Vanno ora in scena i due sinodi
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Vanno ora in scena i due sinodi

I due sinodi che si stanno tenendo in questi giorni sulla famiglia hanno un sapore di pantomima. C’è il Sinodo, quello con la “S” maiuscola, che ha sede in Città del Vaticano, con garante Bergoglio, che punta a superare la tradizione e vuole avvicinarsi ad un nuovo concetto di famiglia, nonchè aprire alle coppie di fatto; poi c’è il sinodo con la “s” minuscola, con garante Alfano, che lotta contro le voci “moderniste” della società e cerca di difendere la famiglia tradizionale, pur strizzando l’occhio alle unioni civili per le coppie gay.

Il Sinodo (Bergogliano) cerca in questa occasione di dimostrare che la Chiesa sta cambiando e comincia ad avvicinarsi a quella parte di società dei fedeli, che non riesce e mai è riuscita a vivere cattolicamente, pur sentendosi  “clerical style”. Scoprire che molti gay sono cattolici (e molti sono anche sacerdoti), che molti divorziati, sempre più in aumento, continuano a sentirsi vicini all’ Eucaristia, non poteva far continuare il cammino dei rappresentanti del potere ecclesiastico su una strada che li portava a chiudersi nei palazzi del divin potere.

Il sinodo di Angelino, divenuto competente in pari opportunità, mira a riavvicinarsi al potenziale elettorato che gli sta sfuggendo ogni giorno di mano. In un momento in cui i  mille colori dell’arcobaleno Pascale, la gay friendly di Forza Italia, schieramento sempre più in calo di consensi, fanno più notizia dello scomparso leader Berlusconi, l’Angelino non poteva lasciar cadere l’occasione nel vuoto di farsi garante dei valori di una destra disorientata e dichiarare la sua esistenza, parlando alla società degli elettori, difensori del  matrimonio uomo donna (anche se conferma la sua capacità di affiancarsi sempre a chi lo offusca meglio).
Adesso aspettiamo i vescovi che puliscano piazza San Pietro dalle cartacce prima della domenica e Alfano che si faccia promotore della raccolta firme per la reintroduzione della messa in latino. Che s’ ha da fa pe convince la società.

 Leonardo Masucci

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