Una serie di binomi controversi in scena al Teatro dei Conciatori di Roma: sorella e fratello, giustizia e legge, apparenza e realtà, amore e possesso.
L’amore morboso, l’amore a tutti i costi, è comunque amore? E’ amore nonostante diventi prigionia, schiavitù, ossessione? Oppure non è amore perché l’amore è libertà, scegliersi tra tanti, riscegliersi ogni giorno?
“Sorella con fratello”, sul palco dal 15 al 20 dicembre, affronta questi interrogativi, risolvendoli e insieme lasciandoli aperti, grazie al poliedrico testo di Alberto Bassetti, vincitore del premio Vallecorsi 2013.
Volutamente ambiguo sin dal principio della rappresentazione, lo spettacolo si svela poco a poco, affrontando il tema dell’incesto e degli equilibri familiari, gettando luce sulla psicologia complessa di una coppia di fratelli uniti da tutto, anche dal nome, oltreché dal sangue e da un segreto indicibile, a cui si somma una colpa ancor più grande.
Apparenza e realtà, legge e giustizia, vita di prima e vita di adesso, a dieci anni dagli accadimenti che hanno stravolto la vita di entrambi, si sovrappongono sul palco, confondendo e sorprendendo lo spettatore e risvegliando, nel pubblico, interrogativi che tengono alta l’attenzione fino all’ultima battuta.
La scena allestita da Maria Alessandra Giuri è scarna. E’ un interno volutamente spoglio dove gli unici tre elementi che campeggiano sono un crocefisso, una tastiera musicale e un microfono, simboli della fede e della musica, baluardi della ricerca di sé o, comunque, di una via di fuga all’orrore del dramma, magari di un nuovo senso da dare alla vita che resta da vivere.
La perdita del sacro, dei valori familiari, lo stordimento nei vizi o nel lavoro a cui si abbandona chi si sente oppresso dalla contemporaneità, sono gli altri temi cardini dello spettacolo. Sono i temi della modernità. Sono i temi che appartengono a chiunque e che rendono più facile il rispecchiamento nei protagonisti.
In questa pièce teatrale, i due attori, Alessandro Averone e Alessandra Fallucchi, sotto l’attenta regìa di Alessandro Machìa, di certo hanno dato il meglio di loro stessi, assolutizzando l’attenzione del pubblico nel lungo e intenso scambio di battute tra Leo, avvocato rampante, e Lea, ex-adolescente ribelle, sorprendendo per la capacità di calarsi nel dramma del copione, emozionando e commuovendo, divertendo e sorprendendo, di sicuro mai annoiando.
Si esce dalla sala pensando che la dedizione incondizionata e l’accudimento spasmodico che tutti noi cerchiamo in un Amore con la A maiuscola, non sempre sono il meglio a cui si possa aspirare. A volte, piuttosto, rappresentano una gabbia da cui è difficile scappare.
Uno spettacolo riuscitissimo che sarebbe davvero un peccato perdere!