I social network non si limitano ad essere un’occasione per sfidare a candy crush l’amico, il conoscente o il conosciuto e altre volte lo “sconoscente”(nel senso di prossimo a perdersi di vista) o lo sconosciuto, che però, per aumentare il numero di amicizie e quindi la propria autostima, si inseriscono nel villaggio degli amici immateriali.
Non servono a recuperare vecchi compagni di scuola, poichè se non li si vede per trent’ anni un motivo ci sarà, anche solo il semplice e legittimo disinteresse a ricordare chi erano quel grembiule e quegli occhiali da astigmatico, che evidenziavano due occhi giganti, magari uno bendato, accanto al proprio banco. Non servono ad organizzare nostalgiche pizze di classe decenni dopo, che, tempo tre uscite, illuminano su come al di fuori dei mi piace o degli auguri con tanti punti esclamativi non c’è proprio niente da dirsi; e non sempre si usano solo per lavoro, come piace dire agli intellectual chic quando giustificano la loro presenza su Facebook o Twitter e ne tacciono l’ampio cazzeggio.
Sono complici della nuova mania “asocial” di uscire con le persone e non guardarle nemmeno, perché la vita privata degli eterei amici sullo smartphone che annunciano la preparazione di un piatto di pasta o che vita disgraziata e stanca abbiano, è ritenuta più interessante e solo a fine serata fanno ricordare di compiere un riconoscimento degli amici di uscita. Il social web, però, sembra violare ancora di più le nostre vite.
Secondo l’associazione Familylegal -associazione lombarda che studia il diritto di famiglia collegato col proprio territorio regionale- sarebbero sempre più frequenti le richieste di stipula di accordi pre-matrimoniali, relativi alle conseguenze che i vari Facebook e Twitter provocano nel rapporto. Due coppie su tre, richiedenti la consulenza prima di sposarsi, si informano sulla possibilità di concordare alcune clausole ostative alla pubblicazione di foto o altro materiale divulgativo privato della coppia e, per non correre il rischio di dare una botta di fiducia ai nuovi innamorati, sempre secondo l’associazione lombarda, il 45% delle separazioni in corso, sono state fortemente influenzate dalla socialità in rete e il 70% dei tradimenti nascono sul web.
Insomma la trasformazione da social network in corna network è un nuovo abuso di una buona idea, sfuggita leggermente di mano alla nostra società e che potrebbe porre il legislatore, se non di fronte alla necessità di prevedere dei patti matrimoniali all’ americana, quanto meno a considerare delle tutele per simili fattispecie.
Leonardo Masucci