Stabilmente sopra il 30% è il primo partito italiano ormai da anni. Se si sommano indecisi e schede bianche il fronte del non-voto supera potenzialmente il 50%. Una maggioranza schiacciante e tuttavia invisibile agli occhi della politica, che alla fine conta solo i voti.
Vinceranno loro ma governeranno gli altri. È il curioso destino che caratterizza chi diserta le urne. Che ci si astenga per disinteresse, ignoranza o ribellismo per “mandare un messaggio a un potere corrotto”, il risultato non cambia. Il potere, infatti, non tiene conto dei messaggi, ma solo dei voti.
Sarà così anche domenica 25 maggio quando tutto il Vecchio Continente, compreso il Belpaese, sarà chiamato a rinnovare il Parlamento europeo.
Il tema dell’astensione interessa tutti i Paesi membri, figurarsi l’Italia, dove secondo le ultime rilevazioni disponibili il fronte del non-voto, stabilmente sopra il 30% da anni, arriverebbe ora al 32%. Se a questo dato sommiamo i numeri drammaticamente alti di indecisi, attorno al 15%, più schede bianche e nulle, arriveremmo a lambire il 50% degli aventi diritto. La maggioranza assoluta.
E allora cosa fare? Votare per forza anche se non ci si sente rappresentati da alcuna delle forze politiche che si fronteggiano, sul serio o per finta? Il segno sulla scheda si mette per convinzione, si dice spesso, quindi si evince che se tale sentimento non si palesa, bisognerebbe riflettere a fondo sul da farsi. Sotto questo punto di vista non si può tuttavia non tener conto del disinteresse manifestato dalla politica verso il fenomeno dell’astensione, rilevabile in ogni talk show prima e dopo ogni elezione.
I dati del non-voto vengono liquidati con poche, frettolose battute, brevi parentesi tra un intervento e l’altro dei vari esponenti partitici ospiti delle trasmissioni dedicate. “Non si possono ignorare questi dati”, è la frase di circostanza per eccellenza ripetuta da tutti, a commento dei numeri in costante aumento di chi al seggio non va. Parole seguite puntualmente dal nulla.
In un contesto del genere la riflessione è semplice: Se non voti non esisti. Anche se resta da rispettare la posizione di chi non vede candidati o sigle meritevoli di fiducia, specie in anni bui come questi, dove la politica di certo non si è impegnata per convincere la gente a fare la fila davanti ai seggi. L’astensione frutto di un sentimento comprensibile di repulsione nei confronti della cattiva politica è in gran parte recuperabile. Basta che giungano esempi positivi ed edificanti dalle Istituzioni. Che ci vuole?
Battute a parte oggi non votare è oggettivamente inutile, perché al di là della retorica pelosa e interessata dei partiti sul “dovere di partecipare”, parole in cui non crede neppure chi le pronuncia, l’astenuto assomiglia a quel bambino che decida di abbandonare, in disaccordo con gli altri, il campo da gioco dove si sta tenendo un partita, senza però essere il proprietario del pallone e quindi, senza poterselo portare via. Semplicemente, gli altri continueranno a giocare senza di lui.
Marco Bombagi