ALTRO CHE MELE MARCE. DOMANDE SENZA RISPOSTA SUI CARABINIERI DEL CASO MARRAZZO
(6.11.09) Si tratta di "mele marce", ha detto subito il comando dei carabinieri. Erano in quattro malavitosi (rapinatori, ricattatori, non si è ancora capito bene) più un quinto che in precedenza era stato coinvolto, dicono i giornali, in un caso di pedofilia. L'impressione è di trovarsi davanti ad un intero albero marcio, altro che mele. Ci sono però domande che finora nessuno si è posto. I carabinieri implicati nel caso Marrazzo, ha detto il fotografo che ha fatto da mediatore nella trattativa con i giornali, "giravano con grosse auto e orologi Rolex". Ed è difficile credere che la loro attività deviata abbia avuto inizio con il caso Marrazzo e si sia limitata a questo. Poiché evidentemente i loro superiori non si sono mai accorti di nulla, c'è da domandarsi che tipo di controllo veniva esercitato sulle attività di questi militari. Che rapporti fornivano della loro attività e chi li esaminava? Tutto quello che è emerso in questi giorni induce a pensare che molte cose non abbiano funzionato nell'auditing interno. Non sarebbe il caso di ammetterlo, e di farci sapere che cosa hanno da dire i responsabili? Ci poniamo queste domande perché l'arma dei carabinieri era, finora, una delle poche istituzioni italiane che godevano di una larga fiducia dei cittadini. Questa vicenda non la compromette ma le dà un brutto colpo. E invece è importante che nel generale marasma questa fiducia continui. Per recuperarla bisognerebbe però rispondere alle domande che ci siamo posti – e che si pone chiunque esamini il caso Marrazzo dal punto di vista dell'uomo della strada – in modo da rassicurarci che i meccanismi interni di controllo, dopo l'esperienza negativa di questo caso, saranno rivisti e potenziati. Non ci sembra di chiedere troppo.