di Federica Picotti
Molti i tentativi, di artisti e registi, di portare in scena e di rivisitare un poema classico che da sempre mantiene in sé, intatto, il fascino che Omero ha saputo far trasparire dalla sua poetica visione della variegata umanità.
Anche Emma Dante tenta una sua libera rilettura, con l’Odissea A/R in scena al Teatro Argentina di Roma dal 31 gennaio al 5 febbraio, e le riesce proprio bene grazie alla convincente essenzialità della sua rivisitazione registica e alla sorprendente recitazione, giovane e vitale, dei 23 allievi della Scuola dei Mestieri dello Spettacolo del Teatro Biondo di Palermo, a conclusione del loro biennio formativo.
Lo spettacolo s’incentra ed è determinato da un unico fulcro tematico e scenografico: Itaca, o meglio il luogo del ritorno/destino del rimpatriato Odisseo, le cui peripezie del suo lungo viaggio poco interessano alla regista. Ciò che le sta più a cuore è mettere a fuoco il senso dell’attesa di una moglie e di un figlio e tutto ciò che le ruota intorno: la prima parte dello spettacolo analizza il percorso di Telemaco alla ricerca del padre, evidenziando la sua fragilità e la sfiducia di un ragazzo incerto sul futuro, condizionato da un presente dove un padre assente ha permesso ai Proci di profanare la sacralità di una famiglia, sospesa tra la speranza di un approdo alla normalità e la resa alla volgarità e alla prepotenza.
La seconda parte è incentrata su Penelope e sul ritorno di Odisseo; pochi elementi scenici ma essenziali, come la lunga tela che, con un abile e sinuoso gioco di movimenti ondeggianti delle ancelle, si posa sul corpo giacente della donna e la ricopre come un sudario. Sembra vogliano tesserle intorno un bozzolo, perchè la possa proteggere da uomini assetati di sesso e potere, privi di dignità e di comprensione per il valore profondo di un’attesa, generata da un puro amore.
Penelope è dunque pronta a rinascere, come leggera crisalide, all’arrivo del suo amato sposo, che la ritrova vestita, finalmente, di una lunga tunica bianca come novella sposa che, timorosa, riconosce a stento Odisseo.
L’attesa l’ha talmente snervata da impedirle di credere alla certezza di una speranza, come l’assetato nel deserto, che crede di essere ancora vittima di un’allucinazione anche quando l’oasi è realmente raggiunta.
Suggestiva e divertente la scelta di Emma Dante di alternare battute e canti in dialetto siciliano a momenti fedeli al testo omerico, valorizzando l’analogia isolana Itaca/Sicilia nella traversata del mare della vita dei protagonisti.
Vincente anche la scelta dei poliedrici e giovanissimi attori, che hanno saputo tenere la scena anche ballando con le coreografie di Sandro Maria Campagna e cantando le musiche di Serena Ganci.
L’ironico minimalismo scenico di Emma Dante risulta efficace nella sua essenzialità e, oltre a lasciare spazio immaginativo alla nostra fantasia, diventa quasi una sorta di denuncia dello status quo in cui versa attualmente il teatro italiano .