di Marco Bombagi
Una città può essere simbolo di un intero Paese, racchiudendo in sé le molteplici anime che vivono all’interno dei suoi confini. È il caso di Istanbul, ponte naturale tra Europa e Asia e crocevia di culture e forze contrastanti, spartiacque di destini e culla di civiltà.
Complesso ma affascinante tentare di riassumere questo insieme di aspetti ed emozioni in una mostra; una sfida riuscita e vinta dal Maxxi, Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, con ISTANBUL. PASSIONE, GIOIA, FURORE a cura di Hou Hanru, Ceren Erdem, Elena Motisi e Donatella Saroli, visitabile dall’ 11 dicembre 2015 al 30 aprile 2016.
In un momento storico di acute contrapposizioni e cambiamenti repentini, riflettere sulle ragioni dei mutamenti aiuta a leggere la realtà con lo sguardo giusto. Gli strumenti utili a tale scopo vengono forniti dalle opere di 45 tra artisti, architetti e intellettuali in un percorso a tappe, rappresentate dalle varie tematiche, che abbraccia linguaggi ed espressioni diverse, dalle nuove produzioni artistiche alle testimonianze audio e video fino all’urbanistica.
Si parte così da Gezi Park, la cui rivolta è diventata simbolo di resistenza civile e insieme di rivendicazione di diritti contro un potere che sempre più assumeva contorni dispotici. Un viaggio concettuale che portava gli artisti a toccare poi il tema della trasformazione urbana incontrollata e a tratti feroce, che oltre a violentare l’ambiente schiacciava le fasce più povere della società secondo logiche esclusivamente mercatiste e dettate dal profitto.
Una violenza anche estetica che creava conflitti sociali e politici legati alla costituzione di nuove identità, come quella economica. In una Turchia di cui Istanbul è metafora e specchio, sempre più integrata nel sistema economico globalizzato, la nuova ideologia liberista, qui come altrove, ha infatti rotto gli antichi equilibri e i lavoratori hanno visto cambiare la propria vita.
Il lavoratore tuttavia non è più solo autoctono, ma anche straniero immigrato. Altro capitolo della mostra, infatti, è costituito dal ruolo di rifugiati e nuovi cittadini all’interno dei moti che stanno trasformando non solo l’Anatolia. L’ultima tappa del viaggio, infine, è legata alla domanda che emerge naturale al termine di percorsi di riflessione così frastagliati: Quale domani?
Istanbul e la Turchia, come l’Europa e il Medio Oriente, sono scosse non solo da crisi economiche, politiche e, non ultime, le conseguenze di una guerra sanguinosa che ha già coinvolto il mondo. Il futuro sembra lontano e minaccioso, ma l’arte può insieme lenire l’angoscia e regalare energia positiva, propellente costituito da idee e progetti per la costruzione di un mondo più umano.