Il miraggio della Terza Repubblica, la comunicazione renziana e le opportunità perse: il bivio tra cambiamento e cristallizzazione del sistema-Paese
di Adalgisa Marrocco
Si parla di rinnovamento. Si parla di volti freschi e nuovi, modi di fare ammiccanti, strategie comunicative inedite, accelerazione generale. In era renziana, si discute di tutto questo eppure ancora non è chiaro se si tratti del reale passaggio dalla Seconda alla Terza Repubblica, o se davanti ai nostri occhi stiano scorrendo le immagini del remake di un vecchio film.
Parliamo di Terza Repubblica dall’autunno 2011, quando Mario Monti, tecnico dei tecnici, si era insediato a Palazzo Chigi imponendo quelle misure draconiane che ancora oggi causano (letteralmente) mal di pancia ai cittadini. Insomma, tre anni in cui ancora nessuno ha ben capito se qualcosa sia realmente cambiato o se, al di là di Twitter, le dinamiche e le manovre ancora rispondano al mantra “bisogna che tutto cambi affinché tutto resti uguale”.
Nel 1994, l’avvento di Berlusconi aveva segnato l’inizio di un’era che ammiccava al successo individuale e allo scintillio del lusso e delle minigonne. Oggi, il risultato sostanziale dell’ascesa di Renzi è una piccola rivoluzione comunicativa. Imitando lo stile a stelle e strisce, Renzi stringe mani, va in visita nelle scuole, usa internet e PowerPoint, getta ottimismo sulle masse di cittadini inalberati. Alla vigilia del semestre di presidenza UE targato Italia, il buon Matteo si spinge perfino a promettere che sarà lui a cambiare l’Europa. Opinabile, a dir poco.
Qualsiasi promessa perde di credibilità se arriva dal pulpito di un Paese che è riuscito perfino a perdere il confortevole treno Expo, gettando sui binari i sassi della corruzione. Non che accuse inerenti la Tangentopoli 2.0 siano ascrivibili direttamente a Renzi. La colpa è (banalmente) del sistema-Paese. Ed è proprio quella la sfida: rivoltare l’Italia come un pedalino, ripulirla e assestare un bel calcio affinché la ruota dell’economia torni a girare.
Il timore di non farcela è grande. Ad esempio, in economia, siamo certi che sia giusto affidare la ripresa ad un sistema imprenditoriale riluttante ad investire almeno da una trentina di anni? Siamo sicuri che precarizzare il lavoro possa facilitare la flessibilità e non inceppare ulteriormente il meccanismo?
La #Voltabuona o #semprelastessastoria?