“Che fai, mi cacci?”: il remake arriva da casa PD
(fonte: www.si24.it)

“Che fai, mi cacci?”: il remake arriva da casa PD

La leadership di Matteo Renzi, l’outsider Corradino Mineo e i dissidenti. Dobbiamo arrenderci all’idea che a fare politica siano esclusivamente i personalismi?

 

di Adalgisa Marrocco

 

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«Che fai, mi cacci?», questo l’urlo di Fini contro Berlusconi durante la direzione Pdl del 22 aprile 2010. Quello di Fini era un segno di dissenso contro le direttive di un partito personalista, un gesto che suscitò l’attenzione e le (legittimissime) critiche dei media contro lo strapotere dell’allora  Cavaliere.

Dissenso e cacciate sono poi diventati un leitmotiv in casa M5S, ma non staremo qui ad elencarle. Ora che anche il Partito Democratico ha un leader forte e viene stordito dall’emozione di vedere più appannate le correntine e correntucole interne, le epurazioni diventano fenomeno familiare. «Il premier e i suoi usano il risultato europeo come una baionetta», ha dichiarato Massimo Mucchetti, uno dei senatori dissidenti in difesa di Corradino Mineo.

Ripercorriamo l’accaduto. Mercoledì 11 giugno, per volere dell’ufficio di presidenza del gruppo PD al Senato, Corradino Mineo è stato sostituito in commissione Affari Costituzionali da Luigi Zanda, capogruppo dei senatori democratici. Mineo era considerato un outsider in Commissione e, secondo le cronache, la sostituzione sarebbe stata causata dal fatto che il giornalista RAI avrebbe votato in modo diverso dalla maggioranza. Subito dopo l’accaduto, altri quattordici parlamentari PD si sono autosospesi.

La direzione del Nazareno, prevista per sabato 14 giugno, è ormai terreno di scontro annunciato D’altronde, Renzi ha messo in chiaro le sue posizioni: «È stupefacente che Corradino Mineo parli di epurazione. Il partito non è un taxi che si prende per farsi eleggere. Il PD è davanti a un bivio. Non ho preso il 41% per lasciare il futuro del Paese a Mineo». Bisognerebbe però ricordare al presidente del Consiglio che ricevere oltre quaranta punti percentuali di consenso alle Europee non legittima l’abrogazione del volere soggettivo.

«Non è normale quello che avviene nel partito. Il confronto su temi importanti non può avvenire mettendo sotto i piedi l’articolo 67 della Costituzione, non può essere un partito plebiscitario autoritario […] Se si ritiene contino solo le primarie e un centralismo autoritario, allora il rischio lo vedo», ha dichiarato l’altro non-allineato Vannino Chiti.

Sembra di vivere un déjà vu dell’era pre-renziana. Civatiani, lettiani e Giovani Turchi in trincea. Le decisioni sulle poltrone da affidare ad esponenti delle varie correnti durante la direzione sono passate in secondo piano. La discussione al Nazareno rischia di diventare uno show. “Renzi contro tutti”, potrebbe essere il titolo. O, al massimo, “Renzi e i suoi contro gli altri”. Intanto, la maggior parte della stampa non si stupisce troppo dell’accaduto.

L’effetto carrozzone renziano dell’immediato post-Europee rischia di trasformarsi in malcontento latente, tipico dei partiti personalisti. Dobbiamo arrenderci all’idea che a fare politica non siano più le idee, ma le prese di posizione e le leadership?

About Adalgisa Marrocco

Nata in provincia di Latina il giorno di San Valentino del 1991. Firma di politica e bioetica per diverse testate on-line, raccontatrice per Edizioni La Gru col libro “Supermarket e altri racconti indigesti”, traduttrice, sempre politically scorrect.