquote (nel modello estremo una sola) e una progressività realizzata attraverso deduzioni, generalmente universali, dall’imponibile a cui sono associati i principali vantaggi in termini di efficienza di questo sistema. La riforma, tuttavia, si è allontanata da questo modello teorico e dalle sue proprietà di efficienza in quanto, per ragioni principalmente di gettito, in base alla delega, le deduzioni sono commisurate ai soli redditi più bassi. Il rischio quindi della adozione a regime del modello dell’Ire sarebbe stato quello di un sacrificio sia in termini di gettito (la perdita complessiva, inclusi i primi due moduli di riforma, sarebbe vicina ai 23 miliardi di euro) sia di capacità redistributiva dell’imposta personale senza che vi fosse un significativo miglioramento dal lato della efficienza e della semplicità del sistema.
  2. Le diverse proposte di riforma e le relative perdite di gettito sono simulate utilizzando un modello di micro simulazione (Awaretax) che utilizza i dati dell’indagine sui redditi delle famiglie della Banca d’Italia del 1995. I dati sono stati riportati al 2003 sulla base dell’andamento dei redditi nel periodo considerato. La simulazione dei sistemi d’imposta è stata quindi effettuata con riferimento al 2003. Per una descrizione del modello, si veda F. Gastaldi e P. Liberati, Imposte e redistribuzione in Italia, in “Distribuzione, redistribuzione e crescita: gli effetti delle diseguaglianze distributive”, a cura di G. Garofalo e A. Pedone, Franco Angeli, 2000.
  3. In generale l’aliquota marginale è data da rapporto tra la variazione del debito di imposta e la variazione del reddito. Nella nostra analisi l’aliquota marginale nominale viene definita rispetto alla base imponibile e coincide con la scala di aliquote definita nella legislazione; l’aliquota marginale effettiva è invece definita rispetto al reddito complessivo del contribuente (che corrisponde alla definizione del reddito fiscale prima delle deduzioni).
  4. In teoria l’imposta complementare progressiva, vigente in Italia dal 1925 al 1973, era similare. Di fatto, in un mondo in cui non erano diffusi né i computer nèi calcolatori tascabili, il contribuente invece di utilizzare una formula faceva riferimento a tabelle che consideravano un certo numero, discreto, di redditi ai quali si arrotondava il reddito effettivo.
  5. La no-tax area è pari alla deduzione iniziale concessa a tutti i contribuenti, le altre deduzioni specifiche personali (per la produzione del reddito, per carichi familiari, altre) sono introdotte in seguito (inserite in X) e non incidono sulla formula.
  6. L’aliquota marginale è definita dalla derivata dell’imposta rispetto al reddito: dT/dX=2aY+tm
  7. Le formule per il calcolo del debito d’imposta per la proposta sono:
    se    0 < X < 75.000    T(X) = (166,67Y + 2.000)Y ove Y = X / 10.000
    se    X > 75.000    T(X) = 0,45Y – 9.375.    

    Nelle formule X rappresenta la base imponibile al netto della deduzione iniziale comune a tutti contribuenti, pari a 3.000 euro, delle deduzioni specifiche per i lavoratori dipendenti (4.500 euro), per i pensionati (4.000 euro) e per i lavoratori autonomi (1.500 euro), nonché di tutte le altre deduzioni (familiari e altro) specifiche di ogni contribuente.

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