Una famiglia, una banca, un sistema. Lehman Trilogy, al teatro Argentina fino al 18 dicembre, racconta le vicende storiche, economiche e umane che hanno contraddistinto la vita di una delle più grandi banche del mondo, simbolo e paradigma del capitalismo stesso, nei suoi deliri e nelle sue devianze.
Morta una banca ce ne sono altre, per fortuna o purtroppo. Non tutti gli istituti di credito però sono uguali: alcuni rappresentano per storia, lignaggio e nefandezze compiute da chi li ha guidati, autentici modelli di riferimento per comprendere l’intero mondo del capitalismo finanziario e dei mostri da esso generati, come quelle crisi drammatiche causate da pochi e pagate da tutti.
È il caso di Lehman Brothers e dei Lehman brothers, una delle famiglie più influenti della storia d’America e della loro banca, che dopo aver superato le due guerre mondiali e il giovedì nero del 1929, dopo aver conquistato il mondo espandendosi in ogni settore economico si schianta contro la devastante crisi dei Subprime del 2008, fallendo dopo 160 anni.
Lehman Trilogy, fino al 18 dicembre al teatro Argentina di Roma dopo essere stato l’evento culturale del 2015 e aver registrato il tutto esaurito per settanta recite al Piccolo di Milano, è un’opera trascinante di Luca Ronconi su testo di Stefano Massini. Uno spettacolo che tratta con chiarezza, ironia e coraggio un tema complesso e potenzialmente respingente come quello della finanza e delle banche.
Lo fa coinvolgendo lo spettatore attraverso i personaggi, la cui personalità viene tratteggiata con passione e meticolosità. Un percorso possibile grazie al talento deflagrante degli attori che hanno vinto la propria sfida con passione e naturalezza, narrando la storia di un impero nato dal nulla.
Da un piccolo emporio di tessuti a Montgomery in Alabama, aperto dal maggiore dei tre fratelli Lehman, quell’Heyum divenuto Henry, fino alle grandi infrastrutture e alla Borsa. La grande automobile senza freni salì sempre di più sfruttando il potente motore della spregiudicatezza e del business, fino ad arrivare in cima al mondo. Ma poi arrivò la discesa, inevitabile come un giudizio divino.
Lehman Trilogy ci dice che le banche sono il propellente di un sistema basato su crescite esponenziali, anche se niente cresce per sempre come dimostrano i periodici, catastrofici crolli finanziari. E allora bisogna convincere gli uomini che “solo chi compra vince, sopravvive, guadagna. Esiste”, come viene detto in uno splendido passaggio dello spettacolo.
Affinché il castello di carte regga, quindi, dobbiamo aggirare gli odiosi ed antieconomici limiti del reale, generando una dimensione parallela fatta di ingannevoli infiniti. Un’eternità fittizia di oggetti inutili e bisogni indotti. E così molti si convincono che sia possibile acquistare al miglior prezzo l’immortalità, la felicità. Fino a quando l’auto senza freni arriva nuovamente al pendio.
E allora la realtà, con tutti i propri odiosi limiti, si riprende la scena del grande teatro dell’economia; un universo surreale popolato, come nello show di Luca Ronconi, di maschere grottesche e claudicanti lungo strade battute dalla pioggia, uomini disumanizzati dal culto del denaro per il denaro. Sempre aspettando la prossima discesa senza freni.