“Un cuore di vetro in inverno” all’Ambra Jovinelli
In scena ancora fino a domenice 9 dicembre all’Ambra Jovinelli, Filippo Timi ammalia con Un cuore di vetro in inverno. Chi lo conosce e ha avuto già modo di vederlo a teatro, non rimarrà così stupito dalla istrionica e visionaria maestria di questo eccezionale autore e interprete. Uno spettacolo che strizza l’occhio al dramma cavalleresco con un fare sempre unico e convincente.
Un abito in mikado, come una sposa in attesa di arrivare all’altare, cinge Filippo Timi per un incipit intimo e insieme scanzonato. Un cavaliere errante dall’accento umbro deve affrontare il drago e, pur a malincuore, deve farlo abbandonando il suo amore, ma forte della necessità di combattere il nemico.
“Di una cosa – afferma Timi – oggi sono certo, che le paure ti corazzano, ma insieme sbarrano la strada. Però, so che è fondamentale affrontare il drago inesistente per tornare vittorioso all’amore sinceramente.” Così come Don Chiscotte contro i mulini a vento, il nostro cavaliere Timi si trova costretto a scontrarsi contro i suoi mostri, a far leva sulle proprie energie per scalare la vetta più difficile, quella della vita. Si denuda di fronte alle paure e raggiunge la fine in fondo nel modo più glorioso.
Lo spettacolo, profondamente corale, vede in scena anche le ottime interpretazioni degli altri attori. Azzeccata l’immagine dell’angelo di Marina Rocco, un po’ custode un po’ da custodire, il suo personaggio fa sorridere per la tenera goffaggine e quel ditone del piede da nascondere. Elena Lietti nel ruolo della prostituta in cerca d’affetto, è perfetta con quell’accento romagnolo. E poi ancora il menestrello triste di Andrea Soffiantini e lo scudiero neomelodico Michele Capuano, compagni di avventura del cavaliere Timi, si sposano perfettamente con la narrazione.
Un cuore di vetro in inverno è la riprova di quanto l’estro creativo di Filippo Timi abbia ormai raggiunto un livello maturo. Non c’è esitazione, la scena è sempre tenuta con decisione. Il gioco del teatro con lui funziona davvero ed è facile lasciarsene conquistare.
Lo spettacolo cattura, riunendo in sè tanto la leggerezza quanto la profondità delle battaglie che ciascuno di noi deve voler combattere. Si ride e poi si pensa.
Belle le scenografie, capaci di ottimizzare gli spazi, strutturando anche il palcoscenico in una tensione verticale, di salita, di risalita.