Prima dimenticato poi rivalutato. Questo il beffardo destino di uno dei più grandi figli dell’arte italiana rinascimentale. Luca Signorelli viene omaggiato fino al 3 novembre ai Musei Capitolini con una mostra dedicata dal titolo: “Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperta”. Una selezione, a cura di Federica Papi e Claudio Parisi Presicce, di circa sessanta opere provenienti da collezioni italiane e straniere, molte delle quali per la prima volta esposte nella Capitale.
Particolari di alcune delle sessanta opere esposte fino al 3 novembre ai Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, in occasione della mostra “Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperta”.
Uno dei più grandi della sua epoca, per lungo tempo oscurato in quanto il suo cammino incrociò quello di autentiche divinità della storia dell’arte come Michelangelo e Raffaello, esponenti della generazione appena successiva, che tuttavia a lui si ispirarono. Di lui scrisse parole d’ammirazione anche Giorgio Vasari: “Fu ne’ suoi tempi tenuto in Italia tanto famoso e l’opere sue in tanto pregio, quanto nessun altro in qualsivoglia tempo sia stato già mai“. Eppure le opere di Luca Signorelli, allievo di Piero della Francesca nato a Cortona nel 1445, dovettero attendere il tardo Settecento e soprattutto il XIX secolo per ottenere il riconoscimento a loro dovuto.
Fino al 3 novembre però, Roma celebra l’autore degli affreshi del Giudizio finale nel Duomo di Orvieto, la sua opera più significativa, con una mostra ai Musei Capitolini, a Palazzo Caffarelli. “Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperta”, una selezione, a cura di Claudio Parisi Presicce e Federica Papi, di sessanta opere di grande prestigio organizzate in sette sezioni e provenienti da collezioni italiane e straniere, molte delle quali per la prima volta esposte a Roma. La Città Eterna, d’altra parte, rappresentò una fonte di grande ispirazione per l’artista di Cortona, che inserì in molte opere riferimenti a luoghi e monumenti.
Il linguaggio di Signorelli, “una perfetta fusione tra civiltà classica e cristiana”, si nutre del legame con l’antico di cui la Capitale è sempre stata emblema. Come nel celebre Martirio di S.Sebastiano, in cui compaiono richiami al Colosseo e all’arco di Costantino. O come Il Cristo in croce e Maria Maddalena, dove figurano rovine che ricordano Castel Sant’Angelo. Molteplici e splendide le Madonne con Bambino, in cui spicca “la grazia della invenzione” e la Vergine viene proiettata in primo piano, compressa in uno spazio da cui sembra voler uscire.
La mostra ai Musei Capitolini restituisce il profilo di un grande artista per molto tempo dimenticato al visitatore. Assieme alle sue opere immortali.