Creatività e internazionalità sono il binomio che lega le due mostre temporanee che, assieme a quella dedicata all’architetto Nervi, cambieranno volto ai corridoi romani del Maxxi a partire dal 5 febbraio.
Le rassegne Sound e Silliness (suono e sciocchezze) dell’artista americano Jimmie Durham e Local Icons. East-West realizzata dalla Fondazione Alcantara, che da anni collabora con il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, hanno però in comune anche l’evocazione di luoghi e spazi astratti. Eppure, se in Durham lo spazio è totalmente astratto e basato su una sperimentazione pressoché immateriale, la materia dell’Alcantara è invece il fulcro di Local Icons e insieme il propulsore dell’immaginazione che rende possibile l’evocazione di luoghi lontani, tra est ed ovest del mondo a partire da un’icona iniziale.
Quattro sono le installazioni portate in mostra dall’artista a stelle e strisce; dieci le simboliche cabine per il giro attorno al mondo allestite da Alcantara S.p.a.
Se nel primo caso il viaggio è interiore, nelle sensazioni, nel concetto, nelle suggestioni, East-West punta invece su una sorta di sineddoche visiva: la parte per il tutto. Ecco quindi che un oggetto, un monumento, sono chiamati a diventare il simbolo evocativo della città cui la rassegna rende omaggio, cinque occidentali e cinque orientali.
Passeggiando per i luoghi dell’anima di Durham incontriamo quattro installazioni totali interamente pensate e realizzate in Italia: due video muti e due opere audio. Lì dove manca il suono è il gesto a diventare evocativo, di un augurio di pace, dell’auspicio di un linguaggio nuovo, della riflessione che da ciò che può essere usato per distruggere, possa invece nascere un’esplosione di bellezza.
Nelle opere audio invece è viva l’idea del contrasto tra fissità e mutevolezza, evocata dal suono di vetri rotti, a suggerire che tutto si trasforma e nulla si distrugge. Presente nell’installazione sonora del canto dei rondoni presso Porta Capuana a Napoli anche il tema del dissidio tra tecnologia e natura. Qui infatti il canto degli uccelli allevia il peso del fragore contemporaneo sintonizzando l’uomo su frequenze interiori e ritmi antichi.
Se Durham però lascia vuoto lo spazio e non suggerisce in apparenza connessioni tra le quattro installazioni, tanto che si viene spiazzati dall’assenza di “presenze” materiali nell’area di mostra, Alcantara invece lo riempie fittamente e lega le cabine iconiche con i fili del telefono per suggerire al pubblico la connessione tra i vari simboli di questo “villaggio-mondo”.
Di icona in icona si esplora un reticolo di probabili viaggi passando dalla Sirenetta di Copenaghen alla leggendaria fama di Bruce Lee per richiamare Hong Kong. Londra viene evocata da una serie di tubi dei colori delle linee della mitica metropolitana sospesi tridimensionalmente nel vuoto sopra una mappa che riproduce fedelmente l’intricato groviglio ferroviario che scorre nel sottosuolo cittadino.
Parigi, Amsterdam e Vienna sono le altre città europee che compaiono in rassegna, mentre per l’oriente si uniscono ad Hong Kong, Shangai con la sua tipica bicicletta, Singapore con una rilettura della statua del Merlion, Tapei con dei libri aperti a mezz’aria a simboleggiare i tetti variopinti delle case, e infine Jakarta con il Borobudur, sacro tempio buddista.
Che sia attraverso le installazioni immateriali di Durham, oppure attraverso la materia dell’Alcantara, si esce dal Maxxi con l’impressione di aver viaggiato in ogni dimensione dell’esistere. Il viaggio, interiore o fisico, è di fatto il vero fulcro di queste due differenti rassegne temporanee.