Dalla lotta armata alla ribellione artistica degli Indiani metropolitani. Dal femminismo radicale di Carla Lonzi all’amore per l’ambiente di Joseph Beuys, intellettuale dall’animo contadino. Il 24 ottobre, nell’ambito dell’iniziativa culturale dedicata agli anni 70 in Germania e Italia “Vogliamo Tutto”, viene presentata al Goethe Institut “Anni 70. Frammenti Rivoluzionari”, mostra a cura di Giuseppe Garrera, storico dell’arte e collezionista. Un viaggio nel decennio della contestazione attraverso documenti originali e rari, provenienti dalla collezione privata del curatore. Libri e stampe, foto e prime pagine di riviste e quotidiani. Materiale iconico e “maledetto” dalla censura che narra di un tempo in cui si pensava davvero di poter cambiare il mondo.
Può essere difficile riassumere un’epoca ricca di drammi e illusioni, di violenza e arte, in una mostra. Specie un periodo denso di accadimenti come il decennio della ribellione e della rivolta per eccellenza, gli anni ’70 del Novecento. La mostra “Anni 70. Frammenti rivoluzionari” a cura di Giuseppe Garrera, storico dell’arte e collezionista, presentata il 24 ottobre presso il Goethe Institut di Roma, affronta la sfida con materiale straordinario e originale proveniente dalla collezione privata del curatore. Ad accogliere il visitatore, ad esempio, un pezzo unico e iconico: “Una di quelle foto che passeranno alla storia e appariranno in mille libri”, come Umberto Eco definì il celebre scatto del 14 maggio 1977 realizzato in occasione della manifestazione di Via De Amicis a Milano. L’uomo incappucciato con la pistola divenne manifesto stesso di quell’epoca, anche se “Umberto Eco ebbe ragione a metà”, come dice Garrera. “La foto infatti viene subito tagliata per isolare l’uomo. Viene fatto per un motivo: poter dire che la violenza appartiene solo a pochi singoli individui. Non ci sono gruppi e non c’è sostegno diffuso”. In mostra si trova il documento originale, precedente ai tagli.
Nella sezione dedicata alla lotta armata poi, vi sono anche libri dirompenti come quello di Nanni Balestrini, “Vogliamo tutto”, da cui trae il nome l’iniziativa del Goethe Institut, e quello altrettanto maledetto e censurato di Alfredo Bonanno, “La gioia armata”. Opere che con difficoltà è possibile reperire in ristampa “ma sono molto rare”, aggiunge Garrera “e c’è anche un altro elemento che mi ha molto incuriosito come collezionista: se le cerchi in rete ti arriva comunque una segnalazione, per chiederti per quale motivo tu stia cercando quel materiale”.
Numerosi anche i documenti dedicati alla storia del femminismo, in cui spicca il pensiero estremo di Carla Lonzi, i cui cardini sono Separatismo e Autocoscienza, ovvero “nessun contatto con il mondo maschile”. Autentiche opere d’arte sono i manifesti e le stampe che il visitatore incontra nella sezione dedicata all’esperienza fugace ma intensa degli indiani metropolitani, avanguardia culturale giovanile poetica e dissacrante. Così come il materiale che ricorda il percorso artistico di Joseph Beuys, “artista scelto dall’Occidente per contrapporlo ad Andy Warhol, che era l’artista del dollaro e dei soldi mentre lui era un predicatore, una specie di Socrate. Forte il suo rapporto con l’Abruzzo, dove istituì una produzione di vino e olio senza conservanti chimici, il primo al mondo”. Non manca infine l’attenzione contro i libri scolastici dell’epoca, in cui si tessevano le lodi dei lavori più usuranti e alienanti in fabbrica come educazione sentimentale dei ragazzi.
“Frammenti rivoluzionari” disegna un profilo crudo e vero, talvolta persino ironico di quella “stagione incandescente” che cambiò l’Italia segnandola profondamente. Il materiale raccolto da Garrera è originale e raro, e merita una visita al Goethe Institut.