Cos’è un attore se non un corpo prestato al servizio del regista e del pubblico? Con Bestie di scena, in cartellone al Teatro Argentina fino al 22 ottobre, Emma Dante ci regala uno spettacolo che spoglia l’attore dai propri doveri d’artista. Nessun testo da interpretare, nessun abito da indossare, nessuna scenografia con la quale interagire. In scena soltanto la vita nuda.
Per chi non ha mai avuto la fortuna di esperire la messa in scena di uno spettacolo, va detto che prima di ogni replica gli attori sono solitamente impegnati in un vero e proprio rito: quello chiamato training teatrale. Questo momento consiste nell’eseguire una sequenza di particolari esercizi preparatori di riscaldamento. Ma definirli solo tali è assolutamente riduttivo. Il training pre-spettacolo è, de facto, un vero e proprio cerimoniale e serve a predisporre l’attore, sia fisicamente che spiritualmente, a quella che sarà poi un’esperienza intensa e profonda di utilizzo dei propri reparti corpo/voce/anima.
In genere questo rituale avviene dietro il sipario chiuso o dietro le quinte e non è visibile dalla platea. In questo caso, invece, mentre il pubblico cerca il proprio posto e guarda distrattamente gli attori muoversi sul palcoscenico non sa che lo spettacolo è già cominciato.
In maniera graduale le luci si abbassano e il brusio della sala va scemando: il suono dell’intenso e soprattutto ritmato training teatrale è una vera e propria danza senza musica. Come un unico organismo che respira insieme, il gruppo di attori si muove con una precisione militare mantenendo però armonia e grazia. Continuando a saltare e ballare avverrà la sequenziale consegna dei vestiti che saranno lasciati cadere in proscenio. Gli esseri che si ritrovano nudi sul palco sono colti da improvviso sgomento e vergogna. L’attore, l’interprete, il mattatore non c’è più e ha lasciato il posto alla “bestia da palcoscenico”. Da quel momento comincerà un percorso introspettivo e profondo sulla ricerca della vera essenza e colore di ognuno di loro.
Confinati in uno spazio vuoto dal quale non possono uscire, come degli animali in gabbia, i quattordici corpi si ammassano, spingono, imitano. In quest’atmosfera da eden ritrovato, da dietro le quinte arriveranno in scena, letteralmente lanciati, degli oggetti: acqua, scope o giocattoli saranno il tramite per ritrovare quelli che sono gli istinti primordiali come il gioco, la lite, la danza, l’amore. Man mano che lo spettacolo va avanti ogni corpo trova il suo essere più intrinseco attraverso un gioco preferito o un movimento personalizzante.
Al principio della sua lavorazione il testo si chiamava animali da palcoscenico. Quello che doveva essere uno spettacolo che raccontava il lavoro dell’attore, la sua estrema preparazione fisica e la potenzialità espressiva e comunicativa del corpo si è trasformato poi in un lavoro di ricerca permanente. Da qui il passo a diventare Bestie di scena è stato consequenziale.
La regista palermitana, con questo spettacolo, si conferma portatrice d’innovazione e ricerca nella produzione teatrale portando in scena il risultato di un percorso basato sull’eliminazione del superfluo, denudando la scenografia, i testi e gli attori di ogni intenzione costruita. Un lavoro sulla comunicazione corporea che non ha bisogno di parole: uno spazio vuoto che si riempie come per magia di inconsapevoli corpi che perdono la propria identità e la consegnano al pubblico insieme alla propria fragilità. Imperdibile.