Un universo fantastico sgorga dalla grotta dell’incantatore e carpisce le volontà dei nemici plasmandone i destini. Ma non c’è condanna o umiliazione alla fine del percorso. Solo perdono o ironia. La Tempesta di Shakespeare, con la traduzione di Gianni Garrera e la regia di Luca De Fusco, va in scena al Teatro Eliseo dal 19 novembre al primo dicembre. Eros Pagni e Gaia Aprea, tra gli altri, meravigliosi protagonisti sul palco.
Interpretazione poetica, evocativa e dolcemente malinconica per un’opera dai forti connotati onirici. D’altra parte “siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni” come sottolinea Prospero in uno dei passaggi più celebri. La Tempesta, una degli ultimi capolavori di William Shakespeare, va in scena al Teatro Eliseo dal 19 novembre al 1° dicembre.
Con la traduzione di Gianni Garrera e la regia di Luca De Fusco sul palco spiccano le emozionanti interpretazioni di Eros Pagni, Prospero, e Gaia Aprea, lo spirito Ariel e il deforme Calibano. Non manca il tocco ironico nella verve partenopea di Trinculo e Stefano, i bravi Alfonso Postiglione e Gennaro Di Biase. Il tenero rapporto tra Ferdinando, Gianluca Musiu, e Miranda, Silvia Biancalana, è scandagliato con sottile romanticismo, mentre uno serrato dialogo evidenzia le trame di Sebastiano, Paolo Cresta, e Antonio, Paolo Serra.
Al di là delle singole sottolineature, però, tutto il gruppo di attori e attrici si dimostra assolutamente perfetto nell’incarnare l’anima e i pensieri dei personaggi, riuscendo a trasmettere la potenza immaginifica che il testo del Bardo sprigiona. Gli incantamenti del mago dirigono gli eventi verso una direzione prestabilita, sventando complotti e agevolando la nascita di amori. Il pentimento per le colpe commesse, tuttavia, come quello di Alonso sconvolto per aver creduto che il figlio fosse morto, potrebbe essere sincero e non procurato dalla magia. Un elemento di speranza, forse, nella redenzione degli uomini.
Il lieto fine mitiga la meschinità degli atti compiuti. Non c’è condanna o umiliazione nei confronti di Antonio, il fratello usurpatore di Prospero. Mentre per l’infido Calibano e i suoi improbabili sodali solo scherno e irrisione. Ora che tutto è compiuto non vi è più necessità di sortilegi. Anche Prospero, quindi, può essere liberato. E con lui tutti i personaggi grazie agli applausi del pubblico. Che giungono non perchè ghermiti da qualche incantesimo, ma in quanto conquistati dal talento.