di Maria Francesca Stancapiano
«Oggi, nella patria della nostra giovinezza, camminiamo come viaggiatori di passaggio. Gli eventi ci hanno consumato, siamo divenuti accorti come mercanti, brutali come macellai, non siamo più spensierati ma atrocemente indifferenti, sapremo forse vivere nella dolce terra ma quale vita?»
In scena dal 24 gennaio presso il Teatro dell’Orologio La prima, la migliore scritto e diretto dalla Compagnia Berardi Casolari. Tratto dal romanzo “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque, si racconta in maniera lucida e feroce l’orrore della guerra, la prima appunto.
Un telo nero, due sgabelli agli estremi della scena ed una spessa linea bianca collocata sul proscenio. Pochi gli elementi necessari a coinvolgere il pubblico per 70 minuti e trasportarlo dentro una guerra secondo il punto di vista di un giovane chiamato a combattere improvvisamente sul fronte: “Avevamo diciott’anni e cominciavamo ad amare il mondo, l’esistenza. Ci hanno costretti a spararle contro.”
Gianfranco Berardi racconta insieme al fratello Davide e a Gabriella Casolari, la veloce morte dei sogni strappati non solo ad un ragazzo, ma all’Europa intera, disgregata, lacerata da continui bombardamenti a volte anche silenti. Il racconto della guerra sceglie un registro che altalena tra il comico/grottesco ed il tragico: da un lato un popolo felice di partecipare ad una guerra “giusta” e che si imbelletta con i corpi di giovani che danno onore al nostro paese andando a morire. Qui si scorgono chiari i riferimenti all’attuale classe dirigente, noncurante del disagio dei ragazzi costretti ad emigrare per un futuro migliore. Una risata amara dunque, che fa pensare. Dall’altro lato poi con il cambio di luci ritorna il giovane soldato che, con parole sputate alla platea come una mitragliatrice, vomita l’assurdo di un conflitto mondiale divenuto ormai anche interiore. Nulla ormai sarà più come prima.
Un’eclettica Gabriella Casolari quindi porta in scena le diverse figure femminili con semplici cambi di abito: diviene così la madre che perde il figlio e che dignitosamente chiede la verità su quell’ultima sofferenza o la dottoressa che raccoglie le bende dei feriti o dei morti.
Anche questa volta dunque Berardi Casolari non delude con la sua energia e raffinatezza nella scelta di un linguaggio diretto ed immediato che strappa più di una riflessione da portare nelle proprie case. Fino al 29 gennaio.