Psicosi nubifragi nella Capitale tra giovedì 6 e venerdi 7 novembre. Scattano misure emergenziali: scuole chiuse e appelli a non uscire di casa. Non siamo nella Kobane assediata dall’Isis né in Ucraina orientale; è Roma quando piove, bellezza. Esplode la polemica come al solito, ma se le cose non vanno mai bene perché non si cambia?
Il clima non sarà più quello di una volta, ma è anche l’Italia ad essere sempre uguale. La pioggia in autunno è cosa accettabile, un po’ meno la cronica ingestibilità di un Paese sempre più drammaticamente alle prese con i nodi derivanti da decenni di scempi ambientali. A Roma, c’è da dire, tali problematiche non portano con sé il fardello di tragicità che caratterizza altri luoghi devastati dello Stivale, come Genova.
Il Tevere non è il Fereggiano, il noto torrente tombato dalla follia umana nella Città della Lanterna, che sovente si riprende naturalmente ciò che gli è stato tolto. Gli argini del fiume capitolino infatti, forse perché realizzati in altre epoche, sono a prova di bomba specie nel centro storico, e trasformano le piene che altrove porterebbero morte e terrore in spettacoli turistici da guardare comodamente appoggiati ad un parapetto.
I placidi colli su cui è adagiata la Città Eterna poi, non assomigliano certo ai ripidi pendii su cui si inerpica il Capoluogo ligure. Noi romani non conosciamo questo tipo di tragedie fortunatamente, ma le farse sì.
Chi non ricorda le scene felliniane dell’ultima nevicata che paralizzò la Capitale alcuni anni fa? Con un sindaco in tenuta himalayana che balbettava di eserciti e pale. Mentre le poche auto in circolazione infierivano, con catene d’altri tempi, sull’asfalto già malconcio e sgombro da neve, senza pietà nè senso del ridicolo. Il tutto mentre gli sconosciuti spazzaneve se ne stavano parcheggiati nell’indifferenza.
Ora ci risiamo. Non ci sono inusuali fiocchi ma familiari gocce. Ma la paura che non si riesca a fronteggiare nemmeno queste prende il sopravvento. Intendiamoci, tra sopravvalutare e sottovalutare è sempre meglio la prima scelta. È la differenza tra una risata disincantata e un cupo pianto dopo un dramma.
A chi si lamenta in queste ore per l’eterna mancanza di manutenzione di strade e caditoie, tombini e scarichi, però, andrebbe ricordato che le classi dirigenti, prima che politiche, italiane non piovono da Marte, ma vengono elette. O nominate da chi viene eletto. Se le cose non funzionano non è colpa del destino, ma di chi fa finta di scandalizzarsi al bar e poi, al momento opportuno, ritorna nei ranghi. E poi di nuovo al bar.
Marco Bombagi