di Federica De Sanctis
Lunedì 10 aprile la compagnia teatrale Lacasadargilla ha portato in scena al Teatro India di Roma la celebre opera di Douglas Adams, Guida galattica per gli autostoppisti.
La rappresentazione o meglio il reading teatrale, tratto dall’omonimo romanzo, rientra nel più ampio progetto Confini con il quale si è cercato di tracciare un filo conduttore tra gli spettacoli del Teatro India e del Teatro Argentina. Il nome del progetto richiama i confini della città e prosegue la linea già tracciata nel 2015 dal progetto Linee di confine, un lavoro multidisciplinare su muri e barriere della nostra società.
Confini si è spinto oltre mirando a permeare questi limiti spaziali, temporali e ideologici, portando in scena tra i due teatri opere quali Lear di Edward Bond, If/Invasioni (dal) futuro *003, Astronave51, When the rain stops falling e con l’allestimento della mostra Wallonwall avente ad oggetto l’installazione di due gigantografie di frontiere, realizzate dal fotografo tedesco Kai Wiedenhöfer negli spazi esterni del Teatro India.
Nello specifico Guida galattica per gli autostoppisti, in scena secondo il progetto di Lacasadargilla e Gianluca Ruggeri, racconta l’odissea spaziale di un gruppo di eccentrici viaggiatori che vagano per la galassia. Le storie dei protagonisti sono messe in scena con la tecnica del cabaret radiofonico in omaggio alla genesi del romanzo di Adams, nato appunto nel 1979 dall’adattamento di una serie radiofonica.
La resa del testo tuttavia non convince completamente. Pur trattandosi di un romanzo cult conosciuto da molti, sarebbe stato opportuno fornire agli spettatori potenzialmente digiuni maggiori informazioni. Le tematiche selezionate (burocrazia aliena, assenza di Dio, moniti ecologisti, ecc.) non rendono in pieno il potenziale satirico del testo; manca inoltre l’eterna e costante domanda sul senso della vita.
Al contrario l’ambientazione è azzeccatissima: una sorta di balera galattica in cui si muovono personaggi stravaganti con ricercati costumi ed accessori retrò. Giuste anche le musiche e i suoni così come gli effetti visivi proiettati sul proscenio. Unica nota dolente l’acustica: il volume della musica troppo alto mal conciliava l’attenzione dello spettatore su di un testo rapido da cogliersi al volo e pertanto poco adatto ai “non addetti ai lavori galattici”.