Prima della concretizzazione delle riforme, in politica si mettono gli accenti sulle “a”.
No, no, non è un errore, sono proprio gli accenti sulle “a”.
Il Senato è il contenitore principale dell’accentazione. Infatti i riformatorissimi riformisti sono inchiodati sul punto dell’immunità, che sta diventando un po’ il problema che affligge l’Italia dopo il traffico.
L’immunità, che esiste da sempre e che non viene reintrodotta come qualcuno vuole far credere, ha subito una modifica rispetto al passato: inizialmente i parlamentari non potevano avere nemmeno indagini a carico senza il voto della camera di appartenenza. Era la famosa autorizzazione a procedere, che dal 1993 da famosa diventa famigerata, essendo cambiato il senso delle buone intenzioni iniziali di garanzia del libero esercizio dell’attività politica, cambiamento che ha portato alla sua abolizione. L’indagine, infatti, oggi può avvenire senza passaggio alle camere, così come l’arresto in seguito a condanna definitiva. L’immunità attuale, su cui il velocismo rifomista ha deciso di riflettere a lungo, è limitata al mantenimento della possibilità di utilizzare intercettazioni telefoniche indirette -quelle di terzi in cui i membri del Parlamento abbiano preso parte- e alla carcerazione preventiva.
Collegato a questa “à” c’è il problema dell’elettività del Senato. L’inchiodata qui riguarda la promozione a senatori di alcuni consiglieri regionali e sindaci, che diventerebbero “immuni” a discapito dei colleghi delle assemblee locali o, in caso di eliminazione dell’ immunità, diventerebbero figliastri rispetto ai deputati. Tutto questo proprio quando il Paese sta terminando di dilungarsi sull’ altra “a” accentata, quella riguardante l’ex senatore evasore Berlusconi. No, non solamente alla ineleggibilità mi riferisco, ma anche alla sua sfrenata sessualità al centro dell’attuale processo giudiziario da smaltire; in questo caso non si può parlare propriamente di un’ inchiodata, ma di imputtanamento dell’iter e, considerato il protagonista, il termine è adeguato. Staremo a vedere come finirà a tal proposito la attesissima, messianica riforma della giustizia e dei suoi tempi infiniti. E tra tutte queste filosofiche lungaggini sulle tronche, a troncarsi sono quelle riforme necessarie a risolvere le accentate problematiche che interessano di più: precarietà e povertà, facendo perdere l’accento sulla credibilità.