E’ sicuramente deprimente un Teatro dell’Opera di Roma senza un’ orchestra stabile, ma le responsabilità credo debbano essere ripartite. Il Teatro con 25milioni di debiti, che prevede una diaria di 190 euro al giorno per gli orchestrali, anche senza essere ragionieri di stato, fa pensare che stia andando oltre le sue possibilità. I “tutori della cultura” che, quando hanno visto una proposta di riduzione della diaria a 160 euro, hanno storto il naso, non ritenendoli a questo punto sufficienti per mangiare, potevano considerare la rinuncia a qualche ostrica, senza temere un rischio di denutrizione. Il sindacalista pro sciopero e pro proteste, recentemente licenziato, poiché scoperto dagli ispettori dell’ Opera ad aver timbrato il cartellino al posto della moglie assente durante le rappresentazioni a Caracalla, poteva immaginare che non stesse rendendo un gran servizio ad un teatro allo stadio terminale.
L’ ex sovrintendente Catello de Martino, fratello della moglie del sindacalista timbratore compulsivo, sotto la cui gestione sono state compiute delle spese ritenute eccessive dalla Corte dei Conti, la quale ha aperto un’ inchiesta per chiarire la questione, poteva già considerare la possibilità di ridefinizione dei costi, piuttosto che arrivare al punto attuale. Al momento che qualcuno ha cominciato a ventilare “bamboli, non c’è una lira”, i sindacati hanno deciso di ridurre i concerti, mantenendo inalterati gli stipendi, ma i paraocchiuti sindacalisti potevano far rientrare nel loro campo visivo il problema della produttività ridotta rispetto ai costi. L’ alternativa quale doveva essere? Gravare ancora sul bilancio con altri debiti, fino alla chiusura definitiva del Costanzi?
Leonardo Masucci