Lettori in crollo ed editoria in crisi: l’agonia della cultura nel Belpaese
di Simone Luciani
Fra appelli istituzionali, dichiarazioni d’amore DOC e campagne sui social network, eccoci arrivati come ogni anno alla Giornata Mondiale del Libro. Uno dei tanti appuntamenti culturali che in Italia si trasformano in malinconiche prese d’atto da fine impero. A rovinare la (finta) festa ci pensano i dati del Cepell, Centro per il Libro e la Lettura, elaborati dalla Nielsen. Che, al di sopra di ogni sfaccettatura, segnalano alcune cifre che lasciano di stucco: nel 2013 appena il 43% degli italiani ha letto almeno un libro. Sempre nel 2013, il 37% ne ha acquistato almeno uno.
CROLLO DI VENDITE E LETTORI – I dati testimoniano come negli ultimi tre anni si sia registrato un calo del 7% degli acquirenti. Colpa della crisi, si dirà. E, soprattutto, problemi degli editori e dei librai, che vedono crollare il proprio fatturato. Bé, non proprio. Potrebbe essere così (colpa della crisi, delle linee editoriali, delle abitudini di consumo) se, d’altro canto, si registrasse una tenuta dei lettori, al di là dei libri acquistati. E invece calano anche loro, del 6%. La somiglianza dei dati è la testimonianza triste del ruolo di presidio culturale svolto dagli operatori economici della filiera del libro. Triste perché, a leggere questi numeri, ben presto non rimarrà che l’unica bandierina da sventolare. Quando sarà troppo tardi.
LETTORI FORTI, QUESTI SCONOSCIUTI – A sperare che dietro l’involucro ci sia un contenuto meno amaro si fa male. Perché invece le sfaccettature sono, se possibile, peggiori del disegno a grandi linee. Infatti, se il 43% degli italiani ha letto almeno un libro, e il 37% ne ha acquistato almeno uno, coloro che leggono/comprano un libro al mese rappresentano, vuoto per pieno, il 4% della popolazione. Appena due milioni di italiani, dunque, si accostano a quel famoso “libro al mese”, dose che una volta consigliavano i docenti di Italiano alle scuole medie e alle superiori. Con l’ulteriore aggravante che stavolta non c’è un professore a rifilare, in tutta la sua pesantezza, un Verga, ma è possibile scegliere nell’intero universo della produzione editoriale.
LA SCUOLA… E POI? – Altrettanto inquietante è l’onda che segue la lettura nelle diverse fasce d’età: se infatti in età scolare i lettori toccano la “strabiliante” cifra del 60% (e il restante 40?), subito dopo, fra i 19 e i 24 anni (fascia in cui sono compresi, orrore, anche gli universitari), si registra un crollo verticale al 40%, per poi crescere leggermente e ondeggiare. Dunque, nella fascia d’età che comprende chi accede a un’istruzione superiore avviene, da parte di molti, il rigetto della lettura. Perché?
LE DONNE, OVVERO: LA LETTURA E’ INUTILE? – In Italia siamo abituati, da sempre, a che le donne leggano più degli uomini. E non di poco: +6% per le “acquirenti”, addirittura +10% per le lettrici. Eppure, non vale nemmeno la pena di scomodare uno studio qualunque per sapere come il mercato del lavoro presenti (ancora) più difficoltà per “l’altra metà del cielo”. Dunque, un mercato del lavoro che si sbandiera come competitivo, meritocratico (?) e flessibile relega la lettura a un simpatico orpello, quando non un futile passatempo per radical chic?
DALLA LIBRERIA ALL’EBOOK – Non casuale, poi, è la decrescita della percentuale di libri acquistati in libreria ed edicola (canali di trasmissione di cultura, conoscenza, informazione) a favore della Grande Distribuzione Organizzata (pure in calo) e di internet, che si attesta all’11%. Se qualche profeta postmoderno e postumano riterrebbe ormai inutile la funzione di certi operatori culturali, come l’editore o il libraio, nel nome di una pseudo-libertà individuale nella scelta dei propri consumi, la conseguenza è prevedibile: un lettore non libero (la libertà presuppone che se ne posseggano i mezzi per utilizzarla) ma disorientato in un’offerta sterminata, e oltretutto disseminata fra pomodori, scarpe e detersivi, con la quasi certezza di imbattersi in libri che non piaceranno. E, a proposito di profeti, l’ebook: non oltre un milione, i libri digitali venduti, e nemmeno due milioni quelli letti. I fondamentalisti della tecnologia, che vedono nelle macchine la salvezza e la redenzione da ogni male, continueranno a predicarlo, ma laddove mancano passione per la lettura e per il libro non saranno dei pixel e dei bit a farla esplodere.
PROPOSTE E IDEE PER UN RILANCIO – E’ fin troppo facile notare che l’incentivo fiscale all’acquisto di libri, sbandierato dal governo Letta, poi ridimensionato e infine seppellito e dimenticato dalla valanga di tweet, selfie e anglo-tecnicismi dei più coloriti, sarebbe stato assai utile a contrastare il terribile momento economico. Oltre alle misure fiscali, però, c’è un lavoro più profondo da iniziare, testimoniato ancora una volta da questi dati: la lettura in Italia è percepita, complice soprattutto la scuola, come un dovere, e non come un piacere. Eppure era stata l’editoria per bambini e ragazzi a salvare, ad esempio, la fiera Più Libri Più Liberi di Roma nel dicembre scorso. Quindi? La matematica non funziona sempre, ma guardando la relazione fra lettori e fasce d’età pare proprio di poter dire che i libri vengono apprezzati fin quando la scuola non li impone come dovere, dopodiché subentra una crisi di rigetto che solo alcuni riescono a superare nel tempo, per poi riscoprire il “piacere” di leggere e non il “dovere”. Sogniamo un’ora a settimana nelle scuole, dunque, in cui gli alunni possano scegliere in maniera del tutto libera cosa leggere, per poi esprimere sensazioni, emozioni, connessioni con film, musica, fumetti, videogiochi e, infine, consigliare. Un’ora nella quale il professore non sia “al di sopra” degli altri, ma possa svolgere semplicemente un ruolo di supervisore. Un’ora, attenzione, non di certo alternativa allo studio della storia della letteratura, che va ugualmente approfondita e studiata, anche su quei libri che allo studente peseranno. Ma un’ora che possa davvero far riscoprire il piacere della lettura, senza preoccupazioni di carattere storico, letterario o critico.